Il sound del motore si fa più corposo e non nasconde quel fetente incitamento nel tenere giù, scoprendo che a discapito dei quasi 1.800 kg di peso, la GT è anche molto agile tra le curve.
Testo di Alessandro Marrone / Foto di S. Lomax
Non credete a quelli che vi dicono che le cose vadano sempre secondo i piani. E’ matematicamente impossibile. Dopo anni d’esperienza nel pianificare road trip di qualsiasi tipo pensavo di essermi ficcato questa inequivocabile regola nella testa e invece sono fermo da oltre un quarto d’ora, con il V8 che borbotta quasi come se mi stesse ammonendo di avergli promesso l’esatto opposto di quanto stiamo passando lungo la stretta salita verso il Col d’Allos. La nostra prima tappa – anzi la seconda perché la prima è stata necessariamente quella di una pompa 100 ottani – sarebbe dovuta essere la vetta di un passo di quelli considerati secondari, una strada più stretta rispetto alle altre e per questo motivo meno battuta, nonostante il fatto di arrampicarci a fine stagione consenta di non dover affrontare slalom tra ciclisti e camperisti che invece tempestano questi luoghi durante l’estate. Nel cielo splende un sole infuocato, di quelli che non oseresti immaginare nemmeno nei più ottimistici pronostici, neanche una nuvola all’orizzonte e lo sguardo che rimbalza tra gli operai al lavoro di fronte a me e lo specchietto retrovisore, con la massima attenzione nell’evitare di interpretare l’inferocito labiale dei colleghi sulla vettura di supporto.
Finalmente, dopo averli involontariamente costretti a spostare un camion per la terra, due macchinari e aver interrotto i lavori di rifacimento sulla stretta strada che ci avrebbe dovuto portare al Col d’Allos, infilo l’enorme muso della GranTurismo tra i paletti che delimitano il precipizio alla nostra destra e la struttura arrugginita di un cingolato che sarebbe in grado di ridurci in poltiglia, ancor prima di fare colazione. Come se non bastasse, gli occhi di tutti sono a fissarmi in un misto di impazienza per poter riprendere le proprie e serie faccende, mentre probabilmente vengo visto come il classico pagliaccio che non sa come impegnare la mattinata. Con la massima cautela, supero il cantiere e percorro qualche chilometro utile a scacciare via quel pizzico di stress che è impossibile non accumulare quando sembra che la tabella di marcia già di per sé zeppa di attività possa essere stravolta ancor prima di cominciare. Nemmeno l’ombra di un’auto nella direzione opposta, sembra la giornata perfetta per lo shooting definitivo, ma come dicevo, non è mai come sembra. Un addetto spunta dal nulla, si accosta e mi spiega gentilmente che non è consigliabile proseguire oltre – al di là del fatto che in realtà la strada fosse pure chiusa – meglio far marcia indietro. Senza grosse difficoltà approfitto di uno slargo e abbandono ogni speranza di proseguire verso il Col d’Allos e la bella Colmars, facendo capolino di fronte agli sguardi stupiti degli operai che avevano a malapena avuto il tempo di rimettersi all’opera.
Doverose le scuse, ma stavolta l’attesa si protrae a tal punto che sono costretto a spegnere il V8 della GranTurismo Sport. Il walkie-talkie sembra impazzito e imputandomi la responsabilità della scelta delle location odierne, sopporto una buona mezz’ora di improperi. Come prima, via un camion, via i due macchinari e anche il cingolato che ad ogni movimento sembra dare vita ai fuochi di capodanno. Abbasso il finestrino e chiedo scusa e nonostante mi aspettassi qualche insulto extra mi sento chiedere di dare gas. Sposto la leva del cambio in N e affondo il piede destro sull’acceleratore. Giusto l’attimo di far lentamente scendere di giri il motore e una vera e propria hola dei presenti sembra abbastanza per far perdonare i miei due passaggi nel giro di pochi minuti. Prometto che non tornerò indietro, almeno per oggi. Tempo di aggiornare il navigatore e puntare direttamente verso il tetto d’Europa, là dove osano le aquile.
