Quella Volta Che … Siamo Rimasti Senza Benzina
LANCIA DELTA INTEGRALE EVO
Testo di Antonio Iafelice
Ne sono passati di anni da quando la vidi per la prima volta. Era una fredda e piovosa sera d’inverno mentre camminavo a passo svelto e a testa bassa contando i minuti che mi separavano dal calduccio di casa. Alzai lo sguardo solo per attraversare la strada, ma fu in quel preciso momento che mi bloccai. Davanti a me c’era lei, quasi come se fosse stata ad aspettarmi: la Lancia Delta Integrale Evoluzione. Nome lungo ma forse necessario per rendere il giusto merito a colei che, conquistando sei campionati del mondo rally consecutivi dal 1987 al 1992, è stata consacrata alla leggenda. Era lì davanti a me, illuminata da un lampione che ne metteva in luce i sinuosi rigonfiamenti: i passaruota esageratamente bombati ed il cofano arcuato e ricco di sfoghi d’aria erano il risultato dell’evoluzione del modello nel corso del tempo. Mi venne naturale accarezzare la carrozzeria bagnata della Delta: in effetti fino a quel momento l’avevo vista solamente in tv o al massimo su riviste che negli anni avevo conservato sempre gelosamente. Ricordo un noto giornale dell’epoca che una volta regalò un poster di una Delta Integrale Evoluzione: comprato ed attaccato al muro della mia camera in men che non si dica! Le sensazioni che mi suscitò la Delta che mi trovai davanti erano incredibili: poterla vedere per la prima volta dal vivo e riuscire ad apprezzare quelle sue peculiarità estetiche passate alla storia mi fecero entrare in un’altra dimensione senza pioggia, senza freddo e senza fretta di tornare a casa. L’avevo appena conosciuta e non mi volevo separare da lei, ma il destino aveva i suoi tempi: si avvicinò un signore distinto che con fare elegante mi salutò con un cenno della mano prima di accomodarsi nell’abitacolo, mettere in moto e andare via. Due minuti e la Delta scomparve dalla mia vista sollevando più di una nuvola d’acqua. Da quella sera passarono diversi anni, ma la Delta rimase sempre nei miei pensieri.
A distanza di tempo il destino si rifece vivo, ma questa volta fu più benevolo: non solo mi fece incrociare sul mio cammino di amante di belle automobili un’altra Lancia Delta Integrale Evoluzione, ma stavolta mi diede anche l’opportunità di guidarla. Fu la realizzazione di un sogno: riuscii finalmente a stringere il volante della vettura il cui poster era ancora attaccato al muro della mia camera. Chiaramente le aspettative erano altissime, d’altronde non poteva che essere così vista la vettura in ballo, non solo per i miei sentimenti nei suoi confronti, ma anche per quello che aveva rappresentato lei nel mondo delle competizioni e per la fama che si era conquistata sul campo proprio come “regina dei rally”. Decisi di andarci a fare un giro per un sentiero di montagna sconosciuto ai più, caratterizzato dalle curve giuste e reso ancor più interessante da uno sterrato più fangoso del solito a causa della pioggia caduta durante la notte precedente. Ricordo che quella domenica mattina la Delta non la risparmiai affatto.
Partii subito a cannone curioso di impegnare i miei primi 5,7 secondi della prova per raggiungere i 100 km/h. Ebbi modo di provare un’erogazione brutale scandita da diversi “calci” nella schiena. Effettivamente in quei pochi secondi chiamai velocemente all’appello tutti i 210 cv (non catalizzati) del 2.0 Turbo. Se l’accelerazione si dimostrò subito da 10 e lode, nel prosieguo della prova notai come non si potesse dare lo stesso voto alla ripresa. Praticamente avevo una macchina dalla doppia anima: sotto i 2.600 giri/minuto era morta, sopra i 2.600 era alquanto vita. Ed il passaggio dalla morte alla vita era segnato dal tipico “calcio” nella schiena di cui sopra, un po’ come accendere o spegnere un interruttore. Ma proprio questo passaggio era un chiaro indicatore delle velleità sportive della Delta. La percezione della velocità stessa era accompagnata da un’altra peculiarità fondamentale della Delta: la tenuta di strada. Inutile girarci intorno: la Delta aveva una stabilità unica che dava modo di affrontare le curve con una certa allegria. Entrare in curva in maniera piuttosto veloce permetteva di apprezzare l’incredibile stabilità del retrotreno e l’elevata precisione dell’avantreno col risultato di avere zero “scodinzolamenti” del posteriore e nessun “avvitamento” dell’anteriore. In uscita di curva, invece, si poteva anticipare l’apertura del gas sfruttando la leggera propensione al sovrasterzo data dalla trazione che tendeva a spingere di più le ruote posteriori. La Delta Integrale Evoluzione si dimostrò semplicemente veloce, forse troppo, considerando che fu costruita partendo da una tranquilla berlina che nelle intenzioni iniziali aveva ben poco di corsaiolo. Nella sua ultima evoluzione arrivò ad avere 215 cv ed un telaio probabilmente non più abituato a gestire tutta quella potenza. Le emozioni che mi regalò la Delta Integrale Evoluzione furono direttamente proporzionali al numero di giri/motore ed inversamente proporzionali al livello di benzina nel serbatoio.
