Quando la FIAT 600 Diventò Fuoriserie
Testo Remigio Camilla / Foto Alessandro Marrone
Alla fine degli anni 40 e inizio anni 50 del secolo scorso, l’industria automobilistica aveva introdotto sulle vetture di serie la scocca autoportante abbandonando sempre di più il consolidato telaio. Questa nuova tecnica costruttiva, introdotta inizialmente sulle auto di classe medio superiore, aveva creato non pochi problemi ai carrozzieri, i quali avevano perso nel tempo quei facoltosi clienti che gli si rivolgevano per la realizzazione di vetture personalizzate a livello sartoriale, proprio sui classici telai. In questa difficile situazione alcuni di essi furono costretti a chiudere o a diversificare le proprie attività, ma a risollevarne le sorti fu una piccola utilitaria.
Nel 1955, FIAT aveva presentato al Salone dell’auto di Ginevra la “600”. Tale denominazione era dovuta alla sua cilindrata. In campo automobilistico, la tecnica del tutto dietro non era certo una novità, rispetto alla tedesca Volkswagen Maggiolino del 1938 e alla francese Renault 4 CV del 1946. Lo era però in Italia, con la sua carrozzeria autoportante, la buona abitabilità per quattro persone con discreto spazio per i bagagli che trovavano posto nel cofano anteriore dove era posizionato anche il serbatoio benzina e la ruota di scorta e dietro lo schienale del sedile posteriore, che a sua volta poteva essere ribaltato aumentandone lo spazio di carico. La nuova auto era stata progettata per la grande produzione e l’ingegnerizzazione della carrozzeria autoportante con l’eliminazione del telaio aveva determinato costi di produzione e soprattutto di vendita inferiori al modello che andava a sostituire, la 500 C Topolino. Questo fu importantissimo, perché la 600 era finalmente l’auto accessibile ad una più vasta utenza ed ebbe il merito di aver dato inizio allo sviluppo nel nostro paese della motorizzazione di massa.
La sua linea a due volumi appariva semplice e pulita sia all’esterno che all’interno, priva di cromature o altre forme di decorazione ma estremamente razionale e funzionale, dotata di tutto ciò che serviva per il confort dei passeggeri ed il suo utilizzo per la famiglia e il lavoro. Veniva offerta al pubblico in un’unica versione e non erano previsti accessori. Fu proprio questo particolare a destare l’attenzione dei carrozzieri, i quali iniziarono a produrre accessori per personalizzare la carrozzeria, come mascherine anteriori, coppe ruota, visierine in plexiglas trasparente e colorate con funzione di frangisole da posizionare sopra il parabrezza anteriore. Al contempo avevano iniziato a produrre modelli elaborati, caratterizzati da un’infinità di piccole migliorie interne ed esterne, piccole modifiche ed aggiunte come la vernice bicolore, metallizzata, profili cromati, mascherine anteriori con o senza faro centrale ed anche codine posteriori in omaggio alla tendenza americaneggiante in voga all’epoca. La produzione dei modelli elaborati, aveva avuto un grande successo e sviluppo dovuto non solo alle richieste della clientela che desiderava una “600” diversa per distinguersi dai possessori del modello di serie, ma anche per avere una pronta consegna dell’auto. FIAT a causa del grande interesse e della grande richiesta del nuovo modello aveva tempi di consegna anche superiori ai sei mesi. I carrozzieri avevano intuito che tale fatto poteva rappresentare per loro un grande vantaggio e avendo la possibilità di potersi assicurare scorte di auto direttamente dalla casa madre gli permetteva una personalizzazione da offrire in pronta consegna con un sovrapprezzo spesso di poco superiore al listino FIAT, del resto la manodopera in quei periodi era ancora molto bassa.
