ROAMERS – Storie Automobilistiche
Missione 3.000 miglia
Testo di Christian Parodi / Foto di Jaron Whelan
“Mai rimandare a domani ciò che puoi fare oggi”. Non è il mio motto e a dire il vero non ricordo neppure dove lo abbia sentito la prima volta, ma sono parole ormai impresse nella mia mente. Il tempo scivola via come sabbia dentro una clessidra e ogni giorno che ci lasciamo sfuggire è perso. Ci sono tante cose da fare, luoghi da vedere, dischi da ascoltare e film da guardare, ma una vita soltanto per farlo. E intanto gli anni passano. Non intendo tediarvi snocciolando la mia filosofia da quattro soldi, ma semplicemente spingervi a rincorrere quel sogno nel cassetto, a spuntare l’intera lista di desideri senza aspettare chissà quale momento, perché siamo noi a renderlo quello giusto. Io stesso ho sempre pensato che ci fosse tempo per tutto, che non fosse mai il momento e quando finalmente mi sono deciso a incominciare ho capito che non avrei più aspettato un solo secondo.
In cima alla lista dei miei desideri c’è sempre stato un viaggio in particolare, un’avventura on the road da una costa all’altra degli Stati Uniti. Del resto è un po’ il sogno di tutti, l’ambizione di qualsiasi automobilista viaggiatore che si rispetti e che è consapevole che in quell’iconico “coast to coast” sia racchiusa l’essenza degli USA. In parte è anche vero, ma è bene sapere che per scoprire l’America non bastano 3.000 miglia e neppure due settimane di vacanza. Anzi, non basterebbe neppure una vita intera, perché il bello è perdersi tra le peculiarità di ogni stato, ogni città, paese o sperduta stradina che taglia a metà un deserto infinitamente più grande di quello che si immagina osservando una fotografia. Nonostante questo non avevo dubbi su come avrei impegnato i 15 giorni a mia disposizione, atterrando a New York e correndo come un matto per scovare alcune delle location viste nei miei film e telefilm preferiti. Il mattino dopo la sveglia è suonata presto e ad attendermi poco fuori città – a Morristown – c’era una Chevrolet Chevelle SS del ’70, la prima compagna di questo indimenticabile viaggio in solitaria.
Perché ho scelto di essere solo? Semplice, ho deciso di non portare altro che lo stretto indispensabile per un viaggio che mi avrebbe consentito di dettare i miei tempi. Mi sarei fermato quando più lo ritenevo opportuno e avrei delineato l’itinerario a mia discrezione, assicurandomi giusto di toccare un paio di tappe che avrebbero rappresentato il cambio auto. Già, in America gli amici ti prestano la loro sportiva e ti lasciano guidare per migliaia di chilometri. Che voglia di tornarci. Nel giro di poche ore mi sono trovato letteralmente stregato da questo viaggio. Superate Pittsburgh, Columbus e Indianapolis (con le dovute, seppur brevi, soste) è stato il momento di raggiungere St. Louis e lasciare la meravigliosa Chevelle, per saltare a bordo della Corvette C4 del mio amico Ryan. Finestrini sempre abbassati, complice anche una calda estate, il costante borbottio dei grossi V8 e occhi catturati da quelle strade secondarie che sono linfa vitale per piccoli villaggi che sembrano usciti dalle più tipiche pellicole hollywoodiane.
Il deserto del New Mexico e quello dell’Arizona si sono rivelati maestosi per i loro confini invisibili, ma di certo meno coinvolgenti di quanto pensassi, soprattutto per via degli stringenti limiti di velocità. Ma è il semplice fatto di trovarsi in un luogo così selvaggio che aumenta il piacere della guida e rende tutto esattamente come mi aspettavo. Penultima tappa in quel di Wickenburg, poco a nord di Phenox (Arizona), per salutare la Corvette e mettere le mani su una Camaro dell’88. Ancora poche miglia a Los Angeles e ormai è come se fossi catapultato nelle scene migliori di qualche film di fine anni ottanta, con la musica peggiore possibile a uscire dall’impianto audio e alcune delle più belle e vivide sensazioni a pompare il sangue nel mio cuore. Da rifare, assolutamente e al più presto. E così è stato. Anzi, è stato anche meglio, perché dopo qualche mese sono tornato e mi sono fermato molto più a lungo, vagando per gli States con estrema libertà e salendo al volante di oltre venti auto da sogno a stelle e strisce. C’era abbastanza materiale per una rubrica intera – che poi è quello a cui sto lavorando – ma in attesa di leggere tutti gli episodi che includeremo, ho un umile consiglio per voi. Partite, fatelo oggi, perché domani potreste guidare dove avete sempre sognato. È ciò che ognuno di noi merita.