Aston Martin DBS Superleggera | Test Drive
La osservo, la studio, cerco di scovare ogni singolo segreto di quel suo abito che avvolge un capolavoro meccanico di incredibili capacità nell’unire un punto e un altro di una cartina geografica chiamata mondo.
Testo di Alessandro Marrone / Foto di Gian Romero
Abbiamo letto di esorcismi di ogni tipo e la nostra innata curiosità ci ha portato a cercare qualche prova nei più sperduti angoli del web, cercando di renderci realmente conto se le possessioni demoniache siano in agguato nell’ombra in fondo alla stanza, pronte per saltarci addosso ed entrarci dentro, trasformando una persona qualsiasi in un demone in preda alla più ancestrale follia. Una tra le migliori trasposizioni cinematografiche è la pellicola “L’Esorcista” del 1973 che resiste diabolicamente al passare dei decenni, grazie a quel suo immortale spaccato di estrema drammaticità, nel nostro caso ribaltato su un’apparentemente sorniona gran turismo. Se siete amanti dell’horror e delle emozioni forti, sapete di cosa parlo, quindi preparate il vostro indomito animo perché la DBS Superleggera è un’auto indemoniata e non ci saranno esorcismi, acqua benedetta o crocefissi in grado di placare la sua brama di lacerare l’asfalto sotto di essa, ammaliandovi con il dolce ma vigoroso canto del suo motore e quelle sue forme talmente perfette che si stenta a credere che siano opera di questo mondo.
IL PRINCIPIO
Il mattino del gran giorno è arrivato e nel giro di poche ore avrò finalmente a mia disposizione una delle massime esponenti di quel mondo in cui guidare non rappresenta un semplice spostamento, ma un vero e proprio stile di vita. Le chiamano gran turismo e racchiudono in sé l’intero globo pronto per essere attraversato e scoperto lungo le strade più panoramiche e ricche di curve a tal punto da indurti a percorrerle più volte, cercando di saziare quella fame sensoriale che un chilometro dopo l’altro viene inesorabilmente accentuata. La DBS Superleggera è la massima evoluzione della formula Aston Martin e basata sulla straordinaria DB11 (provata lo scorso anno, dimostrando il notevole balzo in avanti rispetto alla uscente DB9), con la quale condivide più di quanto si possa immaginare semplicemente osservandole una accanto all’altra. La forza della DBS non è soltanto estetica e meccanica – di questo ne parleremo tra qualche riga – ma spirituale. E’ in grado di pungerti nel vivo e tirarti a lei con delle linee che seppure non stravolgano il concetto originale di gran turismo, fondono in maniera quasi ultraterrena la bellezza di una lussuosa ed elegante sportiva con un interminabile cofano motore che ospita un V12 da 5.2 cc e i suoi straripanti 725 cavalli, con le sinuose linee di un’icona che resisterà al passare degli anni grazie all’indomito coraggio sprigionato da un aspetto minaccioso, fiero e sempre pronto a esser scatenato sulla tanto attesa strada giusta.
Potete quindi immaginare che abbia atteso la telefonata del trasportatore con estrema impazienza e come se la mattina di Natale fosse arrivata dieci giorni in anticipo, ecco che il cellulare squilla. Numero sconosciuto, meglio non illudersi, potrebbero essere i soliti e fastidiosi call center. Rispondo e dall’altra parte inizia a uscire una voce mai sentita prima, il suo inglese è aspro e tinto dal più tipico accento tedesco, ma capisco molto bene che la DBS Superleggera è arrivata e pronta per essere scaricata dal camion. Nonostante faccia questo mestiere da qualche anno, non si è mai pronti per momenti del genere e poter rivivere certe emozioni ogni volta che cominci a intravedere la sagoma di un’auto simile, pronta per finire nelle tue mani, il battito accelera e dimentichi tutte le idee che ti erano venute in mente riguardo un possibile video in diretta Instagram o qualche foto del primissimo contatto con questo diavolo rosso. Una volta firmati tutti i documenti necessari alla prova che state leggendo, la osservo accostata a bordo strada. Spicca come il frutto proibito nel giardino dell’Eden, sedendo sopra enormi cerchi neri da 21 pollici quasi avvolti nei passaruota, con uno spazio ridotto al minimo e che a un primo sguardo potrebbe far nutrire qualche dubbio riguardo le sue doti da gran turismo. Non riesco a godermi l’intimità che vorrei trascorrere in questo primissimo momento, troppe persone si stanno fermando e mi tempestano di domande, distraendo i miei occhi concentrati a scorrere su ogni millimetro di una carrozzeria intrisa di dettagli e appendici aerodinamiche che confermano quanto sia incredibilmente speciale, anche nei confronti della sorellastra di riferimento DB11.
