Subaru Forester 4dventure | Road Trip
SUBARU FORESTER 4DVENTURE
Non essendo un esperto in quanto a strade sterrate, ho azzardato e deciso di percorrere l’Assietta e poi affrontare il Col du Sommeiller fino a quota 3.000 metri. Una pioggia ghiacciata e un sentiero ricoperto di fango avevano altri piani, ma per fortuna avevo scelto l’auto giusta.
Testo Alessandro Marrone / Foto Daniél Rikkard
Oramai è divenuto un appuntamento fisso sul mio calendario. Facendo attenzione a scegliere le giornate di tarda estate meno prese d’assalto dai turisti, ho l’obiettivo di spuntare quelle strade sulle quali nessun’auto sportiva potrà mai accompagnarmi. Sto parlando di quei maestosi sentieri che si nascondono nella natura più selvaggia, dove non c’è neppure l’ombra d’asfalto e dove le tracce dell’uomo sono soltanto quelle rispettose orme lasciate da chi vuole staccare la spina di una quotidianità sempre più connessa a un mondo virtuale che fa di tutto per farci scordare che la vera bellezza sta nelle cose semplici. È in quel silenzio quasi surreale che la mente sembra riscoprire sensazioni stordite da smartphone e computer ed è in quei luoghi che vorresti piantare una tenda e respirare quest’aria che purifica corpo e anima come soltanto la montagna più selvaggia è in grado di fare. Ogni anno mi assicuro di recuperare le energie vivendo un’avventura che profuma di vita vera.
È logico che per un compito simile non basti un veicolo semplicemente adatto ad affrontare un sentiero sterrato, perché come i più esperti sanno, il meteo ad alta quota può variare da un momento all’altro e il viaggio che abbiamo pianificato quest’anno ci porterà sulla strada più alta d’Europa, oltre quota 3.000 metri. L’avventura comincia ancor prima di iniziare quindi, con l’accurata scelta dell’auto ideale e quest’anno non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di portare con me la massima espressione del concetto di outdoor secondo Subaru, la nuova Forester 4dventure. Del resto, quando si parla di Subaru, si ha la consapevolezza di affidarsi ad un veicolo non soltanto estremamente versatile e affidabile, ma capace di affrontare strade e sentieri che metterebbero in crisi qualsiasi altro SUV in fin dei conti pur sempre destinato anche a un uso più civile, quanto perfettamente in grado di districarsi in quella giungla urbana che abbiamo lasciato alle spalle da pochi minuti.
La tappa del giorno prima prevede un rapido briefing con la squadra che sarà con me, cena e un po’ di sano relax prima di andare a dormire, pronti per una sveglia alle prime luci dell’alba. Sauze d’Oulx è diventata ormai una delle mie mete preferite, praticamente a due passi da casa, eppure ideale per sentirsi immersi in un altro mondo grazie a quello sfondo costellato di montagne. Il mattino seguente, come da programma, la sveglia ci tira giù dal letto e senza il benché minimo accenno di pigrizia consumiamo un’abbondante colazione. Tempo di caricare l’attrezzatura e qualche indumento più pesante di quanto il periodo estivo suggerirebbe e siamo in marcia in direzione Susa, il punto di partenza migliore per affrontare la Strada dell’Assietta, una delle due tappe odierne.
Le strade bianche hanno un fascino che non si può descrivere con semplici parole, tantomeno catturare in fotografia o video. Quello che ho imparato, senza definirmi un esperto in tal senso, è che più ti avventuri nella natura e ti allontani dalle città e più riesci a sentirti parte di essa. In luoghi come questi è importante effettuare numerose soste e apprezzare un mondo incontaminato che ci insegna come un fiore può nascere ad alta quota, come gli animali fanno scorte di cibo per la stagione invernale e come tutto sembra essere in armonia, a tal punto che le poche persone che incontriamo sono sempre amichevoli e salutano con un cenno di intesa, proprio perché anch’essi stanno probabilmente provando le medesime cose.
