Arriviamo a fine stagione non ancora sazi dai tanti chilometri percorsi. Abbiamo bisogno di altre strade, altri panorami e tanto baccano, ma dopotutto nemmeno a quel punto potremo definirci soddisfatti. La voglia di guidare è un bisogno primordiale e così ci siamo trovati nel Monferrato, sul finire di ottobre, per un ultimo giro di giostra prima dell’astinenza da eventi invernale.
Testo Alessandro Marrone / Foto Mattia Negrini
Autunno. I prati si tingono di giallo e vengono in gran parte ricoperti dalle foglie che terminato il proprio ciclo vitale cadono dagli alberi ormai sempre più spogli. Nell’aria c’è qualcosa di diverso, un odore, un rumore che viene spesso sovrastato dal forte fruscio delle automobili che corrono lungo la strada bagnata a seguito delle incessanti piogge delle ultime settimane. Il sole si sveglia più tardi del solito e va a dormire prima, accorciando giornate che rappresentano alcune tra le ultime possibilità di uscire a guidare senza meta, sinché la luce del giorno non si fa fioca e bisogna rientrare, pronti a riordinare le esperienze di un altro anno di chilometri e avventure. Là, fuori, dove la strada per come la intendiamo noi non è una mera arteria di collegamento, ma lo strumento che da voce alla passione di quegli automobilisti che vivono questa dolce ossessione e la custodiscono ben consapevoli che il mondo, senza neanche accorgersene, tende a vederla sempre più come qualcosa di strano e sbagliato.
Noi che viviamo per il rombo di un motore, sappiamo bene cosa occorre per trascorrere una giornata tinta di emozioni mai sopite e sensazioni capaci di delineare un sorriso spontaneo, così da tenere viva quella scintilla che fa ardere il fuoco di una inspiegabile e innata passione per questi oggetti di metallo. Forse è perché ci parlano, o perché anch’essi hanno un’anima. Tutto quel che so per certo è che giornate come questa sono esperienze sempre più rare da poter condividere e quando capita di poterlo fare con le persone giuste ti rendi conto di essere esattamente dove dovresti. E tutto questo è meraviglioso.
Non è neanche l’alba e raggiungiamo il fascinoso borgo di Terruggia – a pochi chilometri da Casale Monferrato – quando ancora tutti dormono. La piazza è buia, ma il bar del Municipio si sta già adoperando per l’accoglienza degli equipaggi. La pioggia è insistente e seppure più debole rispetto agli scorsi giorni, una leggera foschia lascia intravedere tra le fioche luci delle nostre vetture in manovra tante piccole scie luminose interrotte da migliaia di goccioline. Senza nemmeno rendercene conto i partecipanti arrivano puntuali e riempiono la piazza gentilmente concessa dal Comune di Terruggia, circondando due utilitarie lasciate colpevolmente lì da qualcuno che non ha prestato attenzione alla segnaletica di divieto. Poco importa, tutti cercano riparo in una delle sale del Bar, dove svolgiamo gli accrediti e la prima colazione. Quando poi – alle 8 in punto – siamo pronti per il briefing, la pioggia pare essersi finalmente interrotta e un timido sole sembra infine pronto per farsi spazio tra le nuvole sopra le nostre teste.
Timbro sul primo punto di verifica e si parte. Una dopo l’altra le vetture confermano la propria presenza in paese, sfilando lungo la via del vecchio borgo e addentrandosi nei chilometri che stanno per dare definitivamente vita alla Classic Run di quest’anno, opportunamente soprannominata Il Giro del Monferrato. Ci si addentra subito nel verde di una strada vicinale e la scelta di partire presto premia un traffico del tutto assente. L’asfalto è ancora viscido, ma man mano che passano i chilometri scopriamo che il meteo sembra volerci graziare. Il sole non magnificherà lo splendore delle colline tipiche di quest’area del Piemonte, ma gli occhi rimbalzano tra la striscia d’asfalto e i panorami a lato, i quali mutano continuamente alternandosi ai borghi che attraversiamo nella prima tratta: Sala Monferrato, Moncalvo, Calliano, Montemagno, Refrancore e quindi raggiungiamo il primo punto di raggruppamento, alle porte di Rocchetta Tanaro.
È l’occasione per un primo coffee break, per scambiare due pareri con appassionati che stanno gustando un tour definitivamente aperto sia a vetture storiche, sia a modelli più recenti, in maniera da consentire la massima libertà di scelta per quanto riguarda il mood con il quale affrontare l’evento. Timbro di verifica e si riparte in direzione Mombaruzzo, dove percorriamo una sezione collinare molto scenografica, appena prima di raggiungere le Distillerie Berta, un’istituzione locale celebre nel mondo e che conferma il proprio livello di eccellenza guidando i nostri equipaggi con una visita guidata e una degustazione di grappe accompagnate dai celebri amaretti di Mombaruzzo.
Con le narici ancora piene dei forti odori della produzione locale, ci addentriamo in quella che è la parte più panoramica dell’intero itinerario, attraversando stradine letteralmente immerse nei vigneti ormai spogli. Il colpo d’occhio sulla serpentina di auto è notevole e l’assenza del sole non si fa nemmeno sentire, perché il meteo incerto gioca a favore rendendo le strade quasi del tutto deserte. Questo significa che nelle tratte più aperte, si può agevolmente mettere giù l’acceleratore, riempiendo le morbide colline del Monferrato di uno dei suoni più belli al mondo, quello di tanti motori che cantano la loro innamorata melodia verso il piacere di unire i puntini sulla mappa stringendo un volante tra le mani.
Oltrepassiamo così Ricaldone, il celebre borgo di Alice Bel Colle e proseguiamo lungo la Regione Rossa, fermandoci per un raggruppamento finale in quel di Moasca. I passanti indicano le auto, i bambini restano a bocca aperta e mentre invadiamo il distributore a pochi chilometri da Canelli, percorriamo la breve tratta finale in direzione Calamandrana, riempiendo ogni angolo possibile del parcheggio della Residenza San Vito, la raffinata location scelta per il pranzo. Il ristorante La Camendra si rivela una fantastica sorpresa, offrendo un percorso enogastronomico ricercato e in grado di mettere il punto esclamativo su una giornata andata anche oltre le nostre aspettative.
Tempo di ringraziamenti, premiazioni e ovviamente del dolce e del caffè, giusto prima di salutarsi con la gioia di chi non ha conosciuto soltanto nuove persone, ma amici con i quali si condivide una passione che fa già pensare a dove andremo il prossimo anno. Quando lasci la sala principale del ristorante e vai nel parcheggio, osservando le auto tutte sistemate a pochi centimetri tra loro, è in quel momento che ascolti il silenzio di quegli oggetto che con il loro rumore sanno come risvegliare emozioni impossibili da spiegare a parole. Sono lì a riposare eppure pronte per ripartire verso nuovi viaggi e nuove avventure. Cos’è la passione per le automobili se non un profondo senso di appagamento che ci riempie cuore e anima? Potremmo darci una risposta diversa ogni volta che proviamo a trovare quella che ci sembra più corretta e comunque nessuna sarebbe in grado di delineare a dovere tutto questo. In realtà, penso che questo spasmodico amore sia più un tramite, il mezzo definitivo che porta alla felicità di quei bambini che spingevano delle piccole macchinine di plastica sopra qualsiasi superficie. E chi non vorrebbe sentirsi di nuovo bambino, spensierato e felice per una piccola cosa come un sorriso? Le auto e chi condivide tutto questo sono il tramite per la felicità. Ed è qualcosa che tutti noi meritiamo.
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