Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio: SUV-pocalypse Now
ALFA ROMEO STELVIO QUADRIFOGLIO
SUV-POCALYPSE NOW
Testo di Alessandro Marrone / Foto di Gian Romero
A discapito dell’altezza da terra e di tutto il ben di Dio meccanico che vive tra il nostro fondoschiena e la strada, la sensazione è quella di percepire ogni più piccolo cambiamento dell’asfalto sotto di noi.
L’hanno battezzata con il nome del valico di montagna più famoso d’Italia e senza dubbio uno tra i più bramati del vecchio continente: lo Stelvio. Ad essere onesti, se vi sarà capitato di guidare lungo i tornanti che uniscono Bormio con Prato allo Stelvio, vi sarete resi conto che nonostante si tratti senza dubbio di una fitta serie di tornanti ammassati l’uno sull’altro, in quanto a brividi dietro al volante ve ne regalerà ben pochi, sia per il traffico presente nei mesi in cui il valico è sgombero dalla neve, sia per la ridotta larghezza della carreggiata, la quale costringe spesso a fermarsi per consentire la manovra ai veicoli provenienti dal senso opposto. Un nome altisonante che non rende giustizia al primo SUV della casa di Arese, un progetto tanto ambizioso quanto importante per il biscione che ha intrapreso un percorso di rinascita con la berlina Giulia, con la quale condivide la piattaforma chiamata Giorgio. Altri nomi, altri confronti e un’eredità che va protetta e preservata, ma soprattutto rinvigorita proprio adesso che Alfa Romeo è riuscita (prima con la 4C e poi con la stessa Giulia) a far tacere anche i più accaniti detrattori. Non ci potevamo fermare a guidare una Stelvio qualsiasi, a noi interessa l’esasperazione del concetto di meccanica delle emozioni, la versione Quadrifoglio, il super-SUV da oltre 500 cavalli e quasi 300 all’ora, una promessa rischiosa, una partita a dadi con il destino che nel bene o nel male scatenerà l’apocalisse.
E’ già trascorsa una settimana delle mie a disposizione con la Stelvio Quadrifoglio e non mi sono ancora stufato di dilapidare i miei risparmi alla pompa di benzina. Certo, questi sono quei sacrifici che affronti con piacere e mentre concedo l’ennesimo drink al sempre assetato 6 cilindri turbo, comincio a pensare alla prossima strada da aggiungere all’elenco di quelle già passate in rassegna. Oggi è anche la giornata in cui toglieremo un po’ di polvere accumulata nei giorni scorsi e faremo splendere la carrozzeria nero brillante del nostro esemplare in favore della fotocamera del nostro Gian Romero. Sì, perché oltre che funzionale e maledettamente veloce, la Stelvio Q è anche fotogenica e non importa se il design di una qualsiasi versione a gasolio o benzina non sia stato stravolto da parafanghi esagerati o appendici aerodinamiche che la renderebbero immediatamente riconoscibile. Il lavoro svolto dai designer è esteticamente sottile, ma comunque in grado di lasciare che un occhio allenato riesca a distinguere le feritoie sul cofano motore, le minigonne laterali e il diffusore al posteriore che ospita le due coppie di terminali di scarico. Il vestito della Stelvio resta pulito, sobrio e perfettamente in grado di sonnecchiare inosservato in mezzo a qualsiasi parcheggio del centro città. I tratti somatici principali restano quelli della Giulia, soprattutto al frontale, mentre il portellone posteriore con un lunotto dalle dimensioni ridotte, sacrifica un po’ la visibilità in fase di manovra, per questo sarete grati di avere la retrocamera.
Le dimensioni della Stelvio sono tra gli ingredienti principali, del resto nonostante calzi generosi cerchi da 20 pollici, si tratta pur sempre di un SUV che trova spazio nel segmento medio-piccolo, con un peso complessivo che arriva a 1.900 kg. La bontà di questa concentrazione in fase progettuale si riflette su quello che è il comportamento della vettura, non tanto nei momenti in cui la si utilizza come un buon padre di famiglia, ma quando piuttosto si decide di idolatrare il quadrifoglio verde, il quale ben presto diventerà il vostro personale feticcio. E’ più forte di me, nemmeno il tempo di uscire dal garage di casa ed ero già in modalità Race, con le valvole che si aprono e rendono lo scarico ancora più graffiante, facendolo borbottare in rilascio e lasciando che il V6 biturbo da 2.9cc emetta i classici scoppi in cambiata. Ben presto ci si rende conto che parte del consumo di benzina extra rispetto a quanto dichiarato si debba imputare al fatto che la Stelvio Quadrifoglio ti porta a guidarla come qualcuno appena fuggito dal manicomio criminale più vicino, con il motore costantemente in tiro e con quei movimenti nervosi che sembrano quasi incitare uno sbilanciamento dei pesi utile a capire sin dove il telaio sia in grado di spingersi.