La strada che da qui ci divide a Jausiers non è molta, ma abbastanza per riordinare le idee, permettere al fotografo di appuntarsi un paio di cose sulla tabella di marcia e utilizzare la Maserati per quello che realmente è stata concepita. La GranTurismo è ormai giunta alla fine del suo ciclo di vita, un incredibile viaggio cominciato nel 2007 e che l’ha vista subire piccoli aggiornamenti culminati in questa ultima evoluzione, più affilata e squadrata nel design, ma pur sempre il massimo in termini di quel sano appetito d’asfalto. L’auto ideale per identificare il proprio nome, elegante, generosa nelle dimensioni, rumorosa e maledettamente coinvolgente, la GranTurismo è sempre stata capace di attirare gli sguardi con discrezione, ammiccando e risvegliando in noi quel primordiale bisogno di creare qualcosa di speciale, partire e raggiungere la destinazione desiderata elevando ciò che sta in mezzo, un viaggio che canta la melodia di un V8 aspirato tra gli ultimi della sua specie, finalmente accoppiato a un cambio automatico più reattivo rispetto a prima e che ti prende per mano con gentilezza, per poi stringerti nell’abbraccio di una frenetica e ruvida corsa sino alla soglia dei 7.000 giri.
Questa è la GranTurismo Sport, nonché il canto del cigno di un modello che dopo quasi quindici anni dalla sua nascita, non ha visto diminuire il suo fascino, neppure di fronte a una spietata concorrenza spinta da turbocompressori ed elettronica di ogni tipo. Lo percepisci dai piccoli dettagli, come anche da quelle linee che sembrano fluire tutte verso l’enorme bocca anteriore, che in mezzo ai suoi profili verticali neri racchiudono l’anima di ogni Maserati: il Tridente. Con la classe di una vettura d’altri tempi ma accompagnata dal costante ruggito di un motore che sprigiona cattiveria sin dalla più impercettibile pressione sul pedale del gas, la GranTurismo mette a terra i suoi 460 cavalli e 520 Nm di coppia, affidandosi a una meccanica tradizionale e per questo in grado di comunicare con il guidatore come ormai non siamo più abituati. Non posso fare a meno di abbuffarmi di tutti i decibel prodotti da quel 4.7 là davanti e quindi premo il tasto Sport, notando come i feedback alla guida diventino davvero più votati a una guida sportiva. Il sound del motore si fa più corposo e non nasconde quel fetente incitamento nel tenere giù, scoprendo che a discapito dei quasi 1.800 kg di peso, la GT è anche molto agile tra le curve.
“Ci vediamo più avanti” – dico rapidamente agli altri prima di riporre il walkie-talkie addosso a Steve (Lomax, il fotografo nonché mio passeggero, ndr). L’attimo dopo sono ormai immerso nella tortuosa strada che porta in direzione del Col du Restefonde, uno dei tratti alpini più panoramici che possiate affrontare con qualsiasi tipo di mezzo, a motore e non. La salita da questo versante offre uno scenario diametralmente opposto rispetto a quando l’affronti venendo da Sud. La vegetazione attorno prende il suo tempo, prima di cominciare a mutare e lasciar spazio alla maestosità delle distese ormai ingiallite dall’autunno, le quali mettono a nudo la conformazione rocciosa di una gigantesca conca nella quale il nostro proiettile rosso ingoia curve e tornanti come una piccola pallina da flipper impazzita. La frenetica corsa nel cuore del passo solitario viene acutizzata da una colonna sonora da Oscar, un boato commovente che sancisce il V8 Maserati come uno dei rumori più belli che l’udito umano possa mai sentire, un patrimonio universale che dovrebbe essere custodito e tramandato ai posteri, soprattutto a chi vuole capire cosa significhi davvero avere la pelle d’oca.
