Quella Volta Con … I Brividi Dentro
PORSCHE 996 TURBO
Testo di Alessandro Marrone
Mia nonna diceva sempre che le parole sono una cosa importantissima – che una semplice parola potesse cambiare il significato di un pensiero, di un momento, di una giornata, di un ricordo. Una unica ed apparentemente semplice e scontata parola come quella scritta “turbo” tutta minuscola tatuata su uno dei lati B migliori che possiate mai inseguire, a patto che le condizioni di traffico ve lo concedano. Semplice ed al tempo stesso speciale, come una serata che trascorri con l’amico di sempre, dandoti appuntamento di fronte alla stazione di Arona, per una pizza insieme, giusto per provare quella sua 996 Turbo appena acquistata, sfruttando l’atmosfera che il lungolago è in grado di creare per due amanti delle auto sportive come noi.
Ed è proprio qui che ciò che apparentemente sembra normale, due amici ed una pizza, una serata immersi nei ricordi e nei racconti dei giorni trascorsi insieme a suonare i Judas Priest, lontani da dove siamo nati e cresciuti, che si trasforma in una meravigliosa istantanea che tengo gelosamente custodita nel mio personale album dei ricordi. E l’ingrediente principale è quell’ammasso di lamiera che adesso riempie le mie giornate, un’automobile che seppur non sia un’auto qualsiasi fa di tutto per cercare di passare inosservata. Nella migliore tradizione Porsche, la 996 mantiene l’insindacabile linea introdotta a Stoccarda diversi decenni prima, con uno spoiler al posteriore e delle prese d’aria che ti mettono in guardia che questa sera la cena dovrà essere più leggera del solito. Posteggio la mia auto affianco ed invece che osservare quanto mi avvicino al marciapiede di fronte a me, sono già a scorrere con lo sguardo le voluttuose linee della turbona, facilmente definibile come la prima della nuova generazione di 911 Turbo, grazie all’abbandono del raffreddamento ad aria. Come detto, le prova tutte per mantenere un profilo basso, quasi a voler suggerire di poter essere utilizzata nella quotidianità come una più mansueta Carrera 4 S, ma i muscoli la tradiscono felicemente. Quelle feritoie sui paraurti, quello splitter anteriore e quel posteriore così massiccio sono il preludio a qualcosa che non ti farà rimpiangere di aver rifiutato il dessert a cena. I discorsi sono volati via veloci quella sera, avevamo così tanto da raccontarci che le ore sono letteralmente volate e riconosci il valore di una buona amicizia, forse il sentimento più semplice che un essere umano è in grado provare, quando provi quella complicità e quella soddisfazione nel condividere un momento di puro divertimento e felicità. Mi porge la chiave e mi dice “Portiamola a fare un giro.”. Allungo il braccio sinistro e stringo nella mano quel lasciapassare di forma triangolare, che senza esitare neppure per un attimo, una volta inserito alla sinistra del volante, da vita al 6 cilindri twin-turbo della 996 più feroce che abbia mai guidato.
Nonostante fosse Primavera e la temperatura consentisse di tenere i finestrini aperti, do tempo al flat-six di scaldare per bene i luquidi e nel momento che le lancette sono dove dovrebbero essere, innesto la retro ed esco dal parcheggio. La luce del tardo pomeriggio ha ormai lasciato spazio al buio della sera, prontamente illuminato dai lampioni e dalle vetrine dei locali che scivolano via, senza più richiamare la nostra attenzione, dato che non vediamo l’ora di abbandonare il porfido cittadino e scatenare la Turbo senza dare fastidio alla movida locale, pronta a cominciare la propria serata di divertimento. Personalmente, la nostra si preannuncia decisamente migliore ed inizia con un’immissione in strada che mi permette di sparare una dopo l’altra le prime tre marce. La velocità raggiunta è da ritiro di patente, la spinta del 3.6 e dei suoi 420cv è bestiale, complice anche la trazione integrale che non ti costringe ad essere leggero sull’acceleratore nemmeno con un fondo in non perfette condizioni. La vera goduria è fatta dal cambio manuale a 6 rapporti, vicino, corto e preciso, che innesta uno dopo l’altro lo sparo in avanti della Turbona. Il telaio, più rigido, a tratti anche nervoso, ma mai scomodo, è il miglior amico di questa 996 super dopata e dopo pochi chilometri, ti trasmette un senso tale di sicurezza, da indurti continuamente a strizzare l’occhio al passeggero (nonché proprietario dell’auto stessa), attendere il suo consenso ed infine affondare ancora una volta il piede destro sull’acceleratore. La strada è nostra, il lago è nostro, la notte è nostra. Il boato che esce dagli scarichi posteriori è un continuo inno a delinquere (complice anche l’intervento che ha rimosso ogni tipo di filtro tra collettori e terminali) e siamo ormai sicuri che la nostra serata finirà con una tirata d’orecchie. Invece no, superata Arona, Meina, Lesa, il nostro giro di boa è Belgirate. Diavolo se avevo voglia di proseguire ancora… La facilità con cui guadagni velocità al volante della 996 Turbo è il feedback primario che ho ricevuto da una Turbo che non sembrava volesse ucciderci, ma piuttosto essere il terzo complice di una serata tra amici, appassionati. Due banditi, almeno per una notte.