La verità è che i margini sono davvero distanti dal punto in cui un guidatore medio potrebbe spingersi, complice il fatto che il 6 cilindri eroga 600 Nm di coppia senza che la fantastica trazione ne lasci per strada neppure una manciata. Esatto, la trazione della Stelvio Q è qualcosa di diabolico. Trovatemi un SUV che si comporta come una sportiva a trazione posteriore, con il retrotreno che ti comunica quando i grossi 285 dietro cominciano a fare fatica nell’aggrapparsi all’asfalto e allora chiamano in causa l’eccezionale autobloccante, e se ancora non bastasse l’asse anteriore, il quale vi tira via da qualsiasi situazione senza che il corpo vettura si sbilanci di un millimetro. Questo accade anche in modalità Race, ovvero con il controllo trazione disabilitato e con la consapevolezza che quel leggero pattinamento tra la prima e la seconda marcia sia il riflesso di come il 6 cilindri a V sputi fuori con rabbia tutti i suoi 510 cavalli. Fuori di testa, ma non finisce qui, perché nonostante la Stelvio Q sia l’arma ideale per percorrere lunghi viaggi e farlo rapidamente, sa bene che nello stomaco di qualche strada secondaria, dove l’assenza di traffico lascia che l’istinto più selvaggio prenda il sopravvento, ciò che diventa fondamentale è rappresentato da un handling degno di permettere di muoversi in scioltezza a quello che in fin dei conti è un SUV. A partire dalla seduta, dove ci si ritrova immersi nell’abitacolo, sistemati in una sorta di guscio che come missione di vita ha quello di farci sentire un tutt’uno con ogni granello polveroso che ricopre l’asfalto sotto di noi. A discapito dell’altezza da terra e di tutto il ben di Dio meccanico che vive tra il nostro fondoschiena e la strada, la sensazione è quella di percepire ogni più piccolo movimento e il tutto contribuisce a lasciare che il cervello percepisca come ci si possa spingere oltre, con più violenza e più desiderio di deflagrare ciò che ci si para davanti. Che l’apocalisse abbia inizio.
In questo caso è l’impianto frenante carboceramico composto da dischi da 390 mm a 6 pistoncini fissi all’anteriore e da 350 mm e 4 pistoncini fissi al posteriore che consente di prendere sempre maggiore confidenza con l’elasticità e la riserva di coppia del 2.9 sotto al cofano. Ti avvicini alle curve tenendo giù il gas sino a quando con qualsiasi altro peso massimo sarebbe rovinosamente tardi, pressione sul freno e massima concentrazione su quella bacchetta magica disegna-curve chiamata volante, altro punto focale di una vettura che ormai non lascia spazio a dubbi. La connessione con la strada è epica, qualcosa di ultraterreno, soprattutto considerando la taglia, il peso e l’altezza da terra del posto guida. E’ inspiegabile, ma sono probabilmente troppo concentrato a non farmi prendere dall’entusiasmo – non più di quanto stia facendo perlomeno – così mi ritrovo per l’ennesima volta a guardare incredulo il fotografo al mio fianco. Potrebbe non esserci un attimo di tregua, questa Stelvio è instancabile e nonostante prestazioni da supercar non ti odia quando metti le ruote lontano dall’asfalto – a patto che non pensiate di utilizzarla come un vecchio Defender. Ha 5 posti a bordo e parecchio spazio nel baule per consentire di portare tutta l’attrezzatura fotografica, senza dover scegliere tra i treppiedi disponibili e tutti quelli ammennicoli che quando hai a che fare con 500 cavalli, finiscono inesorabilmente nel baule della support car.
Il costante stupore si dipinge in viso ogni volta che agisco sui paddle al volante e scalo un paio di marce, giusto per assicurarmi di essere immediatamente sostenuto dalla colonna sonora ideale. Il muso sembra puntare verso il cielo, almeno per un attimo, ma poi l’onnipresente trazione entra in gioco e ti catapulta con violenza e con una progressione e insistenza talmente costante da non lasciar capire dove finisca una marcia e dove cominci quella successiva. Nel frattempo una bolgia sonora viene sputata fuori dallo scarico e tu, noncurante di un manto stradale imperfetto e del susseguirsi di correzioni necessarie per mantenere la Stelvio al centro della strada, resti impassibile con lo sguardo a metà tra l’estremità del cofano motore e quel punto immaginario che si sposta man mano che la curva successiva si rende visibile e lascia ipotizzare quale sia la marcia ideale per tenere il motore in tiro – come se ce ne fosse bisogno.