Oltre alle carrozzerie complete, dalle quali si ricavavano le elaborate, i carrozzieri avevano anche la possibilità di ottenere direttamente dalla casa madre gli autotelai di serie completi di meccanica. Fu questo un momento magico che diede origine all’interessante fenomeno delle Fuoriserie con carrozzerie diversificate che spaziavano dalle versioni sportive coupé, spider, cabriolet alle versioni spiaggina, fuoristrada leggera e furgoncino. Un fenomeno molto interessante e molto curioso fu che alcuni carrozzieri si erano spinti oltre, realizzando sul corto autotelaio della 600, delle versioni berlina a tre volumi quattro porte, traendo ispirazione o copiando letteralmente modelli di classe superiore come la 1100 FIAT ed addirittura la 1800. La 600 non destò solo l’interesse e la fantasia dei carrozzieri, ma anche quella dei preparatori, il piccolo motore 600 venne studiato attentamente, aumentato di cilindrata ottenendo in alcuni casi oltre il doppio dei cavalli rispetto a quello di serie. Abarth, Giannini e Nardi, furono solo alcuni tra i preparatori più noti di questo modello. In alcuni casi erano i carrozzieri stessi a richiedere motori elaborati per le loro fuoriserie spider e coupé, ma avveniva anche il contrario dove era il preparatore stesso a richiedere ad un determinato carrozziere di realizzare prototipi da elaborare e omologare nelle classi Turismo e Gran Turismo.
Carlo Abarth – già nel 1955 al salone dell’auto di Torino – aveva presentato in contemporanea a quello della FIAT 600 un suo prototipo realizzato dalla Carrozzeria Boano, con telaio non di derivazione FIAT ma opportunamente studiato. Il motore era leggermente modificato attraverso un nuovo scarico, un diverso collettore di aspirazione ed un carburatore Weber da 32, tutti accorgimenti che avevano permesso al propulsore originale della 600 di raggiungere la potenza di 32 cavalli. Il lavoro di Abarth su questo tipo di motore proseguì negli anni successivi, attraverso un’evoluzione continua che aveva portato ad un aumento di cilindrata, in un primo tempo di 710 cc, per arrivare già nel 1956 ai classici 750 cc, ottenuti con l’aumento dell’alesaggio della corsa, ma anche attraverso una nuova testata ed un nuovo collettore. Con tale cilindrata era quindi riuscito ad ottenere varie potenze: 42 cv – 44 con la versione Mille Miglia, 46/47 cv per chi si cimentava nelle corse in salita e sino a 57 cv con il bialbero o addirittura 80 cv per le vetture da record. Nel gennaio del 1960 però entrò in vigore il nuovo regolamento sportivo FIA che riduceva da 750 a 700 cc il limite di categoria: per Carlo Abarth non fu un problema adeguarsi a questa nuova normativa.
Le due fuoriserie di questo servizio sono un esempio di quanto detto, molto diverse fra loro, una in versione coupé e l’altra spider, realizzate da due diversi carrozzieri: Allemano e Viotti, ma hanno in comune lo stesso autotelaio FIAT 600, lo stesso designer Giovanni Michelotti e lo stesso motore di 750 cc elaborato da Abarth. Sono due modelli molto rari molto e di nicchia soprattutto il Coupé Viotti perché prodotto veramente in una manciata di esemplari.
Nel 1956 la carrozzeria Viotti aveva presentato al Salone dell’Automobile di Torino una Fuoriserie Coupé affidandosi ad uno dei più famosi stilisti del momento, Giovanni Michelotti, il quale ne aveva realizzato una tra le migliori versioni su autotelaio FIAT 600. Le linee eleganti, moderne e sportive erano caratterizzate da alcune concessioni agli stilemi americani allora ancora in voga, come il parabrezza anteriore abbastanza verticale, panoramico, tondeggiante ed avvolgente sui lati, in contrasto con il parabrezza posteriore fortemente inclinato. Le prese d’aria sui fianchi realizzate attraverso un rigonfiamento nella parte superiore dei parafanghi posteriori creavano dinamicità ed assicuravano una buona ventilazione al motore posteriore, sempre difficile da ottenere. La coupé di Viotti poteva essere offerta in nove diverse combinazioni cromatiche: ad un solo colore, bicolore e con vernici metallizzate. Le versioni bicolore avevano il pregio di rendere la carrozzeria più snella, slanciata ed elegante in quanto la suddivisione cromatica avveniva sulla linea di cintura alla base della vetratura, definendo due distinti volumi ed esaltando soprattutto quello inferiore a sviluppo più orizzontale. Il colore utilizzato sul tetto proseguiva poi con una fascia centrale sul cofano anteriore, contribuendo maggiormente a snellirne la linea.
