È quasi come mettere la fatidica monetina nel videogame più desiderato della sala giochi, sembra quasi di resettare il cervello e approfittando di una completa assenza di persone o auto. Muovo il selettore in modalità Race, lo scarico Akrapovic entra prepotentemente nell’abitacolo e la giostra comincia a girare.
ALFA ROMEO STELVIO QUADRIFOGLIO
Testo Alessandro Marrone / Foto Bruno Serra
Con il tempo impari dei cosiddetti trucchetti che possono cambiare del tutto un’esperienza. Se poi si tratta dell’annuale appuntamento dell’Alps Attack, le scorse edizioni mi hanno insegnato che se l’estate è l’occasione ideale per usufruire delle mie adorate strade di montagna, il prezzo da pagare è il possibile traffico presente anche sulle vette più alte. Ecco perché quest’anno ho deciso di giocare d’azzardo e rimandare sino a quando i prati cominciano a diventare arancioni e ricoperti da foglie ormai giunte alla fine del loro ciclo vitale. L’autunno è la stagione dai mille colori, ma ti ammonisce per condizioni meteo instabili, meno ore di luce solare e quella gelida brezza che oltre i duemila metri può ben presto diventare neve. Ci sono però dei fattori che riescono ad allinearsi a tal punto che a metà tra il puro caso ed i calcoli più maniacali riescono a dare vita alla giornata ideale per mettere alla prova un’auto che merita molto più che essere semplicemente guidata.
L’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio è stata recentemente aggiornata e come la sorella Giulia (sempre Quadrifoglio, sia chiaro) non ha avuto bisogno di chissà quali stravolgimenti. Quando anni fa abbiamo provato la prima incarnazione del super-SUV di Arese siamo rimasti folgorati dalla sua innata capacità di trasferire emozioni da pura sportiva nel corpo di un SUV di 4,7 metri di lunghezza. Osservandolo di profilo resta sempre quell’immagine di una berlina compatta letteralmente poggiata su due paia di trampoli, una posizione quasi innaturale spazzata via non appena si affronterà la prima curva, momento in cui ogni preconcetto viene stravolto e dove lo Stelvio Quadrifoglio ha ampiamente dimostrato di eccellere, ben più di qualsiasi altro avversario di pari segmento.
Togliamoci subito ogni dubbio, il restyling vede piccoli interventi prevalentemente relegati ai badge e alle cornici dei fari brunite, un sistema di infotainment rinnovato che adesso integra anche una serie di schermate utili a tenere sotto controllo il lato prestazionale del Quadrifoglio e qualche dettaglio all’interno dell’abitacolo. La vernice color oro dell’esemplare affidatoci da Alfa Romeo spicca in qualsiasi situazione, ma è l’impianto di scarico Akrapovic – optional da avere assolutamente – che cambia radicalmente l’esperienza al volante, quando soprattutto in modalità Race trasforma anche i momenti di guida più rilassata in un bombardamento al napalm sulle strade di tutti i giorni. Figuriamoci che razza di avventura sarà la mia imminente arrampicata sulle Alpi.
Il gran giorno è arrivato e il cielo non promette niente di buono. Un fitto velo di nuvole copre le nostre teste, riuscendo a soffocare il sole a tal punto da farci pensare di rimandare il tutto e svuotare lo spazioso vano di carico dello Stelvio. Si tratta pur sempre di un SUV e nonostante la sua indole dichiaratamente sportiva, è del tutto in grado di portare a compimento quei compiti che vi aspettereste da una cinque porte cinque posti in grado di adattarsi alla settimana in ufficio, oppure alla spesa della domenica mattina. Neppure il tempo di riflettere a dovere e premo il pulsante di accensione posizionato sul volante, proprio come su una Ferrari, l’ingombrante parente che contribuisce alla magia che avviene sotto il cofano.
