Alfa Romeo 4C Spider
ASTINENZA TERMINATA
Testo di Alessandro Marrone
Foto di Giorgia Rossi e Jay Tomei
Mi mancava, lo ammetto. Sono stato lontano dalla vasca in carbonio della 4C per circa 3 mesi e già stavo cominciando a provare i primi segni di astinenza. Lo scorso Dicembre ho passato, in compagnia della coupé, una delle settimane più divertenti ed intense di cui ho memoria, e la trepidazione si faceva sentire sempre più, man mano che le settimane venivano archiviate l’una dopo l’altra. Ho così chiesto ai nostri amici di Alfa Romeo di mettermi da parte una Spider, giusto in tempo per il primo sole primaverile e per il Cars & Coffee di Brescia (vedi ACM #40) e loro hanno prontamente risposto, facendomi trovare la piccola superleggera, pronta per un’altra settimana a base di divertimento, ma questa volta con la possibilità di far prendere aria ai capelli, quei pochi che mi sono ormai rimasti. In appena sette giorni, ho guidato ogni attimo possibile, mettendo alla prova la 4C Spider in diverse situazioni, e grazie alla precedente ed intensa esperienza maturata con la coupé, sapevo già dove sarei voluto andare per approfondire quella conoscenza con un telaio sincero e con tutta quella serie di feedback che dalla strada ti vengono trasmessi direttamente alla spina dorsale senza alcun tipo di filtro. La storia del tetto apribile è soltanto una scusa del resto, più che una vera e propria spider, si tratta di una targa ed una volta stivato il tettuccio nel vano bagagli, c’è appena spazio per un borsone ed un giubbotto. Parola d’ordine – viaggiare leggeri, ma con il piede pesante. Il resto vien da sé.
Avendo tenuto poggiato il deretano per più di mezza giornata, proprio il giorno dell’evento di Brescia, vorrei una volta tanto sfatare tutte quelle leggende metropolitane che vedono definire la piccola italiana come una tavola con le ruote: non vanterà il comfort di una Maybach, e nemmeno di una più umana SLK, ma fidatevi se vi assicuro che la mia schiena, pur non godendo della salute di un adolescente, non era affatto a pezzi, la sera tardi giunto a casa dopo 3 ore di viaggio (+3 del viaggio d’andata e circa 3 e mezza passate in coda fermo) – certo bisogna abituarsi un pochino, ma non è niente di esasperante. Da sicuramente più fastidio l’accesso al vano posteriore, con il cofano pesante, nonostante non abbia il pannello in vetro che mette in mostra il 4 cilindri da 1750, bensì una copertura con delle piccole feritoie per agevolarne il raffreddamento. La 4C è vivibilissima anche nell’uso cittadino, le dimensioni sono ridotte, e tolto il leggero sforzo in fase di manovra a vettura ferma, si destreggia bene e con una discreta visibilità. Scendere e salire si confermano operazioni decisamente più semplici rispetto a quelle che tocca affrontare quando si ha a che fare con una Lotus, e l’unico impiccio una volta posteggiati a pettine, è la lunghezza delle portiere, che bisogna aprire più del solito per consentire una discesa lontana dal ridicolo. Ma la 4C, che sia coupé o spider, è qualcosa che vuol sentire parlare di guida, di emozioni, di grip e frenata, e tutto questo, anche nel caso della versione con tetto rimovibile, torna a far capolino, infischiandosene se il modello in prova montava i cerchi base da 17” (bruttini) e lo scarico standard, per nulla all’altezza di quello sportivo. La mancanza di una colonna sonora adeguata è stata una costante e chi mi conosce lo sa, che gran parte del coinvolgimento alla guida mi vien dato proprio da quello strumento musicale chiamato scarico. Senza andare a spendere cifre importanti per portarvi a casa l’optional Akrapovic, anche quello sportivo che offre la casa, fa la sua bella figura e diverte ai bassi, come agli alti e nei cambi di marcia, complice anche l’ottimo doppia frizione a 6 rapporti. Non ci sono differenze sostanziali rispetto alla versione con tetto rigido, del resto il telaio non risente di peso in più, se non per una manciata di chili che le fanno superare di pochissimo la tonnellata, e quindi l’handling resta praticamente invariato – la butti in curva e pesti sul gas con leggero anticipo, facendo allargare il posteriore quanto basta e sparando una marcia dopo l’altra, con il soffio della turbina che fa capolino nell’abitacolo più del solito. Rimuovendo e ripiegando il tettuccio, l’aria crea qualche turbolenza in più rispetto a quelle che ci saremmo aspettati, ma complice anche il sole e delle piacevoli strade di montagna, l’impressione è quella di essere ancora più vicini all’asfalto, sistemati come su un piccolo ma potente aereo da caccia, preciso come uno strumento chirurgico, ma che preferisce siate voi a gestire tutto, selezionando quindi la modalità “Alfa Romeo Race” (che disattiva i controlli di trazione), altrimenti la centralina sarà sempre troppo invasiva, sia tagliando potenza mentre cercate di far pattinare il posteriore, sia quando cambierà marcia, infischiandosene delle intenzioni che avevate rispetto alla curva successiva. È una questione di feeling e la 4C te ne da sempre molto, riuscendo a cambiare diametralmente comportamento nel momento in cui smettete di accompagnarla a 50 orari in centro città, e la lanciate in mezzo alle curve del Colle del Melogno. Un susseguirsi di tornanti più o meno larghi, “esse” veloci e slarghi che ti consentono di tenere giù il pedale destro e di intervenire pesante su quello del freno, magari col piede sinistro, in modo da tenere la turbina sempre in pressione e sfruttare questo piccolo 4 cilindri turbo, come qualcosa di più adulto e maturo, desideroso di dare fondo a tutte le sue capacità.
