Il Drago E La Principessa…Nel Paese Delle Meraviglie
Sulla Delta Integrale avrete già letto tutto il possibile, molti di voi ne sapranno a memoria i numeri e le vittorie, però come VitadiStile non potevamo evitare di parlare di un mostro sacro come lei: la cavalcatura che, più di tutte le altre, ha portato i cavalieri Lancia a dominare il mondo.
Anzitutto è bene partire dal principio, con la presentazione che nel 1991 la casa fece riguardo al nuovo modello: dopo avere stravinto con la 4WD e poi la Integrale nelle sue varianti, Lancia presenta la Evoluzione…della specie!
Per raccontarvi qualcosa di lei, senza ripetere le solite storie, ho deciso con Federico, il nostro fotografo, di mostrarvi un lato della sua personalità meno scontato. Proprio per questo abbiamo cercato un’esemplare della versione più glamour: la Verde York.
Una livrea che le consentirebbe di non sfigurare nemmeno parcheggiata di fronte alla Reggia di Venaria o all’ingresso di un Grand Hotel. Potevamo immortalarla nel parco di una ricca villa della provincia o di un casino di caccia, pronta al tempo libero con le mazze da golf o per partire verso i primi weekend in montagna della stagione, sicura in ogni condizione meteo grazie alle quattro ruote motrici.
Tutte le situazioni di vita in alta società sarebbero parse ordinaria amministrazione per una vettura scelta anche da una clientela dai gusti raffinati, convinta dalle peculiarità tecniche e dall’immagine di Made in Italy vincente. In particolare, l’edizione “Verde York” fu prodotta in soli 500 esemplari nel 1992, suddivisi tra 300 8 valvole per cilindro e 200 a 16v; da luglio, presentava vari accessori da segmento premium, come la vetratura Solextra ed i sedili Recaro in tinta cognac.
Ad un tratto, però, abbiamo ripensato a cosa significa per noi questa scultura su ruote, scolpita con l’accetta, dai lineamenti forti come un boscaiolo di montagna, temprato dalle difficoltà che riesce sempre a superare, nel continuo confronto tra uomo e natura.
Noi giovani, nati a fine anni ’80, la vediamo come un mito, una bandiera, era l’auto dei nostri sogni di quando eravamo piccoli: ha suggestionato la fantasia di bambini per decenni e, a quanto pare, lo fa tutt’ora. Più di Ferrari e Lamborghini, rappresenta qualcosa di universalmente riconosciuto: è la “auto da rally” nella mente di tutti. Dura, sporca e cattiva ha stregato tutti gli appassionati, che, negli ultimi anni ne hanno fatto schizzare le quotazioni.
Questa impressione ci ha dato l’idea: oltre a sottolinearne l’immagine sofisticata con una location elegante, la sfida è farci tornare all’infanzia, ponendo la bestia in un paese incantato, per un servizio fiabesco. Niente era più adatto allo scopo rispetto al borgo di Grazzano Visconti, dove il tempo pare essersi fermato.
Il primo set è, quindi, orientato ad evidenziarne l’immagine demoniaca: suggerita dalle linee e confermata dall’aurea di rispetto a timore reverenziale che circonda questo modello. La sua efficacia su ogni terreno era così soprannaturale da suggestionare molti, al punto da comparire in un episodio della serie “Sei in arresto!” come pericolo pubblico durante un tifone.
Se in quest’episodio l’immagine da cattivo viene sottolineata dal colore Giallo [difficile dire se sia il Ferrari (1992) o Ginestra (1993)], molto ectoplasmatico nel buio della tempesta, nel nostro caso il verde scuro tipico di questa serie non poteva che evocare un drago. Certo non quello delle 7 sfere di Dragonball, ma un richiamo più italico alle storie e leggende che perseguitano i nostri castelli, senza dimenticare che proprio Drago è il soprannome di un eroe del rally nazionale di cui abbiamo già parlato, uno dei famosi cavalieri Lancia. È anche un modo di dire, in uso qualche anno fa, per indicare qualcuno che va particolarmente forte, o che fa qualcosa particolarmente bene.
Insieme al drago non poteva mancare una bella principessa, impersonata da Elena. Non però il classico pacco postale che viene salvato dal principe azzurro, bensì una donna moderna con artigli sufficientemente affilati per la vita del ventunesimo secolo. Tanto affilati da potersi permettere di avvicinarsi alla Evo senza scottarsi.
Per raccontarci qualcosa in prima persona di un mezzo così emozionale, chi meglio di Claudio, il suo domatore, poteva farlo? Così gli abbiamo chiesto dove nasca questa passione e cosa lo ho attratto a quest’oggetto. Alla nostra curiosità ha risposto come un fiume in piena.
“È stato un amore a prima vista. Me lo ricordo come se fosse adesso: avevo 17 anni, ma pensavo già alla mia prima macchina. Un giorno, passando davanti al meccanico del paese, la vidi per la prima volta, rossa fiammante. Venni travolto dalla passione e, ingenuamente, ne andai a parlare con mio padre. Da ragazzino imprudente, non sapendo che era un auto impegnativa nelle sue prestazioni e per le sue caratteristiche, infatti lui mi vietò l’acquisto.
Ciononostante, non l’ho dimenticata, quella linea aggressiva e potente. Acquistai un’altra auto e passarono anni, 4 o 5, poi eccola: ne vedo una verde metallizzato scuro, passando in una zona industriale. Non ho resistito. Sono entrato nella carpenteria chiedendo se fosse in vendita. La risposta fu subito positiva: non ha fatto tempo ad accettare il proprietario che io, preso dall’entusiasmo gli avevo già firmato l’assegno.
Come in ogni storia, c’è però il colpo di scena: una volta a casa sono nati i problemi. “Donne e motori, gioie e dolori” si dice, infatti l’ho tenuta un anno, poi ho litigato con la fidanzata ed insieme ad altri problemi, ho preferito venderla.
Passano altri anni ma era sempre nei miei pensieri: ogni volta che ne vedevo una, mi fermavo, la guardavo, chiedevo informazioni, mi proponevo al proprietario per acquistarla. Chi la dura la vince, e così fu dato che un amico che sapevo averne una ben tenuta, un giorno mi chiama e mi informa della sua intenzione di venderla. Non me lo faccio dire due volte, il prezzo è importante, ma con alcuni sacrifici riesco a portarla a casa.
Era perfetta, completamente risistemata dal precedente proprietario: riverniciandola e revisionando il motore. Ora che è mia non la cambierei con nessun’altra nei suoi pregi e difetti, impegnativa da usare, molto pericolosa se non si è abituati alle sue prestazioni, ma è il suo carattere e per questo noi appassionati la amiamo. Mi piace talmente tanto che la uso poco per paura di rovinarla o che succeda qualcosa. Mi basta sapere di aver potuto raggiungere il mio sogno che da tanto inseguivo.”
Francesco Fulchieri
Foto di Federico Vandone dell’Acqua
Si ringrazia:
la modella – Elena Pradetto
il proprietario – Claudio Barbieri