Testo Remigio Camilla / Foto Alessandro Marrone
All’inizio degli anni 60 del secolo scorso, il panorama automobilistico italiano ma anche quello europeo non presentava un’auto completamente nuova, frutto di un progetto integralmente nuovo e al contempo innovativo per le soluzioni tecniche adottate, ma soprattutto scevro dall’utilizzo di meccanica o componenti ripresi da modelli precedentemente prodotti.
Alla Lancia era in quegli anni operativo con la carica di Direttore Centrale Tecnico, l’Ing. Antonio Fessia, il quale nella seconda metà degli anni 40 aveva lavorato alla CEMSA-CAPRONI, dove aveva progettato un’auto veramente innovativa per quei tempi, la F11, prodotta in soli sette esemplari, dotata di trazione anteriore, motore a quattro cilindri contrapposti boxer di 1.099 cc e posizionato a sbalzo sull’assale anteriore. Purtroppo rimase allo stato di prototipo per problemi finanziari dell’azienda. Per Fessia rappresentò però la personale “pietra miliare”, il raggiungimento di un successo personale, che lo porterà nove anni più tardi – a fine anni 50 – alla progettazione e realizzazione della Lancia Flavia. Fessia ripropose lo stesso schema della F11, carrozzeria monoscocca, motore boxer a quattro cilindri 1.500 di cubatura posto frontalmente a sbalzo sull’assale anteriore, riuscendo finalmente a realizzare il tanto inseguito progetto della trazione anteriore di serie e già proposto negli anni in cui lavorava alla FIAT e collaborava con Dante Giacosa alla progettazione della 500 A.
Contemporaneamente alla realizzazione della Flavia, alla Lancia si ipotizzava il modello che doveva sostituire l’Appia che dal 1953 era stata costruita in tre serie e modelli diversi. I primi passi progettuali del nuovo modello, la Fulvia, risalgono all’estate del 1960 e concettualmente in molte delle soluzioni adottate i due progetti sembrano sovrapporsi in quanto a soluzioni tecniche adottate. Per questo motivo vengono anche definiti “progetti siamesi”, perché figli della stessa filosofia progettuale. La Lancia aveva profuso ingenti sforzi negli studi, nella ricerca, nella progettazione e realizzazione della trazione anteriore e questa non poteva essere dedicata unicamente alla Flavia, ecco perché i due modelli hanno molti elementi e parti meccaniche in comune. Verrà data priorità alla messa a punto e commercializzazione della Flavia, in quanto era estremamente urgente colmare il grande vuoto esistente tra i due modelli allora in produzione, la grande e costosa Flaminia e l’Appia piccola raffinata 1100, per offrire al pubblico un modello intermedio che potesse garantire maggiori introiti alla Lancia. Per la Fulvia viene adottato lo stesso pianale della Flavia Coupé, perché più corto di circa 17 cm rispetto al pianale della berlina, compreso il telaio ausiliario anteriore dotato di trasmissione, sospensioni, sterzo ed il retrotreno ad assale rigido. La Fulvia nasce quindi con un pianale ed una meccanica molto robusta che si rivelerà molto utile non solo sulla berlina ma soprattutto nei modelli sportivi che verranno utilizzati nelle gare su strada e soprattutto sullo sterrato dei rally.
Per il gruppo propulsore il Prof. Fessia vorrebbe seguire l’impostazione della Flavia, ma in Lancia si preferisce ritornare al classico schema del 4 cilindri a V stretto. Inizialmente ci si orienta verso il motore dell’Appia Sport, una scelta decisamente più economica ma anche di ripiego e tale soluzione dopo vari studi e prove verrà giustamente abbandonata, perché non garantiva alcuna possibilità di sviluppo futuro per le versioni sportive. Viene quindi progettato un nuovo motore a V stretto con bialbero in testa in perfetto stile Lancia e che avrà la particolarità di essere posizionato inclinato a 45° per limitarne l’ingombro in altezza sotto il cofano della berlina ed a sbalzo sull’assale anteriore a ruote indipendenti. All’epoca per i puristi della Lancia, la nuova Fulvia venne considerata una vera Lancia, a differenza della Flavia che con il suo motore boxer non fu considerata tale. La nuova Fulvia risulta essere subito un’auto di grande classe nonostante il piccolo motore di soli 1.091 cc, molto ben costruita e rifinita con materiali di pregio, meccanica raffinata, quattro freni a disco, ampio abitacolo e bagagliaio. Unica pecca i limitati cavalli disponibili, solo 54 che le permettevano limitate prestazioni dovute alla adozione di un solo carburatore. Ma già l’anno dopo la sua uscita Lancia rimediava e nel 1964 presentava il modello 2C, la cui sigla riporta a 2 carburatori doppio corpo che le permettevano di ottenete 71 cavalli a 6.000 giri minuto ed una velocità di 145 km/h. Prestazioni quindi di tutto rispetto per un motore di appena 1.099 cc.