Una volta che il V6 da 2.9-litri prende vita e che sposto il selettore delle modalità di guida in Dynamic non esiste più nessuna argomentazione valida abbastanza per farci desistere. Si parte, l’Alps Attack ha infine inizio. L’abilità con cui divoriamo chilometri in autostrada è impressionante. Lo Stelvio riesce infatti a mostrare un lato confortevole, soprattutto se impostato su All-Weather, dove anche una superficie stradale fradicia di acqua e pozze non impensierisce la tranquillità alla guida, facendoci così superare l’ultimo casello e la città di Cuneo, alla volta delle montagne. Il cielo sembra dare una piccola tregua e perlomeno la pioggia ha cessato di bagnare la carrozzeria d’orata della vettura. Un altro rabbocco di benzina, uno dei tanti, ma del resto fa parte del gioco e viste le premesse sappiamo che da qui a poco la giostra inizierà a fare sul serio.
Oltrepassiamo gli ultimi sperduti paesini che ci dividono dalla nostra prima tappa e così, dopo Pontechianale, la nostra salita sul Colle dell’Agnello può prendere il via. È quasi come mettere la fatidica monetina nel videogame più desiderato della sala giochi, sembra quasi di resettare il cervello e approfittando di una completa assenza di persone o auto. Muovo il selettore in modalità Race, lo scarico Akrapovic entra prepotentemente nell’abitacolo e sembra quasi di sentire come le sospensioni si irrigidiscano. Lo sterzo si fa più duro e preciso e ogni cambiata pizzicata tramite gli enormi paddle in alluminio è come un colpo di mortaio che interrompe le quiete delle montagna in appena 150 millisecondi. Non avevo dimenticato le qualità velocistiche dello Stelvio, ma non ricordavo nemmeno che fosse una simile goduria. Sei seduto in basso, riesci a percepire come il baricentro sia vicino al suolo e come il bilanciamento dei pesi sia magicamente suddiviso al 50% tra anteriore e posteriore.
La trazione Q4 di tipo intelligente è poi la ciliegina sulla torta e se in fase di marcia normale si comporta come una normale posteriore, è ciò che consente al SUV di dispensare trazione all’asse anteriore quanto basta per essere tirati fuori dalle curve, ma al tempo stesso lo fa con una notevole propensione al traverso. La nostra è una frenetica corsa senza fiato verso la curva successiva. La strada è stretta, ma gli unici esseri viventi oltre noi sono qualche mucca al pascolo e degli stambecchi scorti in lontananza. L’incredibile baccano risveglia definitivamente la vallata, mentre a ogni cambio marcia veniamo spinti sempre più su e diamo vita a un’emozione difficile da descrivere a parole. Sono sensazioni quasi onomatopeiche, brividi iperbolici che si perdono non appena svolti il tornante e davanti agli occhi si para lo spettacolo di una natura selvaggia come quella dell’alta montagna nei primi giorni di autunno. C’è un sapore selvaggio tutt’intorno, ma al momento sono troppo impegnato a stringere il magnifico volante e cercare di tenere dritto il muso dello Stelvio, facendo in modo che il biscione di Arese guizzi veloce verso la vetta.
Il ticchettio degli organi meccanici si sostituisce alla guerra scatenata dai 510 cavalli del biturbo Quadrifoglio. Soltanto un attimo di tregua per lasciare che le gambe smettano di tremare, che il cuore rallenti il battito e che il cervello permetta di realizzare dove ci troviamo, dato che dal versante francese sta salendo un fitto banco di nebbia. Ci sono chiazze di nevischio a bordo strada e il totale senso di isolamento sembra strizzare l’occhio al fatto di aver preferito lo Stelvio alla Giulia. La pausa in vetta al Colle dell’Agnello si protrae per qualche minuto e mentre Bruno immortala il momento, io mi dedico a impostare la prossima tappa dal sistema di navigazione integrato nello schermo centrale da 8,8 pollici. L’aria a 2.744 metri è sottile come la lama di un rasoio, ti entra nelle ossa e il forte vento di questa giornata burrascosa ci suggerisce di affrettarci a ripartire, sperando più che altro che sul prossimo valico ci sia il sole ad attenderci.