Entro in abitacolo e chiudo la portiera che come consuetudine si apre inclinandosi leggermente verso l’alto. Nella tanto agognata solitudine dell’abitacolo riconosco un ambiente familiare e quasi identico a quello della DB11, con le numerose impunture rosse e i dettagli di carbonio che impreziosiscono il tunnel centrale e i pannelli delle portiere. Dietro ci sono due piccoli posti che rendono la DBS una 2+2, ma sapete benissimo che nessun adulto potrà sistemarsi in quel poco spazio rimasto una volta regolati i sedili anteriori. Mi dirigo subito in un luogo appartato, lontano da occhi indiscreti, dove soltanto io potrò avidamente godere della assurda bellezza della DBS, almeno per il momento.
FISSANDO GLI OCCHI DELLA BESTIA
Come accennato poco fa, la DBS Superleggera è l’evoluzione sensoriale della DB11. La piattaforma è la stessa, il V12 anche, ma con le opportune modifiche eroga 725 cavalli – c’è di più. Il propulsore biturbo non si limita soltanto ad avere una spaventosa coppia pari a 900 Nm e disponibili tra i 1.800 e i 5.000 giri, ma oltre che essere incredibilmente reattivo, spinge e ulula sino a 7.000 giri. E’ come avere in contemporanea gli aspetti positivi di un motore turbocompresso e di uno aspirato. Il rovescio della medaglia è che sarà necessaria una buona dose di sale in zucca, perché il cambio ZF a 8 rapporti dispensa tale potenza sul solo asse posteriore, il che si traduce nella possibilità di sovrasterzare dal viale di casa, sino alla vostra presunta destinazione. In questo caso, muovendo 1.985 kg di peso, definire la DBS come la drift car ideale sarebbe follia pura, ma sappiate che una volta trascorse alcune ore al volante, né le dimensioni del corpo vettura, né la consapevolezza di avere una centrale nucleare sotto all’interminabile cofano motore rappresenteranno uno spauracchio pronto a infastidire l’esperienza di guida. Infatti, muovendosi con un piede destro gentile e in modalità GT (ovvero Comfort), la DBS dimostra essere in grado di farvi spostare da un luogo a un altro senza necessariamente violentare le gomme e dire addio alla patente di guida. Lo si deve in parte all’ottima seduta, la quale fa godere il guidatore di una perfetta visibilità tutta attorno – in fase di parcheggio si fa più complicata – ma anche alla connessione che si percepisce ad ogni input che viene trasmesso sul volante.
Certo la DBS è un’auto dalle dimensioni più che generose, è l’emblema dell’esagerazione meccanica e ingegneristica traslato sulle forme di un’opera d’arte che vedrei a suo agio esposta al Guggenheim di New York, così da custodire tanta bellezza e mostrarla alle prossime generazioni quale patrimonio dei nostri tempi. Superleggera di nome, ma non di fatto, perché portarsi appresso un V12 di tali dimensioni lo si paga alla prova della bilancia. In realtà, Superleggera sta per l’evoluzione finale del design figlio di una illustre collaborazione con la carrozzeria torinese Touring Superleggera, effige che quest’Aston mette in mostra sul cofano motore, proprio come ai vecchi tempi. Ma descrivere la DBS per la sua bellezza o le sue prestazioni balistiche sarebbe ingiusto e inutile, anche perché ognuno può farsene un’idea osservando le foto e scoprendo che impieghi appena 3,4 secondi per scattare da 0 a 100 km/h, 10,9 per raggiungere i 200 km/h e poi continui indisturbata sino a sfiorare i 340 orari. La Superleggera ti entra dentro e come un demone sotto la pelle respira e si muove con te, offrendo in dono la capacità di provare emozioni prima sconosciute.
IL GIRONE DEI LUSSURIOSI
Dopo svariate ore alla guida e un numero imprecisato di soste alla pompa dei 100 ottani, credo di aver attraversato ogni girone infernale e di aver guadagnato un posto speciale in quello dei lussuriosi. Vengo sorpreso ogni volta che sfrutto il più possibile la modalità Sport+ (sulla DBS non esiste la modalità Track) e il mio corpo è letteralmente schiantato contro il sedile. In quell’attimo che sembra trascorrere molto più lentamente di quanto in realtà sia, stringo più che posso le mani attorno alla corona del volante e mentre il muso con quella sua gigantesca bocca divora strada, aria, insetti e tutto ciò che le si para invano davanti, resto scioccato dalla spinta e dall’altrettanto vigorosa progressione a cui sono sottoposto. Le marce sono sparate una dopo l’altra seguendo la disarmante ascesa dell’ago del contagiri verso la linea rossa ed un assordante rumore viene rilasciato dai due terminali di scarico a doppia uscita, gli stessi che al minimo borbottano come il ruggente russare di una creatura ciclopica e che dai 5.000 giri in su riempiono l’aria con un latrato bestiale.