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LOTUS EXIGE S
Testo di Antonio Iafelice
Si fa presto a dire auto sportiva: oggi ce ne sono così tante di tutti i tipi e per tutti i gusti che scegliere la propria beniamina nella miriade di vetture sportive disponibili sul mercato è diventato quasi un problema. Personalmente trovo che in ogni vettura ad alte prestazioni ci sia qualcosa di particolare e di attraente indipendentemente dal blasone, dal costo e dalle caratteristiche tecniche. Quel qualcosa che è in grado di far scattare la scintilla. Lo scoccare della scintilla vuol dire aver trovato la sportiva del cuore. Nel mio caso la scintilla è scoccata dalle parti di Hethel ed ha illuminato una Lotus Exige S più sexy che mai! Per me è la sportiva per eccellenza, quella che mi dà l’ebbrezza di immaginarmi pilota anche in giacca e cravatta. Già il solo guardarla evoca sensazioni puramente racing: per un attimo, come per magia, riesco a cambiare sfondo alla realtà che mi circonda e la immagino già su una pista pronta a scattare via. La Exige S per me è stupenda nel suo design unico ed inimitabile: sprizza una eloquente sportività da ogni particolare come se fosse posseduta da un innato spirito racing che ha plagiato le forme della carrozzeria col solo obiettivo delle prestazioni rinnegando qualsiasi vezzo stilistico. Il corpo vettura è “violentato” da una moltitudine di prese e sfoghi d’aria e da appendici aerodinamiche in bella mostra che non fanno altro che aumentare la sensazione che la Exige S sia una macchina da corsa prestata alla strada. Salire (pardon … scendere) nell’abitacolo non aiuta certo a guardarla con occhi diversi: gli avvolgenti sedili Probax, la pedaliera disassata leggermente verso il centro e la conseguente postura di guida obbligata all’interno di un abitacolo minimalista fanno percepire un’incredibile sensazione di intimità. Osservare tutto ciò che mi circonda e stare seduto nell’abitacolo con le braccia conserte per un attimo mi fa pensare alla tipica posizione dei piloti all’interno delle loro auto da corsa prima della partenza di un gran premio. Non sono ad una corsa, ma la sensazione è la stessa. È incredibile come la Exige S, anche spenta, sia in grado di farmi immaginare le performance di cui è capace.
Per quanto mi riguarda una delle caratteristiche che deve avere un’auto sportiva è appunto quella di riuscire in qualche modo a trasmettere una sorta di timore reverenziale e la mia Exige S lo fa nel modo giusto. Non è un caso che la cartella di presentazione reciti “Il suo limite è solo nelle vostre capacità”. Come dire: lei è pronta, ora tocca a me. La Exige S non può certo definirsi abitabile, insonorizzata e comoda, tutt’altro: la posizione di guida quasi “ingabbia” il corpo, il propulsore subito dietro le spalle si fa sentire sempre e comunque e le sospensioni rigide fanno percepire anche i più piccoli sassolini sull’asfalto. Difetti? No, pregi! Ditemi quello che volete ma per me queste sono altre sensazioni che chi ama le auto sportive deve provare: quella sensazione di claustrofobia che fa percepire l’essenza di una macchina da corsa, l’eccessiva rumorosità che ricorda in ogni momento che dietro le spalle ci sono una marea di cavalli pronti a scatenarsi e la scomodità che permette di andare veloci! E la Exige S va veloce davvero. Ed è proprio quando si va veloce davvero che la fatidica frase stampata sulla cartella di presentazione mi ritorna in mente. Ed è davvero così.
Per indicare quanto vada forte la Exige S non serve fare un elenco delle prestazioni di cui è capace: lo 0-100 km/h in 4 secondi ed i 274 km/h di velocità massima non vanno letti, vanno provati. Fiondare i 1.176 kg di peso giù per un rettilineo grazie alla spinta più che poderosa dei 350 cv dietro la schiena è stupefacente, ma non è la sensazione migliore che può regalare la Exige S né la sua peculiarità. Il suo regno sono le curve: è qui che la supercar di Hethel dà il meglio di sé. L’eccellente aerodinamica di cui è provvista rende la Exige S estremamente veloce e con una tenuta di strada a dir poco fantastica e molto al di sopra della mia immaginazione. Ed è proprio questo il punto di forza e la sensazione migliore che la Exige S riesce ad esprimere: non avrei mai potuto pensare di fare una curva ad una certa velocità se non dopo averlo effettivamente fatto. Personalmente, nessun’altra è come lei: nessun’altra mi fa sentire come se fossi su un’auto da corsa, nessun’altra è così irriverente con quel suo design sfrontato, nessun’altra starebbe bene con dei colori vivaci e con delle tabelle porta numeri stampati sul cofano e sulle fiancate, nessun’altra provoca un timore reverenziale così, nessun’altra regala quel cocktail micidiale di brividi, emozioni e prestazioni al top e soprattutto nessun’altra è una macchina da corsa prestata alla strada!