Un’altra Forester direte voi, ma i motivi di questa mia precisa scelta sono due: la 4dventure è un allestimento tutto nuovo, che non dona soltanto carattere grazie ad accorgimenti estetici che la rendono ancora più volta ad un pubblico giovane e dinamico, ma l’attrezzo ideale – concedetemi il termine – per un’arrampicata di questo tipo. In secondo luogo, non essendo appunto un esperto in quanto a strade bianche, ho voluto affidarmi alla solidità ed efficienza progettuale di una vettura che mi ha sempre dimostrato che gli ostacoli sono soltanto un punto di vista. Tornando rapidamente a ciò che rende la Forester 4dventure subito distinguibile, è infatti facile identificare questo allestimento speciale grazie ai cerchi in lega da 18”, griglia frontale nero lucido ed alle modanature arancione che vengono riprese anche nei vari badge e su pannelli all’interno dell’abitacolo. Il motore resta il 4 cilindri mild-hybrid che abbiamo già provato in altre occasioni, un 2-litri che eroga 150 cavalli e una coppia massima di 194 Nm. Non credo di dover sottolineare che abbiamo poi una trazione integrale intelligente e provvista di X-mode abbinata ad un cambio automatico CVT, magari non il massimo per quel che riguarda un utilizzo sportivo, ma perfettamente a suo agio in città, autostrada e soprattutto quando l’inclinometro comincia a farsi sentire.
I primi chilometri ci portano oltre Meana di Susa e pian piano i colori e le forme della montagna prendono il sopravvento presentandoci i tornanti del Colle delle Finestre. Ormai non c’è più traccia di asfalto e la fitta vegetazione iniziale lascia spazio ad una striscia di terra che si inerpica con decisione sul fianco della montagna. La scalata sino a quota 2.178 metri ha un non so che di particolare che la rende differente rispetto a tutte le strade che io abbia mai percorso. È come instaurare subito un sentimento d’intimità con la valle, con una strada deserta che alterna strette risme di tornanti a tratti che concedono una vista di una bellezza disarmante. Il mattino deve ancora terminare e siamo già sull’altro versante e pronti per superare Pian dell’Alpe e puntare nuovamente il naso verso l’alto, in direzione della Strada dell’Assietta.
Il tratto è molto più lungo del Colle appena affrontato, ma la larghezza della strada e le numerose possibilità di accostare consentono di proseguire nella massima serenità e incrociare i pochi veicoli (perlopiù moto e quad) provenienti dal senso opposto senza incorrere in manovre problematiche. Sono oltre 30 km quasi completamente sviluppati sopra i 2.000 metri di altitudine e non mancano di certo punti panoramici che costringono a numerose soste che consentano a Daniél di immortalare il momento con le sue fotografie. Dopo un primo tratto accompagnati da un debole sole che sembrava farsi spazio tra qualche nuvola, arriviamo a quota 2.472 m avvolti da un sottile manto di nebbia. La strada, il cielo sopra le nostre teste e tutto ciò che va oltre una dozzina di metri è bianco e si dirada soltanto qualche centinaio di metri più avanti, una volta raggiunta la Testa dell’Assietta.
Il terreno è prevalentemente brullo e spoglio di vegetazione, l’aria è fresca e il vento si fa sempre più insistente, tanto da costringerci a indossare un giubbino, stravolgendo ogni convinzione che raggiungere la vetta ad agosto ci avrebbe offerto una calda giornata fuori dalle strade convenzionali. Ripartendo e oltrepassando il Colle Lauson giungiamo al Colle Blegier e decidiamo di sostare per un pranzo al sacco, approfittando di un momento in cui le nuvole sembrano essersi diradate, lasciando che quale timido raggio di sole filtri a riscaldare il break che anticipa la discesa finale e che ci avrebbe avvicinato alla tappa successiva, nonché la meta finale della nostra avventura.
