Il Museo Storico È Dove Alfa Romeo Custodisce La Propria Leggenda | Storie
Alfa Romeo si appresta a celebrare il 110° anniversario e il Museo Storico è il luogo ideale nel quale ripercorrere il mito del Biscione di Arese.
Testo di Alessandro Marrone / Foto di Gian Romero
Tutto ebbe ufficialmente inizio a Milano nel lontano 24 giugno del 1910, dopo che si presero le distanze dalla Società Italiana Automobili Darracq, azienda che dal 1906 sino ad allora produceva su licenza modelli della casa madre francese. Da questo momento divenne semplicemente A.L.F.A (anonima lombarda fabbrica automobili). Il suffisso “Romeo” fu poi aggiunto con l’acquisizione da parte dell’imprenditore Nicola Romeo, che nel 1918 decise appunto di rendere più personale l’incredibile impresa nella quale si era gettato. Un’avventura nient’affatto semplice, ma anzi caratterizzata dalle molteplici difficoltà che avrebbero colpito un’azienda di questo tipo e ancora agli inizi, che dopo aver presentato il modello 24 HP, dovette far fronte al primo conflitto mondiale. Questa situazione portò inevitabilmente a un momento di crisi, uno dei tanti nella storia della casa automobilistica.
Ma se sono proprio le difficoltà a forgiare la grandiosità di un’impresa, il Biscione non si arrese e tornò ben presto a dire la sua grazie all’entrata in scena della figura chiave di Nicola Romeo. A questo punto l’azienda riuscì a far fronte alla produzione di veicoli bellici e una volta terminata la prima guerra mondiale, poterono dedicarsi nuovamente alle automobili con la 20-30 HP. La carenza di una rete vendita adeguata e i debiti crescenti rappresentarono però un altro duro colpo che portò lo Stato Italiano ad assumere la gestione della casa automobilistica, concentrandosi unicamente sul mondo delle competizioni. Fu proprio nel 1925 che l’Alfa Romeo P2 fu così la vettura a vantare la conquista del primo campionato del mondo automobilistico della storia. Si aprì una nuova prospettiva e ulteriori successi in ambito agonistico fecero in modo di attirare l’attenzione del mondo politico, con l’obiettivo di tenere in vita il marchio, nonostante le continue difficoltà economiche che stentavano ad essere allontanate in via definitiva. A ridosso della seconda guerra mondiale, Alfa Romeo stava producendo numerosi modelli che tutto il mondo invidiava per bellezza e prestigio, capolavori di eleganza assoluta che rappresentavano degnamente l’Italia nel mondo. Questa ritrovata posizione di eccellenza era inoltre sottolineata dai successi nel mondo delle corse. Tutti volevano guidare un’Alfa Romeo ed è proprio qui che la leggenda del cuore sportivo si stava consolidando, corsa dopo corsa.
Con la seconda guerra mondiale, la produzione di Alfa Romeo era ancora una volta prevalentemente indirizzata verso veicoli bellici ed a causa dei numerosi bombardamenti, una volta terminato il conflitto ci si trovava a dover ricominciare ancora da capo, inizialmente costretti ad una produzione estremamente limitata, situazione che venne definitivamente capovolta tra il 1946 e il 1950, grazie a Orazio Satta Puliga, che in collaborazione con Finmeccanica riuscì a introdurre la cosiddetta catena di montaggio. Questo significava una consistente riduzione dei costi, un aumento della produzione e di conseguenza dei profitti. La crescita esponenziale dei modelli che uscivano dai cancelli Alfa Romeo stava motorizzando l’Italia nell’immediato dopoguerra, approfittando del boom economico e di uno dei tanti modelli fondamentali del marchio, la Giulietta, simpaticamente soprannominata “la fidanzata d’Italia”.