Da anni, in Lancia si era ormai consolidata la tradizione di affiancare al modello berlina le derivate sportive, così come era avvenuto negli anni 50 con l’Aurelia e successivamente con l’Appia, la Flaminia e la nuova Flavia. Per la Fulvia, la dirigenza Lancia decide di produrre una coupé in proprio, negli stabilimenti di Chivasso, utilizzando le stesse linee di montaggio e la stessa meccanica della berlina, con una produzione prevista di 100 pezzi al giorno. Il compito di disegnare la coupé fu affidato allo stilista Piero Castagnero, che si era appunto occupato della berlina. Secondo i suoi intenti aveva tratto ispirazione dai famosi motoscafi RIVA, attraverso un frontale molto slanciato ed una coda a taglio netto. Esistevano però sin dal 1959 dei prototipi realizzati dallo stilista Giovanni Michelotti su pianale e meccanica FIAT 1200, nel 1960 la OSCA 1500 realizzata per Fissore e nel 1961 la Sportinia per Scioneri, auto che riportavano visivamente a molti particolari e similitudini alla realizzazione di Castagnero.
Fra questi soprattutto la linea di cintura caratterizzata dallo spigolo teso sino alla coda, il frontale a 4 fari così come il taglio laterale per l’inserimento dei fari e persino il tetto piatto a pagoda che fu molto criticato a Michelotti quando lo propose sui modelli sopra citati. Tralasciando però l’eventuale giallo tra i due designer, quando nel 1965 al Salone dell’auto di Ginevra viene presentata per la prima volta la Fulvia Coupé ottiene subito un enorme successo, questo grazie alla linea tesa e pulita, slanciala e sottile, elegante e sportiva, con il classico abitacolo definito a torretta caratterizzato dall’ ampia superficie vetrata e sottili montanti per un ottima visibilità esterna. Per il pianale viene utilizzato quello della berlina accorciato di circa 15 cm, la meccanica viene mutuata direttamente dalla berlina 2C, fatto riscontrabile nell’assetto alto che nelle versioni 1300 successive viene leggermente abbassato, sino ad arrivare alla seconda serie con l’avvento della direzione FIAT, dove l’assetto alto verrà ripreso. L’interno è al contempo sportivo e molto elegante con il cruscotto e il volante in legno, raffinatezza che poche sportive di allora potevano vantare, oltre ad una strumentazione molto completa dove spiccano il contachilometri ed il contagiri tondi di grandi dimensioni. Sempre tondi ma di minore diametro sono i vari manometri di acqua, olio, livello benzina ed orologio. Il motore verrà portato a 1.216 cc con una potenza di 80 CV che in seguito sarà utilizzato anche sulla berlina che prenderà la denominazione di GT.
Nella progettazione della scocca della Fulvia berlina e Coupé, molta importanza viene data al fattore sicurezza, in quel periodo ancora trascurato da molti costruttori. L’utilizzo della carrozzeria monoscocca brevettata dalla Lancia già con il modello Lambda prevedeva un pianale molto rigido, basti pensare ai vari modelli Lancia a quattro porte con apertura ad armadio senza montante centrale. Nel progetto Flavia e Fulvia l’avere tutta la meccanica in posizione frontale montata su telaio ausiliario portava di conseguenza ad avere nella parte anteriore una particolare struttura rinforzata, formata da puntoni inclinati che interagiscono strutturalmente con il telaio motore. Ne deriva quindi una scocca ad assorbimento differenziato degli urti, dove quelli lievi vengono assorbiti dal sottoscocca e progressivamente dal telaio negli urti di maggiore consistenza, sino al cedimento del sottoscocca e telaio motore verso il basso salvaguardando l’abitacolo.