Qualche altra parola sulla Forester 4dventure è d’obbligo – qualora ce ne fosse bisogno – dato che con gomme stradali e senza mai chiamare in causa l’X-mode abbiamo scavalcato chilometri su sterrato più o meno impegnativo, tutto nel massimo comfort di un abitacolo che rinuncia ai sedili in pelle in favore di un tessuto idrorepellente che si rivela la scelta migliore per l’utilizzo ipotizzato per questo specifico modello. Il sistema di navigazione è finalmente efficace e le videocamere di bordo permettono una provvidenziale visione di angoli ciechi, fondamentali nei passaggi più ostici, stretti tra un burrone e l’altro. Per quanto riguarda il motore e la sua tecnologia ibrida confermo quanto detto in precedenza, ovvero che va sfruttato per la sua elasticità, prediligendo la modalità sportiva soltanto se si hanno necessità di sorpasso. L’X-mode consente poi di impostare il proprio funzionamento a seconda che il terreno sia coperto di neve/terra oppure neve profonda/fango. In qualsiasi dei casi, tutto sembrerà estremamente facile e vi tirerete fuori da situazioni impensabili senza nemmeno rendervi conto dell’efficacia di questo straordinario sistema di trazione.
È il momento dello scenografico Colle Basset e quindi della discesa che ci porta nel centro di Sestriere, altra rinomata località turistica, sia estiva che soprattutto invernale. Non c’è tempo da perdere, le ore sono trascorse veloci e abbiamo intenzione di mettere la bandierina anche sul nostro prossimo obiettivo. In meno di mezz’ora siamo a Bardonecchia, scoprendo con quale facilità la Forester si sia scrollata polvere e terra di dosso e mostrato che non sembra esserci strada sulla quale non possa dare dimostrazione della propria solidità progettuale. Superiamo Les Issard, Rochemolles e ben presto ci addentriamo in un angolo alpino che fa sembrare la Strada dell’Assietta uno scherzo per principianti. Abbiamo imboccato la strada che porta fino a quota 3.009 metri (o 2.993 per i più pignoli) in vetta al Col du Sommeiller, la strada più alta d’Europa.
È già pomeriggio inoltrato quando incominciamo a sballottare nell’abitacolo, superando un primo tratto di strada molto sconnesso e che per via della ridotta larghezza ci impone numerose soste che diano precedenza ai molti fuoristrada che tornano indietro dalla loro arrampicata. Quel che è certo, soprattutto a giudicare dai veicoli che si incontrano qui, è che il Sommeiller non è assolutamente da prendere alla leggera. Procediamo a non più di 20-30 km/h e dopo qualche chilometro giungiamo finalmente al Rifugio Scarfiotti, l’ultimo baluardo di civiltà lasciato in questa porzione di mondo che pare davvero abbandonata da ogni essere vivente. Ultima chance per tornare indietro o come recita il messaggio ben evidenziato sul cartello accanto al gabbiotto per il pedaggio (€5,00): “Sentiero con transito a rischio e pericolo degli utenti”. Da qui in poi siamo soli. Sono le 17.00, c’è ancora il sole, ma è purtroppo quasi completamente celato dalla fitta coltre di nubi sopra di noi. Chiedo quanti chilometri manchino alla vetta e mi viene risposto che sono circa una dozzina, ma che per via dell’andatura ridotta occorreranno almeno 45 minuti. Proseguiamo.
Sembra di aver varcato un cancello dal quale non puoi più far ritorno, ma lo spettacolo che la natura ha in serbo per noi è assurdo. Le montagne assumono tutt’altra forma e quando non si fanno attraversare da una stretta cascata lasciano che lo sguardo scorra su e poi ancora più su, dove la roccia si fonde con il grigio di un cielo che minaccia pioggia e che mantiene il suo ammonimento qualche minuto dopo. La temperatura subisce un brusco calo e la pioggia diventa prima neve e poi ghiaccio. La strada è sempre più stretta e in alcuni tornanti è addirittura necessario fare un paio di manovre, soprattutto per cercare di restare il più possibile distante dal bordo della strada, il quale potrebbe essere pericolosamente scivoloso e cedevole a causa dell’intensità delle precipitazioni. Un rapido sguardo ai miei compagni di viaggio e procedendo lentamente in direzione dei pochi chilometri che ci separano dalla cima e che sembrano infiniti. Volgendo lo sguardo sui tornanti successivi riesco a vedere un paio di Unimog che in lontananza stanno scendendo verso di noi come se stessero fuggendo da una forza invisibile. Nel frattempo la pioggia ghiacciata che ha fatto scendere la temperatura a 0 gradi sta trasformando la strada in un indefinito manto bianco che si spacca sotto il nostro lento avanzare.