Terminai la stradina di montagna con il classico sorriso a 32 denti e con la Delta così tanto sporca di fango che davvero sembrava avessi corso una prova speciale di rally. Io non mi ero di certo risparmiato godendomi la Delta anche più di come avrei mai potuto fantasticare nel tanto tempo passato a guardare il poster nella mia camera. D’altro canto la Delta, mai sazia di benzina da chiedere e mai avara di emozioni da dare, reclamò fino all’ultima goccia di carburante per ripagarmi con le giuste emozioni di tutto l’affetto che avevo nutrito per lei in tutti questi anni.
–
AUDI RS4 AVANT (B7)
Testo di Alessandro Marrone
Credo di non essere più tornato a scorazzare per le campagne piacentine proprio da quel fatidico giorno in cui rimasi senza benzina per tre lunghe ed interminabili ore – era metà Agosto e stavo giocando con una RS4 Avant. Sto parlando del modello classificato come B7, quello prodotto dal 2006 al 2008 e che montava quel poderoso V8 da 420 cavalli, capace di scatenare l’Inferno in Terra ogni volta che decidevi di toglierti la polvere dal piede destro.
Tutto comincia di buon mattino, quando con una temperatura ambiente tutto sommato gradevole mi viene consegnata la chiave di quella station wagon rossa con quei cerchi enormi e quella voce stridula che diceva “Andiamo! Guidami!” – non ho perso neppure un minuto e mi sono fiondato nel lussuoso abitacolo ricco di pelle ed avanguardia tecnologica, senza troppo curarmi che la lancetta del serbatoio era soltanto vicina alla linea di mezzo. Ho messo in moto e mentre ho dato tempo al 4.2 di scaldarsi, sono sceso ed ho dato un’occhiata al posteriore, a quei due terminali di scarico taglia XL ed a quegli pneumatici da 255 pollici che promettevano un grip pressoché infinito. La voglia di partire è tanta e grazie al fatto di essere nel cuore della stagione estiva, basta attendere poco e mi posso muovere. Immediatamente l’istinto mi porta a lasciare il traffico Milanese – con Corso Sempione ormai alle spalle, la mia direzione è verso Sud, dove per sfruttare al meglio il mio tempo con lei (soltanto mezza giornata) mi attendono aperte strade di campagna con ottima visibilità ed un occhiolino al tachimetro. Noto subito che la RS4 Avant è amichevole quanto basta per instaurare con il guidatore un rapporto di fiducia reciproca: il bilanciamento dei pesi è talmente buono che nonostante la potenza ed i suoi 430Nm di coppia, il sovrasterzo, soprattutto con asfalto asciutto, è inesistente. Discorso a parte per il sottosterzo che fa capolino se sei tu in primis a comportarti nel modo sbagliato in entrata o in uscita di curva. La strada si allarga, il sole comincia a scaldare più intensamente ed i finestrini vanno giù, dando modo allo scarico di liberare la propria voce senza che più niente divida le mie orecchie da quel melodioso boato, sempre presente non appena tocchi il paddle per scendere di marcia. A quel punto, la schiena viene premuta al sedile e sorridi come un bambino che ha appena vinto un giro gratis al Luna Park. I chilometri trascorrono veloci e le ore pure – i negozi dei paesini che attraverso chiudono per la pausa pranzo e colgo l’occasione per approfondire il mio rapporto con questo motore, vero e proprio gioiello di casa Audi. Si, lo so, sono espressioni contorte per dire che forse ho anche sbattuto la testa col modo ideale per far scendere il livello della benzina a tempo di record. Ed infatti, così è.
L’auto comincia a singhiozzare e preoccupato come se mi si ponesse di fronte la fine del mondo, scorro nella mente ogni possibile causa, rendendomi conto che la spia del carburante era accesa (e ben visibile) di fronte a me, ormai da chissà quanto. Accosto a bordo strada e consulto il navigatore notando che il distributore più vicino, è tutt’altro che vicino – l’autonomia residua è pari a 0 Km! Bene, anzi nient’affatto. Con il motore che ormai non intende riavviarsi, scendo ed osservo ciò che mi circonda, ovvero una apparentemente infinita pianura, sia da un lato che dall’altro, in alto un Sole rovente ed in basso un asfalto che farebbe sciogliere ogni benché minimo ottimismo. Le doppie frecce lampeggiano e quegli interminabili minuti di attesa mi danno modo di riflettere che posso ritenermi fortunato poiché è in assoluto (e ad oggi, dopo circa 9 anni, l’unica) la prima volta in cui sono costretto a bordo strada per essere rimasto a secco. Osservo l’RS4 e sorrido come uno stupido, dandole una pacca sul montante anteriore come a dirle “Bé dai, ci siamo divertiti evidentemente” – e dopo qualche ora un buon uomo al volante di un trattore si ferma e si offre di portarmi dal primo distributore dove riesco a mettere qualche litro di Senza Piombo in una tanica, giusto quanto basta per tornare poco dopo con l’auto e fare un sano e provvidenziale pieno. Si sta facendo tardi, il Sole diminuisce la sua intensità ed io mi dirigo verso Milano, con un’andatura più pacata e con il sorriso dentro per aver trascorso una giornata al volante di una sportiva eccezionale, pratica e potente, ma soprattutto perché grazie all’avventura vissuta con lei, sono certo che quando tornerò al volante di una RS4 lo farò con gli occhi ben fissi sull’indicatore del carburante e non soltanto sul contagiri.