La dirigenza Lancia individuando nella piccola agile Coupé grandi doti e possibilità di impiego agonistico, attuerà su di essa una straordinaria evoluzione per merito di Cesare Fiorio, direttore sportivo della Squadra Corse Lancia con il famoso Reparto Corse diretto da Gianni Tonti, coadiuvato dai suoi instancabili ed insuperabili meccanici. Già nel 1965 la nuova coupé, opportunamente alleggerita attraverso l’utilizzo di pannelli in peraluman e sostituendo i finestrini posteriori con plexiglass, viene utilizzata nel Tour de Corse guidata dal pilota italiano Leo Cella. Da quel prototipo nascerà la futura HF 1200, segnando l’inizio di una continua e costante evoluzione dei modelli HF che porteranno benefici tecnici alle Coupé normali ma anche ai modelli berlina. Le Fulvia HF 1200 e 1300 non erano auto poi molto diverse dal modello dal quale derivavano, anche se si erano confrontate alla pari per prestazioni e modifiche tecniche con le rivali Mini Cooper e Renault R8 Gordini. Nel 1968 Cesare Fiorio decide e vuole una Fulvia HF più potente, più competitiva rispetto alle precedenti HF e che possa competere con le leggere Alpine ed anche con auto più potenti. Da questo presupposto nasce il motore 1600 interamente progettato dall’ing. Zaccone Mina, il quale lavora in solitaria e quasi in segretezza, soprattutto a casa la sera e la domenica, per il clima di ostilità manifestato dal Prof. Fessia, contrario alla velocità per le auto marchiate Lancia.
Nel corso degli anni e dalle gare, il corpo vettura era già stato modificato dal punto di vista tecnico, ma oltre al motore occorreva avere un nuovo cambio, quello a quattro rapporti non era più sufficiente, poiché la leva di comando era lunga e con ampie escursioni non era più adatto all’uso sportivo. Si lavora quindi alla realizzazione di un cambio a cinque rapporti e con un leveraggio che permetta la riduzione in lunghezza dell’asta di comando. Confinare questo nuovo tipo di cambio alla sola HF 1600 per correre risultava però antieconomico. I tempi erano ormai maturi per dotare le vetture Lancia con un cambio a cinque rapporti indispensabile non solo sulle sportive ma anche sulle berline dal carattere autostradale. La nuova HF 1600 diventa quindi contemporaneamente una vettura sportiva e di transizione per i nuovi modelli Fulvia berlina e Coupé, ma anche per la Flavia. Il nuovo cambio viene per motivi economici inizialmente realizzato utilizzando lo stesso carter del cambio a quattro marce, modificando il coperchio posteriore per fare posto al quinto rapporto aggiunto, chiamato in gergo ” testone”, un cambio provvisorio ed anche delicato che verrà montato sulle prime 1002 HF 1600 per un totale di 1.278 prodotte, sino al numero di telaio 2.002, in attesa del nuovo carter atto a contenere i cinque rapporti che verrà adottato su tutte le Fulvia e Flavia di seconda generazione. Esteticamente la carrozzeria si distinguerà dalle precedenti HF per l’adozione dei due fari centrali di profondità di maggiore diametro rispetto a quelli esterni e proprio questo particolare le conferirà una grandissima personalità e le meriterà la denominazione di Fanalone. Altro particolare non solo estetico è dato dai codolini ai parafanghi sia anteriori che posteriori, dovuti ad un assetto modificato con un camber negativo più accentuato ed ai nuovi cerchi Cromodora 6J-13. La numerazione identificativa della nuova Fulvia Coupé Rallye 1.6 HF sarà 818.540, il suo motore presenta un angolo tra i cilindri ancora più stretto rispetto alle versioni precedenti, 11° 21′, di 1.584 cc, alimentato da due carburatori doppio corpo Solex da 42 DDF capace di 114 CV, che il Reparto Corse Lancia diretto da Gianni Tonti porterà nella sua evoluzione massima sino a 150/160 CV.
