Quella Volta Con La BMW M3
BMW M3 E46
Testo di Alessandro Marrone
Se esistesse un mondo perfetto, nelle scuole insegnerebbero l’alfabeto utilizzando le auto. E la M3 E46 potrebbe essere trovata alla B come BMW, alla M come M3 ed alla P come Performance car. Se pensate che stia esagerando smettete di pensare a quale stupido accessorio aggiungere alla configurazione della vostra compatta a gasolio nuova e fiondatevi a cercare una E46 in buone condizioni, con un discreto chilometraggio e tanta voglia di uscire dal freddo pavimento di un autosalone. Vi basteranno pochi minuti per non voler più tornare indietro, giusto il tempo che le spie sul contagiri si spengano tutte, assicurandovi che la temperatura dei liquidi è arrivata al punto di sguinzagliare uno dei 6 cilindri più entusiasmanti al mondo.
Quei giorni – troppo pochi – che ho avuto la fortuna di convivere con questo mattoncino di storia di ogni manuale di guida sportiva, credo di aver dilapidato i risparmi di un paio di mesi in benzina. Ho addirittura pranzato al fast food per non perdermi neanche un minuto di quel suo boato, ogni volta che la lancetta del contagiri faceva a gara con quella del tachimetro. Ed io aggrappato al volante, con lo sguardo che correva tra la strumentazione ed il centro della strada, che attimo dopo attimo si faceva sempre più piccola, sfocata e lasciava indietro ciò che c’era attorno velocemente, come se fossi alla guida di una supercar e non di una così sobria BMW a 2 porte. Si, perché fatta eccezione dei terminali di scarico – due per estremità – e per le bombature su parafanghi e cofano motore, la M3 E46 potrebbe essere facilmente confusa con una 330. Ma un occhio attento non commetterebbe mai questo errore, soprattutto se la creatura in questione ha il motore acceso ed è pronta a scatenare la sua ira sulle povere gomme posteriori, vittime sacrificali di uno strumento che crea una irrefrenabile dipendenza. Una volta seduto al volante, la plancia è quella familiare di ogni modello della casa dell’elica di inizio 2000, ma è il 3.2 da 343cv che fa la differenza. Infatti, abbinato ad un cambio manuale a 6 rapporti (era disponibile anche un automatico con paddle al volante), è in grado di consentirvi di guidare questa M3 in maniere diametralmente opposte. Siate gentili con l’acceleratore e sarà una perfetta carrozza da viaggio, abile a macinare chilometri senza il minimo sforzo. Siate bruschi e comincerà una lunga lotta per la supremazia, dove il piacere di allargare il posteriore verrà appagato da un telaio pressoché perfetto, proprio quella peculiarità che l’ha santificata “LA performance car per eccellenza”. Parlatemi di prestazioni ed emozioni forti a buon mercato e mi verrà in mente quel tunnel di poche centinaia di metri, dove ho buttato una marcia dopo l’altra ed ho temuto di far crollare tutto. Un baccano infernale, un suono a metà tra il metallico ed un lamento lancinante di una creatura mitologica, reso ancora più infernale dall’impianto sportivo del modello che ho guidato quei fantastici giorni.
È la perfetta ricetta di come deve essere un’auto. Apparentemente semplice, con pannelli in alluminio per contenere il peso complessivo a quota 1470kg, la trazione al posteriore, un cambio manuale preciso e con il limitatore a circa 8000 giri (si, puntate la coda dell’occhio sulla linea rossa – ne varrà la pena) ed allora sparerete fuochi d’artificio come fosse l’ultimo giorno dell’anno. Nessun’altra M3 è così fenomenale, così pura e voluttuosa nel sapervi offrire tutto ciò che state cercando da una performance car. I 343cv si fanno sentire tutti e ciò che mi ha lasciato più stupito è la progressione con cui quei 6 cilindri aspirati danno vita ad una danza che una volta presa la giusta confidenza diventa una vera e propria droga della quale abuserete sino a consumare gli pneumatici. Dovrete stringere un patto col direttore di banca per potervi permettere una fornitura di gomme e benzina, abbastanza consistente da poter guidare come Dio comanda una M3 E46 per più di un paio di mesi, ma è proprio lì il bello. Anche portandola a spasso, un pomeriggio come tanti, senza la minima intenzione di far crollare le fondamenta della Terra, avrete la maligna consapevolezza che basterebbe un attimo per mescolare follemente le carte in tavola e ritrovarvi in mezzo ad una nuvola di fumo che profuma di Michelin Pilot Super Sport. Sia io che voi sappiamo come andrebbe a finire, soprattutto quanto hai la triste consapevolezza di doverla riconsegnare dopo qualche giorno. Di sicura rivalutazione!
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BMW M3 E92
Testo di Antonio Iafelice
Foto di Justin Capolongo
1986 – 2016: sono passati 30 anni dalla prima M3 della storia e da quando BMW decise di rompere le regole di un mercato piatto e grigio. L’allora BMW Motorsport GmbH inventò la sigla M3, tanto semplice quanto tagliente, preceduta da tre strisce colorate di azzurro/blu/rosso quasi a voler indicare la non appartenenza a quel mercato piatto e grigio di cui sopra. Nessun altro costruttore aveva mai osato tanto trasformando una berlina dai grandi numeri come la Serie 3 in un’auto di nicchia e dalle prestazioni elevate. Fu un successo che dura ancora oggi ed io ho avuto la fortuna di cavalcare l’onda di quel successo.
