Deauville and Fidia: La Visione del Futuro
Fidia e Deauville, la visione del futuro
Testo: Manuel Bordini
Fotografie: Federico Vandone dell’Acqua
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Iso Rivolta e De Tomaso, Piero e Alejandro ritornano in questo simpatico duello ai vertici della produzione automobilistica italiana nel segmento delle berline ad alte prestazioni.
Nel 1967 quando Piero Rivolta intuisce la presenza di uno spazio di mercato per le berline ad alte prestazioni, incarica Giorgetto Giugiaro da poco arrivato alla Ghia, di disegnare una berlina che incarnasse la filosofia della casa di Bresso, una Grifo a quattro porte. Per il giovane Giugiaro l’incarico non doveva risultare particolarmente difficile, un paio d’anni prima, questa volta per la Bertone, aveva consegnato alla storia del design dell’automobile la Grifo, coupé due posti sul telaio accorciato della GT 300/340, che improvvisamente mette alla porta gli stilemi e le linee delle GT allora conosciute. Con la Grifo si inaugura infatti la stagione delle muscle car all’italiana, epoca aurea del design e dell’ingegno italiano applicato all’automobile.
Giugiaro declina la linea della Grifo nelle forme di una berlina a tre volumi, l’idea di velocità, potenza, eleganza trovano una sintesi evocativa nelle proporzioni della nuova nata di casa Iso dapprima denominata S4 (quattro sportelli) poi Fidia in omaggio alla presenza scenica della vettura e in concomitanza con l’internalizzazione del processo produttivo. Non tanto lontano da Bresso, a Modena, Alejandro De Tomaso acquisita da poco la Ghia con l’aiuto della Rowan Industries progetta anche lui un ampliamento della gamma con l’introduzione di una berlina ad alte prestazioni. Siamo nel 1970 e un giovanissimo Tom Tjaarda ha da poco sostituito Giugiaro alla Ghia oramai in proprietà della Ford. Alejandro intuisce le potenzialità del segmento e chiede a Tjaarda di disegnare una vettura che avesse classe ed eleganza senza rinunciare al cipiglio muscolare dello stile italiano. Tom veste la richiesta di De Tomaso con un frontale che mantiene l’aggressività del design della Mangusta pur addomesticata sotto la livrea più sobria di una Pantera a quattro porte.
Gli esemplari oggetto della prova sono una Iso Rivolta Fidia del 1968 acquistata nuova non a caso dalla Società Editrice Sportiva Spa, editore del quotidiano sportivo Corriere dello Sport. La nostra Fidia lascia la catena di montaggio alla Iso Rivolta di Bresso a ottobre del 1968 esattamente come la vediamo oggi, fuori Grigio Indianapolis, pelle degli interni color senape, cerchi in lega leggera con gallettoni, aria condizionata, motore V8 Chevrolet di 5400 cc con 300cv e cambio manuale a 4 rapporti ravvicinati. Il V8 Chevrolet viene montato sulle Iso non prima che la Casa di Bresso apportasse importanti modifiche tra cui la sostituzione delle bielle con quelle forgiate con proprie specifiche. La De Tomaso Deauville costruita nel 1972 viene consegnata al suo primo proprietario nell’estate del 1973, un imprenditore lombardo del settore alimentare che pare aver sostituito immediatamente il rivestimento interno in pelle nera con il velluto blu attualmente presente. Le caratteristiche tecniche sono presto dette: motore Ford Cleveland V8 tipo 351 4C da 325 cv, trasmissione automatica Ford C6 a tre rapporti, servosterzo, aria condizionata, impianto frenante sicuro e potente con quattro dischi auto ventilanti, una novità assoluta nel panorama della produzione di serie.
A dispetto della mole e del peso (1600 kg la prima e 1800 kg la seconda), entrambe sul misto veloce hanno un comportamento sportivo in cui la Deauville fa emergere distintamente la sua attitudine corsaiola più spiccata e agevolata dalle dimensioni più ridotte e dal peso inferiore. Il cambio manuale della Fidia tuttavia consente di sfruttare meglio il motore, potendo “tirare” le marce fino a far cantare il potente V8. Il Ford 351C ha una coppia da rimorchiatore e non esistono situazioni in cui si senta impacciato, aiutato anche dal generoso convertitore di coppia per prestazioni sempre adeguate alle aspettative e sconosciute alle altre berline dell’epoca.
Acquisita un po’ di dimestichezza con i due incrociatori, ogni rettilineo di poche centinaia di metri è sufficiente per raggiungere velocità fuori codice a testimonianza della costante riserva di potenza che i due V8 americani conservano in ogni situazione. Anche alle alte velocità il comfort interno è eccezionale. Nella Fidia, l’assenza di fruscii e i generosi rivestimenti in Connolly in ogni più remoto angolo della vettura ovattano l’esperienza di guida. Il motore a regimi di crociera è quasi impercettibile, a 2000 giri si fanno i 100, cionondimeno è sempre pronto a togliersi l’abito da sera e a scatenarsi alla minima richiesta. La Deauville, complice il cambio automatico, è sempre pronta a scalpitare per far vedere che i muscoli ci sono ancora e la Pantera – la cui tenuta di strada per Tjaarda era addirittura inferiore alla nostra berlina – farebbe bene a non fare troppo la splendida.