La sua stagione agonistica inizia gia nel 1968, anno utilizzato soprattutto per la sperimentazione del nuovo motore e proseguirà con grandi successi e vittorie sino al 1972, anno indimenticabile con un fantastico elenco di successi che hanno consentito alla Lancia di aggiudicarsi il Campionato del Mondo. 20 Campionati e Trofei, 79 Vittorie Assolute, 242 Vittorie di classe e l’insperata vittoria al Montecarlo. Nel suo libro Reparto Corse Lancia, Gianni Tonti a tal proposito racconta: “Tutto il mondo dei rally riteneva che la Fulvia HF avesse fatto il suo tempo. Non era più competitiva ai massimi livelli. Al confronto con le Porsche 911 S con motore 2.400 cc e con l’Alpine A110 super leggera e spinta dal motore da 1.8 litri sembrava improponibile. Gli organi meccanici della Fulvia 1600 erano tutti al limite fisico: motore, organi di trasmissione e sospensioni”. Inoltre, ormai sotto la direzione Fiat, era già stata chiusa la produzione della Fulvia Berlina e stava per chiudere anche quella della coupé, pertanto lo scenario – dice Tonti – era grigio. L’unico aggiornamento possibile per la 1600 già in cantiere era il differenziale autobloccante, che a quel tempo era esclusivamente meccanico e prodotto in Inghilterra dalla Borg Warner, molto difficile da utilizzare sulla trazione anteriore perché costringeva ad una guida molto faticosa. A tal proposito Gianni Tonti ricorda una frase detta dal pilota Lancia, Amilcare Ballestrieri, dopo aver provato una Fulvia HF 1.6 munita di autobloccante: “Difficile stare in strada. È come guidare una calamita fra due muri di ferro“. Dopo vari tentativi al Reparto Corsa erano giunti a un compromesso per rendere lo sforzo al volante meno faticoso. Tale compromesso consisteva nel diminuire l’incidenza e il camber dei due assi verticali delle ruote anteriori che faceva perdere un po’ dell’aderenza trasversale ma guadagnava in trazione sui terreni bagnati, fangosi ed innevati, proprio ciò che serviva per il Montecarlo.
Sulla vittoria al Montecarlo del 72, Mattia Losi – caporedattore del Sole 24 Ore e appassionato di motori – ha scritto un emozionante e coinvolgente libro dal titolo : “L’Incredibile Corsa”, con gli occhi di un bambino di 10 anni, già, perché quella era la sua età nel 1972, la Fulvia era nel suo cuore, Munari e Mannucci erano i suoi eroi. Èun libro che costringe a leggerlo tutto d’un fiato tanto è appassionante ed emozionante, perché come dice Losi è una Storia vera diventata Leggenda. Il libro alla sua uscita è stato presentato in diverse sedi, ma in particolare ricordo quella di Padova in occasione della Fiera Auto e Moto d’epoca, allo stand ACI, dove Sandro Munari ricordava con emozione quella straordinaria vittoria e come la FIAT, a seguito di tale trionfo, fu costretta a riaprire le catene di montaggio della Coupé per le innumerevoli richieste di appassionati di tale modello. Arrivarono così altri cinque anni di lavoro, salvando centinaia di lavoratori dalla cassa integrazione. Per Munari ancora oggi questa rimane la vittoria più grande che porta nel cuore. La vittoria del Montecarlo il 28 gennaio del 1972 ha reso in assoluto, mitica la Fulvia “Fanalone” e mitici Sandro Munari e Mario Mannucci.
Le due Lancia Fulvia Coupé del servizio sono state riprese nel cuore delle Langhe territorio patrimonio dell’Unesco, tra colline e vigneti, luoghi dai vini blasonati, di buon cibo e borghi antichi, di panchine giganti – opera del designer americano Chris Bangle – poste in punti panoramici e dove il sedersi riporta ad una dimensione di bambino, perché completamente fuori scala per le persone e per il paesaggio. Abbiamo guidato le nostre Fulvia sul percorso collinare tra La Morra, Barolo e Monforte alla ricerca di scorci, scenografie paesaggistiche che bene si adattassero all’eleganza ed alla sportività delle due Fulvia, in una giornata di piacevole caldo sole che già faceva pregustare l’estate ormai alle porte.