Si è seduti in basso, sopra a comodi sedili in pelle dall’ottima ritenuta laterale e la mancanza di servosterzo non si fa mai sentire, se non quando la superficie stradale è piena di giunture e le ruote anteriori tendono a portarvi da una parte all’altra, facendo inevitabilmente venire il mal di mare al fotografo, seduto accanto a voi. Non c’è il minimo fading da parte dei freni ed il grip in curva è qualcosa di oscenamente godurioso – vi farà venire voglia di tornare indietro e riprendere la stessa curva a 5 km/h in più e così via – ma l’apice di tutto è quel momento in cui allargandoti in ingresso, attacchi un tornante con l’acceleratore a pavimento e gestisci il volante come quello di una qualsiasi sportiva. I feedback sono raddoppiati però, il motore urla sulla soglia del limitatore eppure riesci a governare il piccolo volante con una sola mano, a ficcare quel muso precisamente dove vuoi tu. Poi, qualche minuto dopo, con ancora l’odore di gomma e frizione nell’aria, rallenti il ritmo e ti godi le facce sempre incuriosite dei passanti – chi ti indica e crede sia al volante di una Ferrari, chi (sorprendentemente) pensa sia una BMW, e chi comincia a parlarti di come anni fa si era innamorato della sua Alfa, così diversa da questa, ma apparentemente sempre in grado di regalare qualche momento speciale. Quanto vorrei una 4C con cambio manuale, pagherei fior di quattrini per una configurazione simile, ma sembra dovremmo accontentarci del doppia frizione robotizzato TCT, che nonostante tutto porta a termine il suo egregio lavoro, con cambiate veloci e precise, senza apparenti segni di affaticamento – e questo non è poco. Impiega sempre 4,5 secondi per scattare da 0 a 100 e raggiunge i 257 orari di velocità massima, la coppia è anch’essa invariata a 350Nm, erogata tra i 2100 ed i 3750 giri. In autostrada si viaggia tranquilli e si gode anche di un ottimo consumo carburante, l’ultimo degli aspetti che guarderete al momento di acquistare una vettura sportiva.
E il tetto nel baule? Meglio lasciarlo a casa, onde evitare di sacrificare ulteriormente il poco spazio concesso ai bagagli, o meglio lasciarlo direttamente montato sui montanti (spuntate come optional il carbonio per ogni particolare possibile), intanto quel che conta succede sotto di voi e non sopra. Una bella giornata di sole e la splendida riviera ligure sono la cornice perfetta, lo so, ma personalmente mi son divertito di più a giocare al massacro delle gomme sui monti nell’entroterra, indipendentemente dal discorso tettuccio e senza neanche interrogarmi se siano meglio i fari anteriori tradizionali, rispetto a quelli in stile pesce nucleare dei Simpsons della coupé. Se può fregarvene qualcosa preferisco i secondi, a condizione che abbiano la cornice in carbonio e non in plastica – li trovo più particolari, altra caratteristica che rende speciale quest’auto. E se si vocifera di una possibile versione GTA, con qualche cavallo in più rispetto a questi 240, non posso far altro che sperare trovi fondamento in una futura produzione, magari con un assetto ancora più estremo, stavolta da rendere davvero impensabile un viaggio autostradale più lungo di qualche minuto, con uno scarico da denuncia per disturbo alla quiete pubblica, ed una spinta ancora più decisa e violenta ai bassi. Se mai uscisse fuori una cosa simile, farei i salti mortali per comprarne una. La Spider? Grandiosa, e non c’erano dubbi, dato che le differenze rispetto alla Coupe sono poche, ma se dovessi scegliere quale prendere tra le due, resterei fedele al club del tetto rigido, opzionando i cerchi giusti ed uno scarico adeguato.