Passo dello Stelvio – Il Gigante delle Alpi
Testo di Andrea Albertazzi / Foto di Curves Hunter
La maestosa catena montuosa delle Alpi cavalca prevalentemente la porzione più settentrionale d’Italia, a ridosso dei confini con Austria e Svizzera, dando forma a uno dei luoghi più affascinanti dell’intero pianeta. Sottili e tortuose lingue d’asfalto si inerpicano sulle pareti rocciose, scalando per centinaia di metri e addentrandosi nel più totale abbraccio di madre natura, dove i tempi sono ancora scanditi dall’alternarsi delle stagioni, le quali dettano anche l’apertura e la chiusura dei valichi più alti, sommersi da un’indefinita coperta di neve durante i rigidi inverni. Con il trascorrere dei mesi e l’arrivo della primavera, i colori tornano a dipingere una tela che assume sempre più le forme e i contorni di un quadro raffigurante il più profondo senso di appagamento interiore.
Seppure possa essere ingiusto stabilire quale sia il punto di riferimento di questo incantevole scenario, c’è una strada che più di ogni altra rappresenta la quintessenza stessa del paesaggio alpino, una timida impronta che l’uomo ha piazzato a ridosso delle Alpi, soltanto per unire due puntini sulla mappa che sarebbero altrimenti divisi da svariate ore di tragitto. Ma nella migliore tradizione alpina non si tratta di un semplice collegamento e neppure di quanto esso stesso rappresenti una meta indiscussa per gli amanti di sport all’aria aperta per turisti che giungono qui da tutto il mondo, rendendosi finalmente conto di quanto questo magnifico luogo sia incredibilmente vasto e scenografico. Non ci si può accontentare di una bella fotografia, perché nonostante offra la possibilità di immortalare anche gli scorci più belli del posto, è soltanto lasciando che le proprie pupille vengano rapite dal più piccolo dettaglio che si trova una connessione con la montagna.
Bisogna osservare quegli immensi prati interrotti soltanto da una stretta striscia d’asfalto che sale e poi riscende, contando fino a 48 perfetti tornanti nel giro di appena poche decine di chilometri, per la maggior parte sorretti da mastodontiche colonne di cemento e pietra. C’è qualche capanna, qualche casolare e anche una manciata di strutture ricettive presso le quali rifocillarsi, oppure riposare in vista di un’escursione alle prime luci dell’alba, ma l’impronta dell’uomo è rispettosa e mai invasiva, tanto che perdersi nello sterminato silenzio della vallata occidentale o di quella orientale è d’obbligo, prima di ripartire e puntare verso la vetta.
È suo anche il primato di valico asfaltato più alto d’Italia, il secondo di tutta Europa, collegamento tra la regione Lombardia e quella del Trentino Alto Adige, ma numeri o statistiche e onorificenze si perdono quando ai piedi della montagna volgi lo sguardo verso l’alto, faticando quasi a distinguere la cima più lontana e provando a percorrere con gli occhi quell’andirivieni che si arrampica instancabilmente e in maniera quasi grottesca, come se la stessa strada fosse scaturita dalla fantasia surreale di un bambino. Forse questo è uno dei tanti aspetti che rendono questo luogo magico e capace di stringere un rapporto con il nostro subconscio, facendo convivere sensazioni contrastanti come l’irrequietezza e il rilassamento dei sensi, già paghi per quanto sia stato concesso, ancor prima di cominciare realmente la scalata.
La montagna ormai risvegliata dal letargo invernale riacquista i colori brillanti dell’estate, aprendosi a qualsiasi attività outdoor possa venirvi in mente, ma soprattutto creando giochi di luce che illuminano un piccolo angolo sul tetto del mondo contraddistinto dal trascorrere dei secoli. L’aria è sottile e con il passare dei chilometri ci si rende conto di quanto tempo sarebbe necessario per assorbire tutta la bellezza che questo luogo è in grado di offrirci. Questo è un modo di avvicinare il proprio naso al Passo dello Stelvio, il valico alpino che è sulla mappa da quasi due secoli e che è stato asfaltato quasi cento anni or sono. La sua particolare conformazione gli consente di essere costantemente sul podio in ogni lista relativa alle strade più belle del mondo, valorizzando l’aspetto scenografico e la drammaticità delle sue curve.
Qui non è mai questione di potenza o velocità, perché proprio la conformazione topografica del territorio richiede un approccio cauto e ragionevole, permettendo di apprezzare la costante metamorfosi che accompagna e muta lo scenario oltre i lati della strada. Poi c’è quel salto nel vuoto, quasi come affacciarsi con tutto il peso del corpo nel buio occhio di un pozzo senza fondo. Le ginocchia tremano e la schiena inizia a formicolare, mentre lo sguardo torna sulla strada, notando come per una volta l’esperienza di guida sia letteralmente costruita attorno a quell’unica corsia che sale da Trafoi e scende verso Bormio, o viceversa.
Il fatto di rappresentare una vera e propria mecca motoristica e non solo comporta un rovescio della medaglia, ovvero la possibilità di dover condividere questo luogo con traffico estraneo alla vostra rappresentazione ideale di giornata di guida allo stato puro. È per questo che, approfittando dei mesi di apertura stagionale, il nostro consiglio è quello di elevare l’esperienza alle prime o alle ultime luci del giorno, dove le ombre sono più lunghe ed i particolari contrasti di colore creati dai deboli raggi del sole che si scontrano sulle rocce rendono il paesaggio ancora più suggestivo. E poi i rumori, o meglio dire l’assenza di rumori. Un sordo silenzio che invade i timpani e si lascia disturbare soltanto dal ticchettio dello scarico della nostra auto, fidato compagno di un’avventura ormai impressa indelebilmente nel nostro animo di conquistatore di strade.