Testo Carlo Brema / Foto Archivio Storico Lancia
Fondata a Torino da Vincenzo Lancia nel lontano 1906, l’omonimo brand rappresenta uno dei patrimoni automobilistici più importanti del pianeta, autore di alcune tra le più nobili e ricercate vetture quando le auto erano giovani e il mondo viene ancora ricordato in bianco e nero. Lancia ha dato alla luce un numero incalcolabile di pezzi pregiati, diventando un punto di riferimento assoluto anche nel motorsport, con le imbattibili Stratos e Delta, senza ovviamente dimenticare quei razzi su ruote schierati nelle categorie endurance e creando un vero e proprio simbolo universalmente riconosciuto nell’accoppiata tutta italiana Lancia e Martini.
Oltre cento anni dopo ci resta soltanto il ricordo, con una gamma ridotta alla sola produzione di una utilitaria ormai obsoleta quale la Y e che nonostante le numerose trovate di marketing rappresenta soltanto un’alternativa alla ben più popolare FIAT 500. Sembra impossibile, eppure il meraviglioso mondo Lancia che ha cresciuto moltissimi appassionati è ormai un ricordo che va celebrato guardando ad un passato che si fa sempre più lontano. E se pensiamo a Lancia, senza necessariamente viaggiare troppo indietro nel tempo, le prime immagini che ci vengono alla mente sono senza dubbio le squadrate sagome delle immortali Stratos, Delta o della Fulvia, la sportiva per tutti, anch’essa capace di scrivere il suo nome nell’albo dei rally.
L’elenco potrebbe proseguire per pagine e pagine, ma siamo qui per porre omaggio a cinque modelli che non hanno riscosso la stessa fortuna delle tre citate pocanzi. Nonostante alcune di queste vengano considerate youngtimers, resta il fatto che le quotazioni non abbiano subito impennate verso l’alto e che la difficoltà nel reperirne in buone condizioni e la delicatezza di telai e organi meccanici, le riducono spesso a progetti abbandonati in qualche officina. Se state pensando di aggiungere una Lancia al vostro parco auto, magari dal costo contenuto e che una volta ripristinata si riveli piacevole da guidare ma anche pratica e ricca di carattere, una di queste cinque potrebbe fare al caso vostro. Lasciateci fare un piccolo passo indietro nel viale dei ricordi dimenticati del brand torinese, riscoprendo cinque modelli che avrebbero meritato più fortuna.
BETA MONTECARLO (1975-1981)
Provate a trovare una Lancia più sfortunata e controversa della Beta Montecarlo. Difficile, vero? Svelata nel 1974 al 45° Salone dell’auto di Ginevra, la coupé torinese era distinguibile per il grande lavoro svolto dalla carrozzeria Pininfarina che fu protagonista dell’intero sviluppo dell’auto, grazie alla matita di Paolo Martin che ne definì le linee estremamente squadrate e i tagli netti di una carrozzeria che stravolgeva la Beta per come la si conoscesse fino a quel momento.
Due porte, due posti secchi, trazione adesso che si spostava sul solo asse posteriore e motore situato in posizione posteriore-centrale abbinato ad un cambio manuale a 5 rapporti erano le caratteristiche che la rendevano una piccola supersportiva, questo nonostante l’idea di equipaggiarla con un V6 da 3-litri fu abbandonata a causa della crisi petrolifera degli anni 70 in favore di un più piccolo 4 cilindri da 2-litri. Il peso che non superava i 970 kg rendeva i suoi 120 cavalli e 165 Nm di coppia abbastanza per garantire prestazioni davvero interessanti, soprattutto per l’ottimo bilanciamento offerto dal layout e dalle ridotte dimensioni di un corpo vettura pronto a gettarsi tra le curve. Tra i difetti noti c’è il debole impianto frenante e la fragilità meccanica, ma se c’è una Lancia che merita di essere rivalutata è proprio la Beta Montecarlo.
TREVI VOLUMEX (1982-1984)
La Trevi è stata prodotta per soli quattro anni, dal 1980 al 1984, in 40.628 esemplari. Si tratta di una berlina di medie dimensioni che sarebbe servita quale modello di transizione tra la Beta e la successiva Prisma. Tra le diverse motorizzazioni disponibili quella che ha catturato la nostra attenzione è definita Volumex e riguarda l’ultimo periodo di produzione, quando Lancia la equipaggiò con un propulsore bialbero FIAT di ben 2-litri affiancato da un compressore volumetrico a lobi (da cui appunto Volumex) che portava la potenza complessiva a 135 cavalli, notevole soprattutto per l’epoca e che le consentiva di accelerare da 0 a 100 km/h in poco meno di 10 secondi.