Il premio per un meteo così ingrato è la completa assenza di traffico. Questo si traduce nella possibilità di tenere un’andatura più consona al quadrifoglio messo in mostra sui passaruota anteriori, con il V6 che sbraita i suoi 510 cavalli e una coppia di 600 Nm che spinge fortissimo a partire da appena 2.500 giri. Le prestazioni dello Stelvio Quadrifoglio sono incredibili, le definirei imbarazzanti, in particolare se facendo riferimento a quelle supercars tradizionali che su una strada come questa faticherebbero a restarci incollate agli scarichi. 3,8 secondi sullo 0-100 km/h e una velocità massima di 283 all’ora. Numeri, semplici numeri che non rendono giustizia alla cieca violenza con cui vieni sballottato da una curva all’altra, abbracciato nei sedili sportivi e aggrappato a un volante che sembra capace di comunicare con l’asfalto grazie alla forza del pensiero. Superiamo Arvieux e mentre si intravedono le prime curve del Col d’Izoard, diamo finalmente il benvenuto a un timido sole.
La meccanica Quadrifoglio è sopraffina, lo si evince dal fatto che il propulsore sia realizzato interamente in alluminio, dal torque vectoring che agisce in simbiosi con le due frizioni del differenziale posteriore, o più semplicemente dai feedback che vengono trasmessi dal telaio al corpo del guidatore. È come indossare un ruvido guanto che nel giro di poche ore diventa parte integrante del tuo corpo. Non puoi farne a meno, esattamente come non puoi esimerti dal premere l’acceleratore a pavimento nelle tratte più rettilinee della valle ai piedi dell’Izoard. La pioggia è ora uscita dai giochi e sebbene l’asfalto non sia del tutto asciutto, gli pneumatici riescono a mordere l’asfalto abbastanza da consentirci di aumentare il ritmo, sfruttando la propensione nell’allargare il posteriore nelle curve con maggiore visibilità.
Dopo pochi minuti raggiungiamo i 2.360 metri della vetta dell’Izoard. Anche stavolta non c’è anima viva, ma purtroppo i lavori di ristrutturazione dell’area di sosta impediscono di sostare accanto al monumento per la foto di rito. La verità è che non mi importa, perché nonostante l’ancestrale maestosità della Casse Deserte e dell’assurda conformazione delle rocce che abbracciano il tortuoso serpente d’asfalto di questo passo di montagna, questa volta i miei occhi volgono sempre verso lo Stelvio Quadrifoglio. Poi, ad un certo punto, l’ombra fa capolino da oltre la cresta est e i raggi del sole vengono ancora una volta spenti. Cade la pioggia, inizialmente leggera e nel giro di pochi minuti diventa quasi torrenziale.
Il buon senso impone di trovare riparo a bordo e dopo aver volutamente dimenticato il controllo trazione, una manciata di tornanti suggeriscono che sia meglio selezionare la modalità più idonea a queste terribili condizioni meteo e rimetterci in marcia verso nord. Approfittando della pioggia torrenziale e ascoltando i lamenti dei nostri stomaci, sostiamo in un’area picnic, trovando riparo sotto una tettoia e pranzando in attesa di un miglioramento. L’ultimo mini-croissant Bauli sancisce il via libera alla ripartenza e nel frattempo la forte pioggia ha diminuito di intensità, comportando però l’obbligo di prestare molta attenzione ad un asfalto fradicio anche più di quanto non fosse alle prime ore del mattino. Altra deviazione, dopo aver litigato per qualche minuto con il navigatore satellitare, e si torna sull’Izoard, giusto perché sinora non abbiamo divorato abbastanza tornanti.