Vittorino Viotti, dalle innate capacità imprenditoriali, nel realizzare questa sua coupé aveva puntato soprattutto ad una produzione di grande diffusione e non alla creazione di un bell’oggetto da esibire ai saloni e fine a se stesso. Con la sua linea interessante e seducente aveva ottenuto un grande consenso da parte del pubblico e le richieste erano veramente molte, al punto di indurre il carrozziere torinese a dover subappaltare la costruzione delle coupé alla Boano Lavorazioni Speciali, in quanto non in grado di far fronte alla grande richiesta. A rendere potenzialmente interessante tale modello aveva contribuito la possibilità di poterla offrire con motore elaborato Abarth o Giannini. Il rosso coupé Viotti presentato in queste pagine è un esemplare in versione Abarth con cilindrata portata da 633 a 747 centimetri cubici, da cui la denominazione FIAT 750 Abarth Coupé Viotti. Il suo motore è dotato di un albero motore ancora più performante e sportivo, denominato Mille Miglia che permette di ottenere una potenza di 44 cv.
Nonostante Carlo Abarth non amasse stringere accordi per la costruzione delle sue auto, la carrozzeria Viotti poteva realizzare autonomamente questa versione elaborata. Difficile da stabilire se ricevesse autotelai completi, solo motori completi o le classiche cassette di elaborazione Abarth, quanto detto non solo riferito a Viotti per la sua coupé ma anche per la maggior parte delle 750 Abarth elaborate su carrozzeria fuoriserie o berlina. La livrea non bicolore ma monocromatica rossa è da ritenersi legata al significato codificato che tale colore aveva assunto nel tempo, quale elemento di riconoscimento delle auto sportive italiane nel mondo delle corse. Esternamente la sua linea può appare semplice e lineare, ma da un’osservazione più attenta possiamo notare come in realtà sia molto studiata in ogni suo particolare per esser resa armoniosa ed elegante nonostante le piccole dimensioni, operazione sempre molto difficile che Michelotti sapeva affrontare con grande maestria. Il parabrezza anteriore dal profilo avvolgente è un elemento di forte caratterizzazione, molto inusuale e di difficile inserimento su un’auto così piccola soprattutto se pensiamo che nello stesso periodo lo si era visto su auto italiane più grandi, come la Lancia Aurelia B24 di Pininfarina o la 1100 TV roadster delle Carrozzerie Speciali FIAT. Viotti lo aveva adottato anche su altre fuoriserie 600 berlinette a quattro posti.
Il frontale è movimentato da una fascia centrale in rilievo che percorre il cofano terminando con lo scudo Abarth racchiuso tra due sottili baffi cromati a forma di “L” che rappresenta anche la firma di Michelotti, in quanto tale forma viene utilizzata su altri sui modelli anche non Viotti. La fiancata è percorsa da una modanatura rettilinea che si interrompe all’altezza della portiera per proseguire su di essa ed il resto della fiancata ad un livello più basso e racchiudendo nel punto di unione fra le due linee il logo Abarth Viotti. La scelta di creare le prese d’aria motore mediante il leggero rigonfiamento della parte alta del parafango posteriore non crea disturbo all’andamento lineare della fiancata ma la arricchisce, rimanendo unico esempio nell’ampio panorama delle fuoriserie 600. Il montante posteriore è piacevolmente corposo ed alla base di esso è posizionato il ripetitore di direzione laterale, tondo e semisferico. Il padiglione posteriore molto ampio e luminoso permette una buona visibilità e la sua inclinazione prosegue idealmente sul cofano motore che presenta al centro un rialzo per il contenimento in altezza del motore e al contempo ha funzione di aerazione dello stesso.