L’utilizzo di questa particolare sovralimentazione era ormai insolita, poiché un più tradizionale turbocompressore sarebbe stato preferibile, ma in Lancia sembravano preferire un’erogazione istantanea e priva del tipico lag dei primi turbo, anche a costo di consumi elevati. Disegnata da Mario Bellini, l’esterno è piuttosto tradizionale, ma lascia trasparire una certa aggressività, mentre nell’abitacolo possiamo apprezzare un netto contrasto con le linee squadrate della carrozzeria che lasciano spazio ad una strumentazione composta da soli elementi circolari.
THEMA FERRARI 8.32 (1984-1994)
La Thema dal canto suo è stata uno dei modelli più fortunati della storia moderna di Lancia, tanto da vendere oltre 370.000 esemplari nei dieci anni di produzione. Sono state svariate anche le motorizzazioni e gli allestimenti che le hanno consentito di essere una perfetta auto preferita da figure istituzionali e desiderata da personalità di successo, ma il connubio definitivo è stato quello del modello denominato 8.32 e che sotto al cofano ospitava un motore Ferrari.
Conosciuta anche semplicemente come Thema Ferrari, prendeva in prestito l’8 cilindri da 3.2 litri (da qui 8.32) della Ferrari Mondial, qui depotenziato a 215 cavalli e modificato in maniera tale da essere sistemato dentro al cofano anteriore della berlina torinese. La trazione restò però sull’asse anteriore e questo penalizzava la dinamica di guida, resa comunque coinvolgente per il rombo del V8 e per un abitacolo impreziosito da pelle Frau o Alcantara con un pannello in vera radica, le medesime bocchette dell’aria utilizzate su modelli Ferrari, cerchi in lega dedicati e uno spoiler posteriore anche azionabile mediante apposito pulsante. Avrà pure tanti difetti – soprattutto progettuali – ma è una pura follia di italianità che merita un posto speciale nel cuore degli appassionati ed alla quale è difficile resistere.
K COUPÉ (1997-2000)
Alla K toccò l’arduo compito di sostituire la Thema, reso ancora più difficile da una concorrenza europea che stava compiendo passi da gigante. Oltre la tradizionale versione berlina a quattro porte e la wagon, la K fu anche resa disponibile con due sole porte, denominata appunto Coupé. Quest’ultima, sempre basata sul modello originario disegnato da Pininfarina, fu però progettato dalla Carrozzeria Maggiora, rendendola più esclusiva ma anche più costosa.
Prodotta per soli tre anni e in 3.620 esemplari, il fatto di sfoggiare una linea inusuale e senza dubbio avanguardistica non centrarono l’obiettivo sperato, ma la K Coupé resta tutt’oggi una vettura sinuosa e dal look esotico. L’abitacolo resta pressoché invariato rispetto alla berlina, sfoggiando pelle e radica e offrendo due posti non eccessivamente sacrificati nella zona posteriore. Osservandola, soprattutto di profilo, si può notare quel senso di sperimentazione che la fanno quasi sembrare un prototipo prestato alle strade di tutti i giorni. La K Coupé fu resa disponibile con due motori: un 5 cilindri da 2.4 cc e 175 cavalli e il più potente V6 da 3-litri e 204 cavalli, entrambi accoppiati alla sola trazione anteriore.
THESIS (2002-2009)
Lanciata ufficialmente nel 2001, la Thesis declinava le futuristiche linee della concept Dialogos sul corpo vettura di una berlina a quattro porte di quasi 5 metri di lunghezza. Nonostante la delicata situazione di dover sostituire la sfortunata K, il design fu tutto fuorché scontato, con un posteriore morbido e caratterizzato da sottili gruppi ottici verticali a LED e un frontale in pieno contrasto che spiazzava a causa della forma e del posizionamento dei fari stessi, ma soprattutto per la griglia sproporzionata rispetto alle linee principali della vettura. La scelta di un design così azzardato non giocò a favore delle vendite, fermando la produzione a meno di 16.000 esemplari.
L’abitacolo è invece molto elegante e c’è spazio per cinque adulti, tanta pelle e un sistema multimediale che si integra bene con un’atmosfera decisamente più ricercata rispetto agli analoghi modelli tedeschi. La Thesis era disponibile sia con motori a gasolio che benzina, nel primo caso tutti 2.4 Multijet da 150, 170 o 185 cavalli, mentre le varianti benzina permettevano di scegliere tra 2-litri Turbo da 185 cavalli, 2.4 da 170 cv, V6 3.0 cc da 215 e il più generoso V6 da 3.2 e ben 230 cavalli, tutti abbinati alla trazione anteriore, il che faceva perdere un po’ di lustro alla sontuosa ed estremamente sfortunata berlina italiana, la quale fu poi sostituita – nel 2011 – dalla nuova Thema, che però non rappresenta altro che un rebadge della Chrysler 300.