Finalmente, dopo un interminabile susseguirsi di stretti tornanti, raggiungiamo un tratto pianeggiante. L’enorme valle denominata Pian dei Frati rappresenta uno spot ideale per sostare e fare il punto della situazione. I miei due compagni sono a dir poco titubanti e dato anche l’avvertimento del cartello qualche chilometro prima suggeriscono che sia meglio fare marcia indietro. Eppure siamo così vicini. Ancora pochi chilometri e saremmo in vetta. La pioggia non diminuisce e anzi sembra voler irrompere nell’abitacolo, riducendo la strada ad un vero e proprio mare di fango. Nel frattempo i due Unimog avvistati prima ci raggiungono e uno dei passeggeri abbassa il finestrino invitandomi a fare lo stesso. “Tornate indietro, la strada è impraticabile, siamo venuti via per miracolo!” – poche e semplici parole che a malincuore mettono la parola fine alla nostra avanzata. Approfitto dello slargo per fare manovra in completa sicurezza, con gli pneumatici che accennano un leggero pattinamento e suggeriscono di innescare l’X-mode. Nel mentre, i due mezzi pesanti sono lentamente ripartiti e già scomparsi nell’indefinito grigiore che pian piano sta avvolgendo la montagna.
Il ritorno è forse anche più spaventoso, con una strada a tratti irriconoscibile e che tra fango, pozze e la scarsa visibilità concessa dalla forte pioggia non offre molti punti di riferimento. La parola d’ordine è cautela e così scendiamo in direzione del rifugio il più attentamente possibile. A questo punto poco importa se non abbiamo raggiunto quota 3.000, l’importante è tornare alla base (una lezione che pensavo di aver imparato, ma di questo vi racconterò sul prossimo numero, ndr). Il Sommeiller è la montagna più selvaggia che abbia mai affrontato, con un meteo così imprevedibile e una personalità talmente forte e indifferente che non lascia spazio a tentativi. Non perdona e lo mette in chiaro con un groviglio di strettissimi tornanti che sembrano essersi moltiplicati rispetto a quelli percorsi salendo. E poi ecco il caseggiato, i numerosi 4×4 che hanno saggiamente deciso di non affrontare la montagna alle ultime luci del pomeriggio e quindi una strada più larga, soltanto bagnata e che ci riporta in direzione Bardonecchia, dando appuntamento al Sommeiller per un altro anno. A patto che sia d’accordo e ci permetta di conquistare la sua vetta.
4dventure quindi e mai nome fu più azzeccato per un SUV che mantiene comfort, praticità ed una spiccata natura premium, ma che sa cosa occorre per sporcarsi le ruote e raggiungere luoghi solitamente a discrezione di fuoristrada duri e puri. La nuova Forester è la massima espressione della filosofia Subaru, dove la sicurezza a bordo si incontra con il divertimento e con una tecnologia ibrida che mette a disposizione un’unità elettrica leggera che tra i tanti meriti rende l’X-mode incredibilmente efficace. Non commettete l’errore di pensare che questo sia un semplice allestimento. Gli accenti che rendono l’estetica ancora più accattivante e quel costante richiamo all’avventura sono la regola che elevano questo modello ad un nuovo modo di intendere un SUV, un approccio alla guida e il modo migliore per vivere di avventure.
SUBARU FORESTER 4DVENTURE
Motore 4 cilindri Mild-Hybrid, 1.995 cc Potenza 150 hp Coppia 194 Nm
Trazione Integrale Trasmissione Automatico CVT Peso 1.765 kg
0-100 km/h 11,8 sec Velocità massima 188 km/h Prezzo €42.500