Il mio successo ha le sembianze di una M3 dai colori contrastanti. E’ un po’ come se il contrasto cromatico tra il classico argento dell’esterno e lo sgargiante rosso corallo dell’interno fosse il simbolo delle due anime della M3. Senza giri di parole è questo che mi colpì guidando/pilotando la M3: una supercar tanto tagliente nelle prestazioni, quanto a suo agio nel traffico di città.
Tutta mia la città. Guidare la M3 sulle strade cittadine è particolare: è come se avessi una “utilitaria” da 420 cv con cui recarmi al supermercato, andare al campo da tennis per una partita, fare una puntatina a teatro o semplicemente fare la classica spola casa-ufficio. Sono compiti cui la M3 non si sottrae affatto, anzi li svolge anche con una certa nonchalance mostrando tutta la sua sfruttabilità. Provate a fare le stesse cose con altre supercar dalle medesime prestazioni: quante di loro riescono nell’impresa?
Lasciarmi alle spalle la città è un attimo. Seleziono i molteplici parametri del servosterzo, dell’EDC delle sospensioni e del DSC spostando l’asticella delle prestazioni un po’ più su e rendendo i controlli meno severi. Le strade prive di traffico risvegliano l’animo pungente e più sportivo della M3: da una “zona di comfort” passo ad una zona che comincia a darmi qualche brivido. Il sound del motore si fa più graffiante e basta vedere l’ago del contagiri salire più velocemente per rendersi conto che qualcosa è già cambiato. In meglio. In un attimo non rimpiango più il glorioso 6 cilindri da 343 cv della precedente versione: questo rivoluzionario V8, il primo su una M3, è talmente pieno di sé che in città mi fa anche scordare in che marcia sono, mentre appena fuori dalle strade cittadine comincia a scalpitare come un forsennato. Mi chiedo ancora una volta come sia possibile far convivere due anime così profondamente diverse in un unico motore e … in un’unica macchina!
Affrontare una strada collinare con una M3 è come avere un foglio bianco da disegnare con un pennarello nero: i bordi ci sono ma le linee da tracciare all’interno del campo bianco le decido io. Lo sterzo morbido della città lascia spazio ad uno più duro e diretto, l’erogazione corposa e fluida cede il testimone ad una più piena e rabbiosa ed il sound cupo e pieno di borbottii si annulla in favore di veri e propri boati che si susseguono fuoriuscendo dai classici quattro terminali di scarico. Risultato: le gomme stridono e si aggrappano ad ogni centimetro quadrato di asfalto chiedendo pietà mentre l’anima rabbiosa che esce fuori oltre i 4.000 giri al minuto sembra prendersene gioco. E la cosa sinceramente non mi dispiace affatto.
La pista è il suo regno. Non c’è altro luogo dove far uscire l’anima più violenta della M3. La ricetta è fin troppo semplice: basta premere il piccolo pulsante M sul volante per togliere ogni inibizione (mia) o controllo (della M3) come dir si voglia. Fino ad ora sono stato io a mettere alla prova la M3 nelle più svariate condizioni di utilizzo, adesso è lei che mette alla prova me. Ed il “lei” non è casuale. I 4 secondi e mezzo per toccare i 100 km/h e i circa 10 necessari per catapultarmi a 200 km/h sono il suo normale biglietto da visita quando mi rendo conto di avere ancora una busta della spesa nel bagagliaio e la racchetta da tennis sul divano posteriore. E’ la stessa macchina del giorno prima, ma ieri era un angelo ed oggi è un diavolo. Ogni curva è un esame: il posteriore non disdegna di partire con estrema facilità verso l’esterno e costringe a movimenti all’unisono, tanto veloci quanto decisi, di braccia e piede destro. E’ come un toro che non vuole essere più domato dal suo torero e comincia a scalciare. Giocare col volante, preciso e comunicativo, mi dà quasi sicurezza e mi spinge a cercare sempre più il limite. Giro dopo giro sembro quasi abituarmi alla cattiveria della M3 ed al suo modo di mostrarmi la velocità. E’ impensabilmente veloce. E’ stupefacente che ad esserlo sia la stessa macchina che il giorno prima usavo per andare a fare la spesa. E’ incredibile che sia così simile alla Serie 3 Coupé da cui deriva, ma abbia con quest’ultima solo il 20% delle parti in comune. E’ una macchina con due anime profondamente distinte che convivono fino a quando una sopravanza l’altra a seconda del risultato che il guidatore/pilota vuole ottenere.
La M3 riposa nel box. La guardo e ripenso ai due giorni passati con lei. Nei miei pensieri vengo interrotto da uno degli istruttori di guida sportiva del circuito: “Hai fatto bene a scegliere i cerchi da 18”. Ti aiutano a sentire meglio la macchina. I cerchi più grandi lasciali a chi vuole parcheggiare la M3 fuori da un bar solo per farsela vedere!”. Saggio consiglio, ma dopo esser stato in pista posso tranquillamente tornare in città per andarmi a gustare un aperitivo al bar: dopotutto la M3 è così fruibile da andar bene anche per questo.