Di Vittorio Pinna / Foto Maserati
Nel 1992 – esattamente 30 anni fa – Maserati depenna dal proprio listino tutti quei modelli basati sulla Biturbo, ovvero 222, 422 e 430, sia coupé che spider. C’è bisogno di qualcosa di nuovo, senza però che si debba far ricorso ai costi implicati da una progettazione che parta da zero. E così Marcello Gandini prende la matita e ricalca le linee della Maserati Racing, una serie limitata a soli 230 esemplari prodotti tra il 1990 e il 1992, modificando il frontale, la coda ed equipaggiandola con nuove appendici aerodinamiche e cerchi dedicati. Gli aspetti più importanti sono però i propulsori rinnovati e più affidabili e il ritorno del leggendario nome Ghibli, preso in prestito da una delle più belle coupé della storia dell’automobile.
Nonostante un look decisamente più moderno e un abitacolo raffinato che ancora oggi risulta essere un ambiente dal quale non vorreste più scendere, la Ghibli II non riscosse il successo sperato e con le varie versioni prodotte sino al 1997, non superò i 2.380 esemplari. Numeri a parte, la Ghibli 24V Biturbo è una di quelle vetture che vengono comprese con il passare del tempo e che rappresenta il colpo di coda di un’era in cui il design era alla base della progettazione dell’auto. Possiamo infatti tranquillamente definire la Ghibli II come l’ultima Maserati dalle linee squadrate, un modello in cui i volumi vengono accentuati dai suoi spigoli e dove il legame con i modelli immediatamente precedenti è forte e chiaro.
Passando alle prestazioni, le motorizzazioni principali introdotte sono entrambe spinte da 6 cilindri a V, un 2-litri da 306 cavalli e un 2.8 da 284 cavalli, entrambi abbinati alla sola trazione posteriore e ad un cambio manuale a 6 rapporti. Nonostante le dimensioni contenute, la Ghibli II aveva una buona abitabilità a bordo, ma pagava un peso complessivo che sfiorava i 1.800 kg, niente che però impedisse performance nell’ordine dei 5,7 secondi per scattare da 0 a 100 km/h (5,8 secondi per la 2.8cc) e una top speed di 265 all’ora (260 per la 2.8cc). Inutile sottolineare quanto il 6 cilindri fosse una goduria, ma a causa dei problemi di affidabilità che avevano afflitto i modelli precedenti, la Ghibli II si portò appresso il timore di essere utilizzata a dovere, come un motore di questo tipo avrebbe invece realmente meritato. Noi reputiamo che sia un’auto ingiustamente sottovalutata e che meriti una seconda chance, senza poi dimenticare che con una spesa nettamente inferiore vi portate a casa ciò che di più simile c’è alla più esotica Shamal, sempre disegnata dal grande Gandini.