Dimenticando per un attimo ogni più remoto bisogno di comfort insito nelle parole gran turismo, la DBS è una bestia lasciata allo sbaraglio e con una furia incontenibile avanza lungo le deserte e solitarie strade di montagna che ho scelto come campo di battaglia definitivo. Infatti, nonostante l’incredibile potenza offerta dal V12 biturbo – difficilmente sfruttabile appieno su strada – ciò che è in grado di sorprendere è proprio l’agilità con la quale si muove tra le curve, con cambi di direzione indotti anche in maniera più vigorosa del solito e un corpo vettura che resta premuto a terra, con il posteriore che ti avvisa un attimo prima di allargare e lasciare che i mastodontici pneumatici posteriori lascino la loro firma simmetrica sull’asfalto. Il fatto di avere ancora la testa attaccata al collo mi ricorda di essere al volante di una GT da quasi 300.000€ che anche con il controllo trazione inibito svolge un enorme sforzo meccanico al fine di tenermi lontano da guai seri.
Per quanto possa sembrare assurdo, diminuire l’andatura e abbassare il finestrino così da far entrare qualche decibel extra proveniente dallo scarico è un modo altrettanto eccitante di macinare chilometri. E’ come guardare un quadro che da un lato raffigura i cancelli del Paradiso e dall’altro l’Apocalisse. Scegliere quale raffigurazione guardare sta nelle mani del guidatore, ma sai che una volta che il demone ti è entrato dentro, non c’è modo né voglia di scacciarlo. Con le dovute riverenze, riesci ad acquisire una confidenza che con una cavalleria di questo tipo non avresti pensato fosse possibile ed è proprio in quel momento che capisci che non è soltanto il caso di rallentare, ma di fermarsi e riflettere su cosa si abbia veramente di fronte.
Scendendo dall’auto colgo ancora una volta l’occasione per abbuffare i miei occhi della sinuosità delle linee, del contrasto tra il rosso della carrozzeria e il nero del tettuccio e dei dettagli aerodinamici come le bellissime branchie a ridosso dei passaruota anteriori. Con il motore spento e un caldo sole che sfalsa la profonda cromia di un rosso mai timido nell’attirare gli sguardi incuriositi di chi non riesce a capire di che auto si tratti, mi godo un momento di intimità con questa divinità automobilistica. La osservo, la studio, cerco di scovare ogni singolo segreto di quel suo abito che avvolge un capolavoro meccanico di incredibili capacità nell’unire un punto e un altro di una cartina geografica chiamata mondo. Con la DBS si possono macinare centinaia di chilometri senza il minimo segno di affaticamento, si possono attaccare strade di montagna senza rimpiangere massa e dimensioni ben più che generose, si possono realizzare i più remoti sogni di un appassionato cavalcando la drammaticità e la frenesia di un V12 che divora tutto ciò che gli sta attorno, pur facendovi sentire il protagonista della situazione.
La DBS Superleggera, a discapito di quanto si potrebbe ipotizzare, non incute terrore in chi guida, a patto che si abbia abbastanza fegato da mettersi a nudo e lasciare che sia lei a dettare i tempi, almeno in un primo momento. Una volta entrati in confidenza è come se alleggerisse la presa attorno alla tua mano e pian piano lascia che sia tu a governare il vascello, pronto per quello che potrà essere un lungo viaggio alla scoperta di strade fantastiche, pronte per essere conquistate in nome della gloria di un’automobile che trascende il tempo e lo spazio, diventando non solo il tramite per il raggiungimento di emozioni e sensazioni così forti, ma ricoprendo il ruolo di emozione stessa. Forse per la sua bellezza, il suo ruggito o quella spaventosa grazia con la quale muove i corpi a bordo da un paese a un altro, ma la Superleggera incarna l’essenza di un piacere di guidare inesauribile che la consacra come la gran turismo definitiva, rappresenta la più ragionata e folle alternativa alle più tradizionali supercar con motore centrale e quell’immagine da supereroe. La DBS Superleggera è un’entità che una volta insinuatasi sotto la pelle, non potrà essere esorcizzata in alcun modo ed è proprio il finale alternativo di un film che non vedo l’ora di rivivere al più presto.
ASTON MARTIN DBS SUPERLEGGERA
Layout – Motore anteriore, trazione posteriore
Motore – V12 cilindri 5.204cc – twin-turbo
Trasmissione – cambio automatico a 8 rapporti
Potenza – 725 cv @ 6.500 rpm
900 Nm @ 1.800-5.000 rpm
Peso – 1.985 kg
Accelerazione – 3,4 sec.
Velocità massima – 340 km/h
Prezzo – da € 284.528