L’impianto frenante è potente, lo sterzo è preciso, ma ciò che continua a stupirmi è l’effetto tira e molla che riesco a imprimere sulla nostra andatura, arrivando a ridosso dei tornanti e pestando sul freno quanto basta, prima di mettere tutto il mio peso sull’acceleratore e farmi stringere sui bellissimi sedili sportivi, già pronto a ripetere le stesse azioni ancora e ancora. E’ però nei curvoni più veloci che la GranTurismo da il meglio di sé, quasi appiattendosi al suolo e non facendo percepire la reale velocità con cui ci si sia gettati alla ricerca del punto di corda. Lo scarico sbraita, la paletta al volante innesca la marcia successiva soltanto quando si pizzica la linea rossa e ti rendi conti di quanto sia bello osservare il mondo al comando dell’immenso cofano motore che ingurgita chilometri di curve sino alla Cime de la Bonette. Una volta accostati al monolite per alcuni scatti da bava alla bocca, sono talmente carico di adrenalina da arrampicarmi – questa volta a piedi – sino alla rosa dei venti situata a circa una decina di minuti di camminata su per uno stretto sentiero. Avrò pure la resistenza e il fiato di un novantenne, ma la vista è qualcosa di impagabile. Le montagne ci circondano tutt’attorno e l’occhio riesce a malapena a distinguere dove ne finisca una e dove ne cominci un’altra. Sparse qua e là, delle sottili strisce d’asfalto, l’unico e timido segno che l’uomo sia riuscito ad arrivare anche in zone così remote, ma fortunatamente abbia mantenuto la discrezione che si conviene di fronte all’incredibile e impareggiabile spettacolo creato dalla natura.
La Cime de la Bonette non è altro che un ingegnoso modo per raggiungere i 2.802 metri di altezza, aggiudicandosi così il primato di strada asfaltata più alta d’Europa. La totale solitudine del passo è uno degli ingredienti che contribuisce a rendere ancora più magica l’atmosfera odierna e così dopo aver caricato tutta l’attrezzatura in auto è il momento di lasciare su questo terreno sacro ad ogni appassionato che si rispetti, un piccolo autografo con qualche millimetro di battistrada. Nonostante il controllo trazione non sia mai eccessivamente invasivo, tirare per il collo la GranTurismo affidandosi soltanto alle proprie capacità su una strada di questo tipo non è affatto facile, ecco perché mi hanno lasciato solo stavolta. Il posteriore da un giusto preavviso prima di allargare, ma il peso dell’anteriore va gestito con una perfetta sintonia tra i movimenti, altrimenti finire per puntare il muso verso la direzione opposta a quella desiderata è uno degli scenari possibile – dell’altro non parliamone neanche. Ci vuole un break, un rapido pranzo al sacco, alla faccia di tutti quelli che pensano che fare questo lavoro sia soltanto hotel 5 stelle e ristoranti da Guida Michelin.
Ogni volta che metto piede fuori è sempre la stessa storia, non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Con quel suo abito rosso è poi capace di fondersi alla perfezione in mezzo a quella miriade di gradazioni di giallo e arancione di ciò che ci sta attorno. Nel frattempo si è levata una fresca brezza che convince alcuni dei colleghi a preferire l’abitacolo della seconda auto, mentre io approfitto per godermi lo spettacolo creato da secoli di erosione e agenti atmosferici, con montagne che sembrano scavate da esseri superiori e che nel corso dei decenni hanno prima ospitato e poi assalito strutture in tempi di guerra destinate a fortini e caserme. Attorno c’è ora uno straordinario silenzio, straordinario nel senso che stento quasi a realizzare come non sia possibile udire alcun tipo di rumore, escluso quello del vento. Più mi avvicino all’auto, più distinguo il ticchettio dello scarico, mentre il calore che esce dalle narici poste alla base del vano motore, è come il respiro di un fedele destriero che si gode un meritato momento di riposo, appena prima che venga nuovamente lanciato in battaglia. Ne approfitto per quelle cose superflue a quegli esseri semplici come noi appassionati della guida. Per esempio, i due posti dietro sono abbastanza sfruttabili, anche se avete più di 8 anni, il bagagliaio è profondo e pronto a ospitare i bagagli utili per le vacanze, mentre l’abitacolo, seppure aggiornato, resta ancorato ad un gusto più tradizionale, tripudio di Alcantara e cuciture a vista.