La Fulvia Coupé più anziana di questo servizio, 55 anni compiuti, appartiene al primo lotto di produzione, per intenderci quello con motore di 1.216 cc a V di 12° 53′ 28” tipo 818 130 ed esprime 80 cavalli. Dai registri Lancia appare essere stata costruita ancora nel 1965 ed immatricolata nel marzo del 1966, il suo colore è il Blu Mendoza, colore tipico proprio delle prima serie. L’interno è in finta pelle color tabacco chiaro che bene si abbina con il cruscotto e il volante in legno, risultando al contempo molto piacevole con il colore della carrozzeria. Ho acquistato la coupé nella primavera 1997 e già in settembre decidevo di utilizzarla nelle gare di regolarità. Proprio per questo fatto, osservando il suo interno, sono evidenti alcune modifiche finalizzate al tipo di gara. I due sedili anteriori originali, sono stato sostituiti con delle repliche Fusina dotati di poggiatesta, non solo per la sicurezza, ma per avere un appoggio saldo della testa quando occorre traguardare il pressostato. Li ho fatti realizzare con la stessa finta pelle color tabacco dell’interno, la seduta e lo schienale in velluto nero per migliorare il comfort soprattutto nella stagione calda. Sono stati posizionati leggermente rialzati rispetto agli originali, per migliorare la visibilità nell’avvicinamento al pressostato ed al passaggio su di esso. Anche il volante originale è stato sostituito con un Ferrero dell’epoca, di minore diametro sempre per una migliore visibilità frontale, inoltre sul cruscotto in posizione frontale al navigatore è stata sistemata una mensolina per i cronometri ed il tripmaster satellitare. Attraverso queste lievi modifiche, l’aspetto interno risulta, a me, visivamente coinvolgente offrendo un immediato aspetto sportivo. L’impostazione di guida è piacevole e raccolta, la leva ad asta lunga del cambio, pur con le sue ampie escursioni, è morbida e precisa negli innesti e al contempo divertente. È un’auto che per comfort, tenuta di strada e brillantezza di motore non dimostra certo i suoi anni e quasi non fa sentire la differenza con un’auto a trazione anteriore attuale, di grande pregio poi è l’assenza di rumori, vibrazioni all’interno dell’abitacolo.
Nel corso del 2019 è stata oggetto di un lungo e meticoloso restauro che ha interessato tutta la meccanica e la telaistica, presso l’ Officina Ratto di Savona specializzata in Lancia Fulvia. Il telaio anteriore con il gruppo motore cambio sospensioni e il ponte posteriore sono stati completamente staccati, in modo tale da lasciare libera la scocca, che la Carrozzeria ADM di Saliceto ha posizionato sulle dime per una rimessa in perfetta forma. Tutte le giunzioni e le saldature sono state completamente rifatte e sono stati aggiunti i classici triangoli di rinforzo in corrispondenza dei puntoni scatolati inclinati che terminano con l’attacco anteriore del telaio, proprio come si faceva per le scocche da gara, al fine di ottenere una maggiore rigidezza strutturale di tutta la carrozzeria.
Intanto, in Officina Ratto, il gruppo motore, cambio, trasmissione è stato completamente separato dal telaio ausiliario che a sua volta è stato smontato, sabbiato e quindi riverniciato. Il motore è stato provato al banco per poterne rilevare l’effettiva potenza, la coppia alle ruote ed individuarne tutti i difetti al fine di decidere come intervenire.
In particolare sono stati progettati, costruiti e montati nuovi pistoni secondo le specifiche di Roberto Ratto, revisionati gli alberi a camme, così come tutte le parti mobili del motore, la scatola guida è stata completamente smontata e revisionata. È stata dotata di accensione elettronica nascosta nello spinterogeno per una regolare e pronta risposta del motore soprattutto ai bassi regimi, in funzione delle gare di regolarità, dove i passaggi sui pressostati concatenati a volte sono lenti e subito dopo veloci. I due carburatori doppio corpo Solex sono stati rimessi completamente a nuovo e particolare attenzione è stata dedicata all’impianto frenante che è stato completamente rivisto. In ultimo sono state ripetute le prove al banco motore che hanno evidenziato gli ottimi risultati raggiunti. Questi gli interventi più importanti oltre ai quali ci si perderebbe nella descrizione.