L’interno è raccolto e con una piacevole impostazione sportiva, dove la plancia è percorsa orizzontalmente da un filetto cromato che la divide in due assottigliandola e slanciandola. Nella parte bassa sono posizionati i piccoli interruttori per i vari comandi secondari e dietro al volante in posizione frontale a chi guida il classico cruscotto dalla 600 è in tinta con la carrozzeria. Ai lati del tachimetro con fondo-scala a 150 km/h vi sono appositi alloggiamenti studiati e realizzati da Viotti, sulla sinistra il contagiri tarato a 8.000 giri ed a destra – in posizione verticale – il manometro per la temperatura dell’acqua direttamente sopra a quello dell’olio. Tale particolare impostazione della strumentazione trasmette immediatamente il carattere sportivo dell’auto. Sullo stesso modello con motorizzazione di 633 cc, il quadro strumenti è mutuato dalla berlina di serie e – nonostante tutti gli accorgimenti apportati per migliorarlo e impreziosirlo – a tradire la derivazione è il tunnel, per via della presenza della leva del cambio e di due piccole levette parallele per l’accensione e lo starter, rimaste invariate rispetto alla 600 berlina. Fu proprio questo piccolo coupé a rendere famosa la carrozzeria Viotti nel 1956, purtroppo nello stesso anno Vittorino Viotti scomparve improvvisamente e la dirigenza passò al fratello, già suo collaboratore, ma non designer. Per questo motivo la carrozzeria continuò ad avvalersi della collaborazione esterna di Giovanni Michelotti come di altri designer. Viotti offriva il piccolo coupé ad un prezzo di poco inferiore al milione di lire, quindi quasi il doppio rispetto alla berlina di serie, decisamente più costoso il modello con motore Abarth, come quello presentato, paragonabile al prezzo di una Alfa Romeo Giulietta berlina.
Carlo Abarth aveva inoltre constatato che le sue auto nella categoria Turismo 750, come la coupé di Viotti, potevano avere una forte potenzialità di mercato, e si rivolse alla carrozzeria Zagato con la quale già collaborava per la produzione delle coupé, in merito alla realizzazione di una versione spider. La proposta di Zagato non convinse pienamente Carlo Abarth a causa della soluzione estetica adottata per contenere e mascherare l’ingombro verticale del motore posteriore. L’autotelaio della FIAT 600 permetteva di ottenere un profilo della carrozzeria con linea di cintura bassa sino al parafango posteriore, poiché il motore in posizione troppo alta interrompeva tale continuità creando un problema di non facile soluzione, più agevole nella versione coupé.
Carlo Abarth decise di rivolgersi a Serafino Allemano, fondatore dell’omonima carrozzeria, per avere una sua proposta. Allemano, come la maggior parte dei carrozzieri di quel periodo, si era avvalso della collaborazione di Giovanni Michelotti, il quale nel disegnare la spider, aveva lavorato soprattutto sui volumi anteriore e posteriore, cercando di recuperare quel fascino e quell’eleganza delle quali la proposta di Zagato era carente perché realizzata con caratteristiche troppo corsaiole. Anteriormente il cofano ed il muso erano inclinati ma non in modo esasperato, in contrasto con il profilo più alto dei parafanghi ed aeva adottato fari in posizione verticale per conferire un maggior impatto dinamico e volumetrico. Il paraurti nel prototipo era molto semplificato ed essenziale, ridotto ai soli rostri verticali come nel prototipo di Zagato, successivamente fu rivisto e modificato con una forma quasi ad “L”, dove la parte più lunga posta in orizzontale avvolgeva parzialmente i parafanghi lateralmente. Troviamo come già detto questa stessa forma sul frontale della coupé di Viotti, non come paraurti ma come fregio. Michelotti aveva cercato di risolvere il problema dell’ingombro motore, interrompendo e rialzando la linea di cintura in corrispondenza del parafango posteriore dietro il giro porta e alzando in questo modo tutta la coda. La linea di cintura rialzata proseguiva poi verso il retro con andamento teso, originando con i soli faretti un accenno alle classiche codine in uso in quel periodo.