La messa in moto ancora a chiave, ma c’è un display touch da 8,4 pollici che funziona meglio rispetto a prima e che vanta un ottimo navigatore satellitare, nonostante alcune funzionalità siano superflue o in alcuni casi un po’ contorte da raggiungere. I comandi del clima sono obsoleti, mentre il cambio automatico a 6 rapporti può intervenire sulle cambiate in autonomia, oppure consentire al guidatore di gestirle tramite la leva stessa o con gli ampi paddle fissati al piantone del volante. Il problema con quest’auto è sempre il viaggio di ritorno, ma la colpa non è sua. E’ che ti rendi conto che tutto stia volgendo al termine e allora devi accantonare la malinconia preventiva e goderti i chilometri che restano prima di entrare in garage, a casa. Come un rituale selvaggio, premi il tasto Sport, sposti la leva in modalità manuale e dimentichi le buone maniere, intanto il V8 è sempre lì. Pronto nell’erogazione e con una progressione anni luce superiore alla sua prima incarnazione del 2007, è anche grazie ai 520 Nm di coppia che la GranTurismo Sport offre prestazioni da vera sportiva. Impiega infatti 4,8 secondi per scattare sino a 100 orari e raggiunge i 299 km/h senza alcuno sforzo. In mezzo a questi straordinari numeri, la capacità di attraversare i continenti nel più totale relax, oppure di schiaffeggiare tornanti con un cambio finalmente adatto al fantascientifico splendore di questa GT.
Come tutte le grandi auto non scopre subito le sue qualità migliori. La conosci poco a poco, con la dovuta discrezione e man mano che trascorri tempo con lei, cominci a chiederti se in futuro avrai mai la fortuna di incontrare un’altra come lei (spoiler alert, la risposta è no). In un mondo dove tutto è ormai votato alla semplificazione, la GranTurismo Sport ti catapulta in un’esperienza di guida dove devi prima di tutto dimostrare di essere in grado di avere il fegato di tenere giù sino a 7.000 giri – altrimenti godi solo a metà. Entrare in confidenza con lei richiede la stessa delicatezza che si conviene ad una donna matura, ma quando lo meriterai, sarai ripagato con i fuochi d’artificio. La Maserati GranTurismo è un’auto d’altri tempi, uno strumento di piacere destinato a restare eterno e assumere un’importanza maggiore con il passare degli anni. E’ il custode di un’era in cui per divertirsi alla guida saresti dovuto scendere al compromesso di prenderti qualche rischio di troppo, ma senza doverti nemmeno cambiare d’abito, avresti potuto raggiungere il locale più chic della città e calamitare l’attenzione sul Tridente là davanti. Sarà quasi sicuramente il canto del cigno di questo glorioso 8 cilindri aspirato, la melodia più bella e malinconica che descrive sensorialmente la vera essenza del suo stesso nome, GranTurismo. Auto come queste conoscono soltanto una direzione e la percorrono lungo un viaggio eterno.
MASERATI GRANTURISMO SPORT
Layout – Motore anteriore, trazione posteriore
Motore – V8 cilindri 4.691cc
Trasmissione – cambio automatico a 6 rapporti
Potenza – 460 cv @ 7.000 rpm
520 Nm @ 4.750 rpm
Peso – 1.780 kg
Accelerazione – 4,8 sec.
Velocità massima – 299 km/h
Prezzo – da € 130.892