La Fulvia Coupé Rallye 1.6 HF appartiene all’amico Valter, appassionato collezionista di auto da Rally d’epoca. È una delle mitiche Fanalone, 818.540 con motore da 114 CV del tutto originale, numero di telaio 002776, corrispondente ad una delle ultime 200 costruite, dotata del cambio a cinque rapporti raggruppati in unico carter. Prodotta nel 1970 è stata immatricolata nel 1971. In origine i codolini dei parafanghi erano di colore nero e successivamente verniciati nello stesso Rosso Corsa della carrozzeria, come del resto potevano essere richiesti direttamente alla Lancia. Interessante notare come la carrozzeria pur con cofani e porte in peraluman è la stessa della 1.216, uguale la calandra e le portiere prive di deflettore apribile. Non è un modello Lusso ed è quindi priva di paraurti e più semplificata in alcuni particolari per essere più leggera, proprio perché dedicata a chi intendeva utilizzarla per correre. Oggi sfoggia la gloriosa livrea Marlboro, come la numero 14 di Munari-Mannucci al Montecarlo del 72, quando la Marlboro era lo sponsor ufficiale Lancia.
L’interno, a parte il colore nero per la selleria ed il rivestimento delle portiere, è uguale alla 1.216, con il cruscotto esattamente analogo e con tutti i comandi nella stessa posizione. Il contagiri è quello tipico delle HF dotato di lancetta rossa spostabile, in ragione del tipo di elaborazione del motore per il controllo del fuori giri. Sulla destra, in luogo dell’orologio è posizionato il termometro per la temperatura dell’olio. Anche su questa Fulvia il volante originale uguale a quello della coupé prima serie, con due razze piatte in alluminio e corona in legno, sostituito con il classico Ferrero firmato Munari, che ha la particolarità di avere la corona rivestita in pelle priva di cuciture – così lo aveva voluto Munari, in quanto le cuciture avrebbero dato enorme fastidio nel continuo sterzare e controsterzare. Anche i sedili sportivi HF sono stati sostituiti con delle repliche Fusina, dotati di poggiatesta per la sicurezza, con seduta e schienale in velluto a costine per un migliore comfort estivo. A differenza della coupé normale, il sedile posteriore è una semplice panchetta con schienale dotato di tasche, utile per riporvi i caschi ed altro materiale durante le gare.
Evidente la differenza della leva del cambio, in questo caso più corta, caratterizzata dal pomello di più grandi dimensioni con le indicazioni delle marce su sfondo blu e l’inserimento della “prima” in basso verso il pilota, in quanto il cambio a 5 rapporti era stato studiato in collaborazione con la ZF.
Esaminando il vano motore, rispetto alla 1.216, a parte il coperchio valvole di colore giallo – sinonimo di HF – nella parte destra notiamo il radiatore dell’olio di forma rettangolare, stretto e posto verticalmente contrapposto al radiatore dell’acqua, ma ciò che visivamente offre un aspetto decisamente corsaiolo sono i due carburatori Solex da 42, che sono stati completamente revisionati e dotati di tromboncini. Anche questa Fulvia ha frequentato nel 2019 l’Officina Ratto, dove le è stato dedicato un completo e meticoloso intervento all’impianto frenante ed al motore. Quest’ultimo è stato rimosso dal telaio per le prove al banco, sono stati sostituiti i pistoni sempre realizzati secondo le specifiche tecniche dell’Officina, gli alberi a camme sono stati rivisti per migliorare le prestazioni e anche in questo caso è stata montata l’accensione elettronica e posizionata una pompa benzina elettrica. In ultimo è stato montato uno scarico completamente nuovo, non del tipo montato di serie, ma decisamente più performante e di conseguenza più sportivamente appagante per la sua intensa sonorità. Se la guida della Coupé 1.216 è di tipo turistico sportivo ed anche rilassante perché permette di essere guidata ad un basso regime di giri, essendo il suo motore elastico e pastoso, quello della HF Fanalona non è tale, il motore richiede di essere tenuto su di giri, perché il suo comportamento ai bassi regimi diventa ruvido e scorbutico, ama essere tirato ed è entusiasmante poterlo fare per sentirne il rombo pieno. Il cambio a cinque rapporti è molto divertente e preciso negli innesti anche se la sua manovrabilità non ha proprio delle escursioni contenute. Le differenze prestazionali delle due auto sono decisamente evidenti per carattere del motore ed assetto, ma restano entrambe molto divertenti.