Un’altra sosta per fare benzina nel serbatoio di soli 64 litri e via per alcune curve meno famose del Passo Stelvio, ma sicuramente più adeguate ad una vettura in grado di bruciare lo 0-100 km/h in 3,8 secondi e raggiungere una velocità massima di 283 km/h. Questo è il punto esclamativo che ti regala un motore con le impronte digitali Ferrari, un’opera ingegneristica che sottolinea come ogni cosa qui sia pensata e voluta per enfatizzare le emozioni. Lo si percepisce anche nell’abitacolo, arricchito da fibra di carbonio, soprattutto nei bellissimi sedili sportivi a guscio (un optional da 4.000€), mentre il lato ergonomico e funzionale della plancia è pari a quello delle competitors tedesche, sia per l’ottimo sistema di infotainment che governa navigatore satellitare, connettività e impianto audio, sia per quanto riguarda la rifiniture e quei dettagli che solleticano l’eterno bambino che è in noi, come nel caso del pulsante rosso per l’accensione del motore. Accanto alla leva del cambio, tramite la quale è anche possibile salire e scendere di rapporto, c’è la rotella per il volume, quella per il sistema multimediale e il DNA Alfa Romeo, ovvero il selettore che permette di selezionare tra le varie modalità di guida disponibili: Normal, All-Weather, Dynamic e Race. Non domandatemi se ho notato grandi differenze, poiché credo di non aver nemmeno percorso 5 km senza la modalità Race inserita. E non fatemene una colpa, la Stelvio Quadrifoglio è un’auto capace di fare tante cose, ma soprattutto di regalare emozioni autografate da velocità e adrenalina. Ti invoglia a partire per il semplice gusto di guidare, ti chiede di essere tirata per il collo come faresti con una sportiva tradizionale, regalandoti sensazioni di solito estranee al mondo degli SUV. Tutto quello che fa lo riesce a fare più veloce di quanto vi sareste aspettati e con una facilità disarmante che contribuisce a differenziarla ancora più marcatamente dalla sorella Giulia Quadrifoglio Verde, forte di un peso inferiore, di un baricentro più basso e di una trazione posteriore pura che predilige l’adorazione del sovrasterzo e del vostro gommista di fiducia. Tutto questo partendo da circa 96.600 € e fino ad arrivare a 115.000€.
La Stelvio Quadrifoglio è entrata nella mia vita come centinaia di altre auto fanno ogni anno, ma è riuscita a conquistarmi come ben poche sono in grado di fare. Lo fa con una sicurezza che appartiene soltanto a una creatura sicura di sé, di quelle che vorresti restassero amanti segrete, ma che ben presto si trasformano in un’ossessione, una continua voglia di dar vita a quel 6 cilindri e guidare, possibilmente senza avere mai una destinazione precisa, aspetto che significherebbe la fine dei giochi, almeno per un momento. Più impari a conoscerla, più ti rendi conto che ogni tentativo di fermarti a riflettere si fa invano, non puoi starle distante e allora metti altra benzina e assorbito da quel tunnel di adorazione meccanica e sensoriale che diventa ogni sparata su qualche tortuosa strada di montagna, ti rendi conto che ciò che conta lo hai davanti a te, quel pornografico volante che sembra avere una indissolubile connessione con le tue mani e allora ripensi al Passo Stelvio e ti rendi conto che il paragone che porta quest’omonimia non è affatto giusto. La Stelvio Quadrifoglio può davvero essere considerata come l’SUV perfetto, ma sa anche essere una meravigliosa auto sportiva, una pratica vettura per la famiglia. Forse, per un simile capolavoro, sarebbe stato il caso scomodare il giardino dell’Eden e lasciar perdere il Passo Stelvio. Forse sarebbe stato più all’altezza di questa Quadrifoglio. Forse.
ALFA ROMEO STELVIO QUADRIFOGLIO
Layout – Motore anteriore, trazione integrale
Motore – 6 cilindri a V 2.891cc twin-turbo
Trasmissione – cambio automatico a 8 rapporti
Potenza – 510 cv @ 6.500 rpm
600 Nm @ 2.500 rpm
Peso – 1.905 kg
Accelerazione – 3,8 sec.
Velocità massima – 283 km/h
Prezzo – da € 96.600