La nebbia limita la visibilità e la fase digestiva impone un’andatura un pochino più tranquilla rispetto a prima. I chilometri scorrono via veloci, allo stesso modo in cui la lancetta della benzina scende verso il basso, soprattutto quando si va pesante sul pedale del gas. Qualche sosta fotografica dopo raggiungiamo Vars, località turistica ancora dormiente, in attesa dell’imminente stagione invernale che la vedrà aprire le porte ad appassionati di sport invernali e non solo. Il bello della montagna è che come il meteo può peggiorare da un momento all’altro, può anche migliorare. E infatti, mentre ci apprestiamo ad imboccare la salita verso il Col de Vars, esce il sole che abbiamo atteso a lungo. I suoi raggi asciugano quasi completamente l’asfalto e permettono di dichiarare guerra ai chilometri che ci dividono dalla prossima tappa, posta a 2.108 metri.
Il Col de Vars non sarà panoramico come i due passi di montagna appena scavalcati, ma è un incredibile susseguirsi di curvoni veloci, rettilinei larghi e con una superficie stradale quasi perfetta. Riesco finalmente a dare fondo alla riserva di potenza dello Stelvio, sfruttando ogni centimetro di escursione dell’acceleratore e lasciando sparare una dopo l’altra le marce dell’automatico a 8 rapporti. Il comportamento si fa nervoso, ma resta incredibilmente sempre preciso. L’avantreno viene inserito proprio dove avevi in mente e i controsterzi vengono controllati con la punta delle dita, subito prima di smanacciare sui paddle e lasciare che l’Akrapovic là dietro intoni una sinfonia calibro V6. Il prezzo del biglietto (si parte da almeno 106.000€) è perfettamente giustificato, anche se aumenta notevolmente spuntando dalla lista degli optional l’indispensabile impianto di scarico in questione, i freni carboceramici e magari i sedili con guscio in carbonio a vista. Del resto lo Stelvio Quadrifoglio non è soltanto una di quelle auto che può fungere da SUV e da sportiva, ma è senza dubbio una di quelle che è in grado di farlo al meglio. Anche perché questo non è un SUV, è una supercar.
L’arrampicata sino alla cima del Col de Vars ha tirato fuori la vera essenza della Quadrifoglio, fatta non soltanto di divertimento e di prestazioni da far uscire gli occhi dalle orbite, ma di una dinamica sopraffina che almeno sulla carta dovrebbe essere estranea al mondo degli SUV, come a quello delle berline. È qualcosa a sé, una vettura che sembra arrivata qui da un altro pianeta per lasciarci senza fiato e rispolverare quel cuore sportivo dimenticato a lungo sullo scaffale dei trofei. Il consumo carburante a queste andature è imbarazzante, ma fa parte del gioco e tolto questo non credo di aver trovato nessun difetto.
C’è ancora qualche dozzina di chilometri da qui al nostro chalet, c’è ancora tempo per vivere a pieni polmoni un’avventura che consacra quest’auto come una tra le migliori degli ultimi vent’anni e probabilmente anche dei prossimi trenta. No, non esagero, non mi faccio prendere dall’entusiasmo. Perché giorni prima e giorni dopo, nel meno coinvolgente tragitto da casa alla redazione, ho provato la stessa devozione verso questa Quadrifoglio. Un senso di completezza che se fosse mai traslato sul corpo di una coupé farebbe venire gli incubi a qualsiasi supercar. Un tumulto in mezzo al petto che ti lascia senza fiato.
ALFA ROMEO STELVIO QUADRIFOGLIO
Motore V6 cilindri Twin-Turbo, 2.891 cc Potenza 510 hp @ 6.500 rpm Coppia 600 Nm @ 2.500 rpm
Trazione Integrale Trasmissione Cambio Automatico a 8 Rapporti Peso 1.905 kg
0-100 km/h 3,8 sec Velocità massima 283 km/h Prezzo da€109.000