Il cofano motore presentava al centro un leggero e morbido rigonfiamento parallelo al cofano stesso, con funzione di ventilazione e sfogo di calore dal motore che veniva ulteriormente favorito da una griglia cromata orizzontale posta alla base del cofano sopra il paraurti. A conferire ancora maggiore eleganza il parabrezza anteriore circondato dai montanti cromati, il profilo che correva alla base delle portiere, non ultima la pregevole fattura della cappotta priva di elementi di disturbo, componente quest’ultimo sempre molto difficile da risolvere su una spider. La linea risultava gradevole e snella ma anche in questo caso Allemano e Michelotti non erano riusciti a convincere pienamente Carlo Abarth, il quale decise comunque di realizzarla in un numero limitato di esemplari.
Il prototipo di Allemano era stato presentato a Carlo Abarth verso la metà del 1958 e sempre nel 1958 era iniziata la sua produzione ed esportazione in America, attraverso l’importatore Roosevelt, figlio dell’ex presidente degli Stati Uniti. La spider di queste pagine è del 1959, quindi uno dei primi modelli prodotti, di colore bianco come il prototipo e monta un motore 750 Abarth da 42 cv con carburatore Weber doppio corpo. Era stato esportato in America dove questi piccoli pepati spider erano molto apprezzati e costituivano un redditizio mercato per i loro costruttori. Dal suo rientro in Italia non è mai stato restaurato, ma si presenta in buone condizioni, completo e nel rispetto delle condizioni originali. Se la si osserva di tre quarti anteriori, il movimentato del profilo della linea di cintura, i montanti cromati del parabrezza, il profilo cromato sotto porta, ci riconducono idealmente all’eleganza della Giulietta Spider di Pininfarina, forse fonte di ispirazione. L’interno come nel caso della coupé di Viotti è ricercato, con connotazioni di classe superiore e da vera sportiva, con un’elegante plancia sottile dallo sviluppo teso e perfettamente orizzontale sulla quale è posizionato il gruppo dei tre strumenti circolari tipico di Abarth, con contagiri centrale, contachilometri sulla destra ed a sinistra i vari indicatori di livello benzina, temperatura olio e temperatura acqua. Al centro della plancia alla base del parabrezza è posizionato lo specchietto retrovisore e sotto di esso la chiave per la messa in moto come i vari tasti relativi alle varie funzioni. In America questo modello aveva ottenuto un buon successo, mentre da noi non era riuscito a decollare, non per il gradimento estetico, ma per un prezzo poco competitivo.
Serafino Allemano era stato per tutta la seconda metà degli anni 50 e la prima metà degli anni 60 uno dei maggiori interpreti delle fuoriserie su autotelaio 600, offrendo al pubblico una vasta gamma di modelli: dalle coupé alle spider, sino alle versioni a tre volumi quattro porte, per poter soddisfare l’esigenza di alcuni clienti che volevano un’auto comoda e dai bassi costi di gestione. Nel fortunato periodo delle fuoriserie su autotelaio FIAT 600, la genialità di Michelotti era stata determinante. Bertone e Pininfarina a parte, tutti i carrozzieri del Piemonte si erano avvalsi della sua collaborazione, prestata con molta attenzione ed improntata in particolare ad offrire ad ogni carrozziere una specifica identità e personalità nei modelli che per loro disegnava. Michelotti non aveva stilemi personali da trasferire sulle auto che progettava, possedeva però una personalità come ogni artista,un tratto, un segno tale da renderlo subito riconoscibile.
Il proprietario delle due fuoriserie Abarth è il sig. Augusto Zerbone, un attento collezionista molto legato al marchio Abarth. È inoltre il presidente del Club federato ASI “Ruote d’Epoca Riviera dei Fiori” di Villanova d’Albenga – in provincia di Savona, confermandosi al primo posto tra i club ASI.
Cogliamo infine l’occasione per ringraziare l’Ippodromo dei Fiori di Villanova d’Albenga per averci ospitato in occasione dello shooting fotografico.