Prestando sempre grande attenzione nel produrre vetture che mantenessero intatta sia l’eleganza che la sportività che aveva permesso all’Alfa Romeo di essere un punto di riferimento per tutti, i decenni successivi videro alternarsi modelli fortunati e modelli che contribuirono a rendere le Alfa indirizzate verso una clientela sempre più vasta, basti pensare che nel 1972, l’Alfasud fu la prima con la trazione sul solo asse anteriore. Gli anni ’80 e ’90 non sono soltanto un brutto ricordo per la musica o per come ci conciavamo i capelli, ma stavano soffocando Alfa Romeo a causa della mancanza di nuovi modelli, per non parlare di una sempre più agguerrita concorrenza. Nel 1986, dopo aver praticamente esaurito ogni soluzione alla sempre più profonda crisi, il gruppo FIAT acquisì l’Alfa e ben presto cercò di limitare i costi affiancando le piattaforme tra i rispettivi modelli, portando per la prima volta nella storia del marchio ad avere la trazione anteriore anche su berline medie. Nel corso degli anni seguenti arrivarono modelli maggiormente indirizzati verso una clientela meno interessata alle emozioni e più alla praticità, ma in occasione del centenario del 2010, sotto la dirigenza di Sergio Marchionne, i piani sono finalmente cambiati.
Abbiamo così accolto la nuova Giulietta, una compatta più attuale e all’altezza delle competitors, la sportiva 4C e la berlina Giulia, che segna peraltro il ritorno di una berlina media Alfa alla trazione posteriore. A ruota è stato il turno della Stelvio e delle strepitose motorizzazioni di derivazione Ferrari, le Quadrifoglio. Il mito Alfa Romeo è di nuovo in perfetta salute e rappresenta ancora una volta quell’inconfondibile orgoglio italiano fatto di emozione e passione, di desiderio di velocità e adrenalina, di bellezza e armonia delle forme. Nel mese di giugno ci si appresta a spegnere 110 candeline e tutte le vicissitudini (troppo) brevemente raccontate in questo nostro modesto tributo al marchio non rendono affatto l’idea di quanto sia straordinario avere ancora la possibilità di trepidare in attesa che vegano tolti i veli dai modelli che nei prossimi anni renderanno la gamma ancora più esaltante.
Ecco perché ci siamo recati ad Arese, presso il Museo Storico Alfa Romeo, il luogo ideale per rivivere questa fantastica storia degna di un avvincente romanzo, da ripercorrere modello dopo modello, un aneddoto dopo l’altro, assaporando quelle leggendarie imprese che hanno scritto pagine indelebili nel mondo del motorsport, ma anche lasciandosi stregare dalla bellezza di linee eterne, scolpite nell’immaginario e che riescono a eludere l’avanzare del tempo. Opere d’arte dipinte su metallo e gomma, come le avanguardistiche forme delle concept cars o quelle icone di stile che rappresentano i favolosi anni 50 e 60. Camminando in questo luogo ti senti di nuovo bambino, ripercorri attimi di un’infanzia mai dimenticata osservando quei modelli meno esotici, mentre torni a scoprire il significato del verbo sognare, quando resti impalato a divorare ogni millimetro della 33 Stradale. Una storia colma di colpi di scena, tanto da far impallidire il più ispirato romanziere thriller, un’eredità che va custodita e tramandata, un viaggio lungo la più bella ed emozionante strada che si possa percorrere. Non basterebbe un intero libro, figuriamoci un articolo, per cui perdonatemi se sono stato troppo sintetico, ma preferisco lasciarvi ammirare alcune tra le nostre fotografie, invitandovi a scoprire il museo in prima persona, poiché non troverete le stesse vetture nemmeno se doveste visitarlo dieci volte l’anno, grazie ai numerosi modelli che periodicamente vengono tirati fuori dal cosiddetto “backstage”, il tutto con l’intenzione di far conoscere il più possibile le mille storie di un marchio che nel corso dei suoi primi 110 anni ha dimostrato di essere così forte da superare ogni possibile avversità.