The Sound Of Excitement
di Marco Mancino
Non sono mai stato per le mezze misure. Adoro guidare su una strada di montagna, di quelle tutte curve, quanto lasciarmi cullare dalle onde, abbastanza al largo da non sentire gli schiamazzi dei bagnanti che in una giornata come questa di metà Agosto hanno letteralmente invaso la spiaggia. Due situazioni agli antipodi come acqua e asfalto che però si completano e riescono a cancellare lo stress e la noia creato da tutto ciò che vi è nel mezzo e mi riferisco alle ore passate bloccato nel traffico in città, oppure alla spasmodica ricerca di un parcheggio, o ancora a quei lunghi viaggi autostradali che nel corso degli ultimi mesi sono diventati uno dei più vergognosi aspetti del nostro paese. Se però il rumore delle onde che si scontrano delicatamente sulla prua della mia piccola barca (badate bene, è una piccola barca a motore, non ho ancora vinto nessuna lotteria!) è il mio modo per staccare la spina, al tempo stesso mi trovo lì a fantasticare su quanto sarei disposto a interrompere questo momento di meditazione e scambiarlo con il frastuono di un motore che spinge la lancetta del contagiri verso il limitatore.
Il suono più eccitante è quello di un V8 naturalmente aspirato e accoppiato ad un cambio manuale, dove essere l’indiscusso direttore d’orchestra che guida una frastornante marcia a suon di decibel. In questa mia visione non c’è spazio per unità ibride, tantomeno per turbocompressori o rapidissimi cambi doppia frizione. Esigo avere tutto sotto il mio totale controllo e governare una spedizione di cavalli vapore che si inerpica su una strada tortuosa come le budella, il modo ideale per ingranare marce basse, aumentare il volume e scatenare questo ensemble come se il mondo dovesse finire al termine della giornata. La stessa strada che sino a un attimo fa era immersa nel più totale silenzio, ormai definitivamente rotto da un boato che Dio solo sa quanto a lungo riecheggerà mentre prova in tutti i modi a perdersi nell’orizzonte, spinto da una nuova e ancor più violenta pedalata sull’acceleratore.
La quiete prima della tempesta non ha nemmeno più la forma di un ricordo e quel tremolio che ti pervade l’attimo prima di cominciare tutto questo e spazzare via i pensieri e lo stress accumulato è ormai scomparso, lasciandoti gustare da ogni poro quella combinazione di sensazioni e rumori alla quale non ti abituerai mai. Sono attimi da cui prendere il più possibile, che ti consentono una sosta per apprezzare il lavoro svolto da madre natura nel creare autentici angoli di paradiso in terra. E mentre con lo sguardo scruto ogni più piccolo dettaglio di quelle distese tutte attorno, di quelle montagne che sembrano chiuderci in un abbraccio fraterno, mi trovo a osservare quell’oggetto comunemente chiamato automobile, l’unico strumento (ma per altri può essere la propria moto o la propria bicicletta) di cui ho bisogno quassù, in un mondo che spesso e volentieri lascia che gli smartphone si limitino a scattare foto, isolandoci provvidenzialmente dalla connessione con quel mondo sempre più finto. È l’attimo per godersi questo incredibile spettacolo e sentirci protagonisti, scatenando la nostra mandria di cavalli e lasciando come unico segno, qualche autografo con gli pneumatici.
In questo momento, nonostante la pace totale che mi sto regalando, quasi nascosto dietro una caletta ed a centinaia di metri dalla riva, l’unico altro posto nel quale vorrei essere è l’esatto opposto, a oltre 2.000 metri, dove l’aria è più sottile e l’unico rumore che si fonde con quello del vento è il ticchettio dello scarico rovente, dopo una intensa sinfonia suonata e ancora impegnata a riecheggiare in tutta la valle. E credetemi se vi dico che più volte ho cercato di spiegarlo a quei profani che additano le auto come il male del mondo, passando per pazzo, per uno scriteriato capace di apprezzare cose materiali. È proprio questo il punto, noi appassionati di guida siamo molto di più, perché siamo in grado di far convivere la purezza di un paesaggio da cartolina con il piacere meccanico che un motore a combustione è in grado di regalare, instaurando un rapporto intimo con la strada sotto di noi e creando memorie che arricchiscono il nostro personale album dei ricordi, stampato e custodito nella nostra mente, la stessa che la volta successiva trasmetterà quel leggero tremore fino alle gambe, quasi come per avvisarci che ci apprestiamo a vivere un’altra giornata indimenticabile.