Il Futuro Meriterebbe Automobili da Sogno Come l’Audi Rosemeyer
A cura di Marco Mancino / Foto Audi Press
Questo è uno di quegli esempi in cui forme ispirate all’immortalità superano la prova del tempo. La Rosemeyer è stata infatti presentata 23 anni fa – era il 2000 – e traeva forte ispirazione dalle Auto Union da competizione degli anni 30. Si trattava infatti di un tributo, come del resto si evince dal nome stesso che celebra il pilota tedesco Bernd Rosemeyer, ma nonostante abbia calcato i palchi di vari saloni internazionali e dato soltanto qualche piccolo spunto per modelli che poi hanno visto la produzione, rappresenta un approccio al design automobilistico che non è mai più stato ripreso. È giunto il momento di chiederci il perché e magari guardare a questa forma insolita, domandandoci se sarebbe forse giunta l’ora di attingere ancora dal passato in maniera da creare un futuro migliore.
Parliamo un attimo di lei. La Rosemeyer è imponente come poche altre vetture e poco importa se questo è anche risultato della libertà concessa alle concept cars. La grossa griglia anteriore che guida l’occhio verso un abitacolo caratterizzato da una linea di cintura estremamente bassa e spostata verso l’anteriore accentua in maniera evidente la zona posteriore, la quale ospita un generoso W16 da 8-litri, per una potenza dichiarata di 630 cavalli e ben 1.032 Nm di coppia. Non che sia importante parlare di potenza, dato che non era destinata ad un utilizzo su strada, ma immaginarla sfrecciare per le curve della Baviera ci permette di dare forma a quel tuffo nel passato che essa stessa intende elevare.
Un tributo a un leggendario pilota, ad una vettura iconica e soprattutto a un concetto estetico ormai scomparso, in cui le leggi dell’aerodinamica venivano sfidate da un posto guida spinto a ridosso dell’asse anteriore, creando un profilo inconfondibile e che distorce la visione di automobile per come la intendiamo oggi. Gli anni ‘30 erano del resto ancora un periodo di grande ispirazione, innovazione e soprattutto non dovevano vedersela con tutte le regolamentazioni in termini di sicurezza ed efficienza. Forse è proprio per questo che una sagoma così anticonformista è in grado di suscitare qualcosa nell’animo degli appassionati, permettendo di viaggiare nel tempo fin dove un’auto doveva essere prima di tutto veloce e quindi competitiva.
Il panorama contemporaneo è figlio – e alle volte schiavo – dell’evoluzione e della massima ricerca, ormai in gran parte perseguita grazie all’ausilio di intelligenze artificiali e simulatori. Quale computer disegnerebbe un’auto così sproporzionata? Nessuno si sognerebbe soluzioni simili, ma forse è esattamente quello di cui abbiamo bisogno per uscire dall’anonimato e rendere le automobili emozionanti anche soltanto a guardarle. La Rosemeyer non ha colpa, il mondo non aveva più spazio per visioni di questo tipo e fatta eccezione per qualche dettaglio destinato alla Bugatti Veyron, non ci resta che ammirarla e sentire il rombo delle Auto Union di 90 anni fa riempire di passione i nostri cuori malinconici.