Maserati Boomerang | Disegnata Soltanto Con Un Righello
Testo di Carlo Brema / Foto di Maserati
Ciascuno di noi ha una personale visione delle proprie auto da sogno, ma cosa sono davvero le cosiddette dream cars? Partiamo dal presupposto che sognare sia gratuito – almeno per ora – quindi allontaniamo immediatamente tutto ciò che ci tiene legati al razionale, al funzionale e anche al politically correct. Un’auto da sogno non è soltanto una supercar, ma una visione, un fugace sguardo sul futuro. Spesso definite concept cars proprio perché fungono come banco di studio ideale per valutare le reazioni di critica e pubblico e consentire così ai designer di smussare gli angoli e perfezionare quelli che diventeranno a tutti gli effetti i modelli di serie di un marchio.
E a proposito di angoli e di soluzioni a dir poco estreme, come si può non pensare all’estrosa matita del maestro Giorgetto Giugiaro, che nel 1971 prese una Maserati Bora e la trasformò in un modello tutto fuorché razionale, la Boomerang. Dapprima come esercizio di stile, l’anno seguente fu presentata al salone di Ginevra come una vera e propria vettura marciante. In realtà non vi era alcuna intenzione di produrla, del resto chi mai avrebbe avuto il fegato di percorrere centinaia di chilometri tenendo tra le mani il volante più folle della storia dell’automobile, ma che tuttavia ospitava l’airbag e prevedeva un movimento dedito a garantire sicurezza al guidatore in caso di incidente. Ne fu prodotta una soltanto, ma segnò la storia in modo indelebile.
La Boomerang sfoggiava la classica forma a cuneo tanto cara alla firma di Giugiaro, ripresa per esempio con le successive Maserati Merak, Lotus Esprit, ma anche le prime Lancia Delta e Volkswagen Golf, giusto per citare due modelli prodotti in larga scala e che ottennero enorme successo. A definire le linee della concept Maserati, disegnata esclusivamente mediante l’uso di un righello, troviamo infatti un corpo vettura basso ed estremamente spigoloso, con pannelli porta caratterizzati da due superfici vetrate (come sulla recente McLaren Senna), fari a scomparsa e cerchi specifici. Il motore preso in prestito dalla Bora, appunto perfettamente in grado di spingere la Boomerang a velocità di tutto rispetto, è montato in posizione posteriore centrale ed è un V8 da 4.719 cc e 310 cavalli di potenza, che si dichiarava potesse raggiungere addirittura i 300 km/h.
Tornando nel singolare abitacolo, vi era ampio spazio per guidatore e passeggero, con una cabina resa molto luminosa dagli ampi cristalli e immensi e comodi sedili in pelle, mentre il cruscotto poteva godere di una linea pulita per il fatto che tutti gli indicatori erano raggruppati all’interno del volante. Erano tempi in cui stranezze di questo tipo non venivano sempre comprese, ma osservandola a 50 anni di distanza ci si rende facilmente conto del ruolo e dell’importanza che un banco prova di questo tipo abbia ricoperto nello sviluppo del design automobilistico globale, con linee e soluzioni di certo meno estreme, ma che da lì a poco avrebbero preso piede su numerosi modelli, dalle sportive alle utilitarie. Una dream car, o concept car, non va semplicemente vista come un’automobile, ma piuttosto come un foglio sul quale sono state tracciate delle linee, un sogno ad occhi aperti che prende pian piano forma e che si appresta a definire il linguaggio stilistico di un brand negli anni a venire. Se dopo mezzo secolo un oggetto come la Maserati Boomerang è ancora capace di stupire, immaginate lo scalpore che causò in quel lontano 1972.