Roamers | La F8 Tributo È Ancora La Ferrari Che Vorrei
Testo Alessandro Marrone / Foto Jay Tomei
Ok ammettiamolo, quando si parla di supercars e più precisamente di Ferrari, affiancare un modello qualsiasi a emozioni forti è facile come sporcarsi mettendo le mani nel barattolo di marmellata. Anzi, è proprio impossibile il contrario. Del resto, i tempi delle varie 348 e 208 sono ben lontani e oggi, anche il cosiddetto gradino d’ingresso è rappresentato – la Portofino – da una vettura in grado di scombinarti i connotati ad una pressione dell’acceleratore più decisa rispetto al solito. In listino ci sono tanti modelli e con l’arrivo della Roma e soprattutto della Purosangue, la possibilità di guidare la vostra Ferrari tutti i giorni e in qualsiasi circostanza sono esponenzialmente aumentate. Sono però quei modelli hardcore che continuano a ridefinire il concetto di battito cardiaco accelerato, quelle edizioni ancora più speciali del solito e che prendono l’ottima base di partenza per trasformarla in un’auto per chi acquista una Ferrari per un motivo ben preciso: l’adrenalina.
La 360 Challenge Stradale, la F430 Scuderia – mamma mia che sound questa – 458 Speciale e 488 Pista. Tutte il non plus ultra delle performance made in Maranello. Tutte un gradino sopra la controparte più civilizzata e al contempo un costante passo in avanti nell’evoluzione della specie, tuttavia senza far invecchiare il modello precedente. Un risultato ottenuto grazie a innovazioni ingegneristiche che le rendono una totalmente diversa dall’altra, permettendo loro di brillare di luce propria come il primo giorno in cui si ha avuto la fortuna e l’onore di poggiare le natiche su quel sedile. Ma oggi non voglio parlare di nessuna di loro, ma anzi dare spazio ad un eroe più silenzioso, di quelli che non indossano mantello e maschera. Sarebbe altrimenti troppo facile innamorarsene. Oggi mi trovo seduto in ufficio, con una tazza di latte caldo appoggiata di fronte alla finestra che si affaccia sulla forte nevicata che sta impazzando fuori. È uno di quei momenti ideali per due cose: restare a letto sotto il piumone, oppure ripensare a qualche momento strepitoso vissuto grazie a questo eccezionale mestiere.
E lei è sempre lì che mi torna in mente, lo fa più delle altre e sorprendentemente più delle sopramenzionate “speciali”. È la F8, a prescindere che sia Spider come quella della prova che sto rivivendo nella mia mente, o Tributo, la controparte con tetto fisso. Quel giorno di tre anni fa ho raggiunto Maranello con la consapevolezza che avrei avuto a che fare con la naturale evoluzione della 488 GTB, colei che aveva segnato il passaggio dall’aspirato della 458 Italia al biturbo, ma le cose andarono diversamente da quanto immaginato. La F8 mi ha catturato con le sue linee simili, ma così diverse rispetto al modello precedente. L’ha fatto con una carrozzeria gialla che rappresenta un tipico colore Ferrari di cui troppo pochi sembrano essere a conoscenza, il colore di Fiorano, il colore della velocità. Se differiva in quelli che potevano apparire piccoli dettagli, la realtà dei fatti mi fu subito chiara non appena raggiunsi il Passo della Raticosa, luogo ideale nel quale rendermi conto della effettiva fruibilità di una berlinetta da 720 cavalli e appena una tonnellata e mezzo.
Ad una manciata di curve dallo Chalet già ero innamorato perso. La potenza del V8 è disarmante, la spinta è poderosa, ma è il telaio che mi lascia esterrefatto, a prescindere che si tratti della versione Spider, che con tetto rigido ripiegabile aumenta di qualche chilo il risultato sulla bilancia. Riesci a inserire la F8 tra le curve più impegnative con una maggiore facilità rispetto a quanto faresti con la 488. Senti che il posteriore segue la strada come se fosse incollato e nel preciso istante in cui affondi sul gas, lei schizza in avanti e ingurgita i tratti più rettilinei come se fosse a digiuno da quando è venuta al mondo. Non ci sono stati grandi stravolgimenti per quanto riguarda l’abitacolo, ma l’intelligente lavoro svolto in termini aerodinamici ha consentito di garantire un effetto ventosa che rende possibile avvicinarsi alla linea rossa del contagiri senza necessariamente metter mano al testamento. L’attimo dopo si quieta, lo scarico si rilassa e quell’onnipresente tiro del 4.0 biturbo si trasforma nel più esaltante modo di muoversi da un punto ad un altro della regione. Ci sono auto che lasciano il segno in maniera differente, toccano corde che nemmeno noi sappiamo di avere nel nostro io più profondo. Puoi cercare a lungo di darti una spiegazione a tutto questo, ma la realtà è che forse non la troverai mai. Forse è solo questione di brividi, gli stessi che mi si arrampicano sulla schiena quando penso a quella F8 Spider.