Entrambe incarnano uno stile produttivo teso ad avvantaggiarsi di quanto di meglio fosse disponibile sul mercato. La componentistica è nota, i motori sono i potenti e affidabili V8 di casa Ford e Chevrolet. In entrambi i casi il ponte posteriore segue lo schema De Dion per limitare le masse non sospese e garantire quindi un comportamento stradale preciso e prevedibile. Il telaio della Fidia è una evoluzione di quello progettato in Iso per la GT 3400/340 da Pierluigi Raggi con la supervisione e messa a punto di Giotto Bizzarrini. Il progettista della Ferrari 250 GTO, insieme con l’allora capo dell’Ufficio Tecnico Iso, optano per una soluzione di tipo scatolato, avveniristica e robusta considerando che i più grandi costruttori di auto sportive di allora utilizzavano ancora i modelli tubolari. Bizzarrini dimensionò e adattò lo schema delle sospensioni alle necessità di una vettura che doveva garantire prestazioni da supercar, tenuta di strada impeccabile, comfort da grande berlina. Pierluigi Raggi era solito raccontare un aneddoto che dice molto del talento dell’ingegnere di Livorno. Durante uno dei test di prova della GT300/340 Bizzarrini, dopo un lungo tratto in montagna, avvertì uno strano comportamento della vettura, decise quindi insieme a Raggi di rientrare a Bresso e mettere la macchina sul ponte. Ad un’ispezione attenta rilevò una crepa dello spessore di un capello lungo il ponte posteriore. Decise immediatamente di rivedere i dimensionamenti, verificare i processi produttivi dei componenti per evitare conseguenze potenzialmente catastrofiche.
Al telaio della Deauville lavora un giovane Dallara progettista alla De Tomaso già da qualche tempo. Concepisce un telaio in lamiera scatolata per molti aspetti simile alla soluzione messa a punto dalla Iso Rivolta. Anche alla De Tomaso optano per un ponte posteriore tipo De Dion, di derivazione Jaguar anche se i dimensionamenti non sono sempre idonei al peso della vettura. La Deauville è la prima macchina di serie in Italia a montare tutti e quattro i dischi freno auto ventilanti a testimonianza della tradizione agonistica della casa modenese e della costante tensione di Alejandro verso una produzione che lo distinguesse dagli altri competitor. Il figlio Santiago in una recente intervista ha raccontato di quando in viaggio verso Roma alla guida della Deauville della madre insieme a un dirigente Ford, venne sorpassato da una BMW Serie 7 che procedeva ad alta velocità. L’americano indicò a Santiago la BMW e disse che quella doveva essere l’obiettivo da superare. Santiago senza farselo ripetere due volte, raggiunse e superò la BMW senza affaticare più di tanto l’ammiraglia di casa e la BMW si perse tra le nebbie.
Entrambe sono costruite dalla Ghia, la qualità costruttiva della carrozzeria è di assoluto pregio, i pannelli sono perfettamente allineati e le porte chiudono con precisione millimetrica anche dopo quasi cinquant’anni. Le finiture interne sono da automobili top di gamma ed in entrambe si respira l’esecuzione a mano di ogni dettaglio, nella Fidia i pellami Connolly forniti dalla Franzi di Milano sono ancora oggi ambasciatori della più ammaliante bellezza Made in Italy. La signora Lele Rivolta era solita scegliere personalmente i colori dei pellami da abbinare alle tinte della carrozzeria. È probabile che anche in questo caso ci sia stato il suo tocco.
Quest’anno si celebra il 50° dalla presentazione della S4/Fidia: cinque decenni sono passati su queste linee, accarezzandole e guardandole con inaspettata benevolenza a giudicare dall’attualità che ancora oggi conservano. È possibile affermare che Giugiaro disegnando la Fidia, ispirandosi all’idea e la visione di automobile a quattro porte propria di Piero Rivolta, anticipi il concetto dei four-door coupe concependo un’automobile che non è mai appartenuta al suo tempo ma a quello ben più esclusivo delle timeless cars. Non a caso l’altra scelta è caduta sulla Deauville. Tom Tjaarda ha tratteggiato una linea pulita, armonica così lontana dalle berline anni ‘70. La Deauville è un altro esempio di una vettura che non è figlia del suo tempo – questo forse può spiegarne lo scarso successo – e ha attraversato, invariata, due decenni senza mai avvertire la pesantezza o la stanchezza degli anni che passavano. La Monteverdi 375/4 High Speed è marchiata anni 70 a ferro e fuoco così come la Maserati Quattroporte 2, la Mercedes 300 SEL, etc ma gli esempi possono essere molti di più. La Fidia e la Deauville sono disegnate per non invecchiare mai, per continuare a raccontare a tutti gli anni meravigliosi in cui in Italia, in un piccolo paese dell’hinterland milanese e a Modena, due imprenditori hanno avuto l’ambizione di fare qualcosa di talmente nuovo e d’avanguardia che ancora oggi non è stato compiutamente compreso.