Alfa Romeo Alfetta 1.8 | La Mia Youngtimer
Alfa Romeo Alfetta 1.8 | La Mia Youngtimer
Testo e Foto Originali di Roberto Marrone / Foto Archivio Club Cuore Sportivo
Per un ventenne era una vettura molto ambita, considerata all’epoca come berlina sportiva e con un aspetto piacevole, moderno ed univa doti di guidabilità a buone prestazioni, oltre a un’ottima tenuta di strada. La acquistai d’occasione color giallo Piper con l’interno in velluto blu. A dire il vero non mi entusiasmava quel tessuto, troppo propenso a impregnare polvere e quindi optai per delle fodere su misura di lino bianco. La prima serie, quella con lo scudo stretto, montava i rostri sui paraurti rifiniti, mentre sulla seconda serie (la 1.8) diventarono neri ed il nuovo scudetto più largo, specie sulle carrozzerie chiare, evidenziava il lamierato rimasto della misura del precedente e non era particolarmente bello a vedersi.
Il motore era il punto di forza, affidabile come pochi, con un rombo appagante, non ha mai avuto bisogno di interventi, nonostante la mia guida che in quel periodo non era certo tranquilla o delicata. Il cambio invece risultava piuttosto lento ed era facile a qualche impuntatura, specie in scalata terza/seconda. Andava usato con movimenti netti e precisi. La tenuta di strada pur se la vettura imbarcava parecchio, dava sempre sicurezza, stessa cosa per i freni. Il terminale di scarico, aveva la caratteristica di essere orientato verso il basso ed in caso di piccoli tratti di strada sterrata, questo provocava un innalzamento assurdo di polvere.
L’interno era comodo per quattro persone, i sedili avevano un contenimento sufficiente, il classico volante con la corona di legno era regolabile, ma attorno si notavano già alcuni risparmi su diversi particolari. Prima cosa, sulle maniglie interne delle portiere, quelle assurde finiture in finto legno (in realtà carta) che difficilmente avrebbero avuto vita lunga, poi il quadro strumenti, in plastica di bassa qualità, con finte viti. Le maniglie da ruotare per aprire i deflettori non erano certo comode, mentre il finto legno sul cruscotto era leggermente meno propenso a rovinarsi.
La guidabilità era comunque il suo punto di forza, i cavalli, per l’epoca erano sufficienti a dare soddisfazione e la concorrenza tedesca era lontana dal poter competere, specialmente se la strada aveva delle curve, o se cadeva la pioggia. Ma dove s’invertivano le parti? Senza dubbio sulla qualità delle finiture e non parlo dei rivestimenti, dei tessuti, ma di cose ancor più importanti, che a volte possono sembrare futili, ma che con il tempo causano danni gravi. Il primo è senz’altro per l’Alfetta prima serie, la mancanza di guarnizioni di gomma, tra cristalli e montanti. Ricordo una volta, mentre ero al lavaggio durante la fase di asciugatura, si venò il cristallo anteriore e fui costretto a sostituirlo. Quando montarono quello nuovo inserirono una gommina tutto attorno, ma il vero problema è che queste mancanze provocano nel tempo infiltrazioni e ruggine. Un altro guaio che si è ripetuto per ben tre volte in un paio d’anni, fu la rottura del giunto centrale dell’albero di trasmissione. Va detto che in quegli anni l’auto la sfruttavo parecchio e senza tutti i riguardi che ho imparato nel tempo. La vettura si comportava bene in ogni situazione e quindi i difetti erano mitigati dalla soddisfazione che ti dava quando intraprendevi “una sfida” con altre auto. Per mio gusto la ritengo una delle ultime Alfa Romeo piacevoli, perché quelle che ne sono seguite, hanno incominciato a subire inserimenti esterni plasticosi eccessivi, che ne hanno rovinato l’aspetto rendendole anche molto meno eleganti.