Alpine Grand Prix 2021 | Conquistando I Giganti Delle Alpi
ALPINE GRAND PRIX
Conquistando I Giganti Delle Alpi
Testo Andrea Albertazzi / Foto Giorgia Rossi
Mastodontico, ambizioso, folle. Trascorro il tempo a cercare l’aggettivo ideale per descrivere l’Alpine Grand Prix di quest’anno, un tour de force di 400 km di strade di montagna, attraversando i tre giganti delle Alpi francesi e gettando nella mischia fino a 10, forse 11 o addirittura 12 passi. Lo scenario è quello di qualcosa di definitivo, un evento che segna il confine tra l’ordinario e qualcosa di impensabile, soprattutto tenendo conto di svolgere il tutto in una singola giornata, nel giro di appena 7 ore, escludendo la pausa pranzo e le tappe, individuate nei punti più strategici per consentire ai partecipanti di godere appieno del maestoso panorama che si para davanti ai propri occhi, una volta che si è all’altezza delle nuvole. Sarà epico e sarà irripetibile.
Mai come in quest’occasione, gli equipaggi non sono composti da guidatori occasionali, tantomeno da classici appassionati. Ci vuole la stoffa, ci vuole amore puro e la massima dedizione. Lo si percepisce dalle vetture schierate, che rappresentano il perfetto connubio tra prestazioni e coinvolgimento alla guida. Arrivano puntuali subito dopo le prime luci dell’alba, in una Courmayeur ancora assonnata e che lascia intravedere un cielo limpido sopra le teste. Il Monte Bianco è proprio di fronte a noi e riuscire a distinguere le sue più intime increspature in maniera così netta, ci fa sperare per un meteo favorevole. Dopo una rapida colazione, gli accrediti e il briefing, gli equipaggi si apprestano alla scalata definitiva, per la prima volta senza neppure sapere se a un certo punto sarà meglio sventolare bandiera bianca e fare rotta verso casa prima di aver spuntato tutti i valichi.
Tutti sapevano di cosa si trattasse e senza dubbio questo aspetto – come anche l’emergenza sanitaria che implica il tampone obbligatorio in assenza di vaccino – ha contribuito a selezionare un numero più ristretto rispetto al solito. Soltanto i più coraggiosi, soltanto coloro che vedono la giornata come una missione da compiere piuttosto che una scampagnata con altri appassionati di auto sportive. I motori si accendono e interrompono bruscamente la quiete ai piedi dei monti. E mentre il convoglio si dirige verso il primo checkpoint della giornata, tutto prende improvvisamente forma. Senza nemmeno rendersene conto e con le curve che cominciano a susseguirsi l’una dopo l’altra, l’Alpine Grand Prix più assurdo di sempre prende vita. Il dado è tratto, non c’è più tempo per ripensamenti.
Segna l’andatura una coppia di Alfa Romeo 4C, due bolidi bianchi che si lanciano nel cuore del Colle del Piccolo San Bernardo. A tallonarle uno schieramento di Porsche Cayman, tra cui una 718 GT4 condotta da un gentleman driver di grande esperienza, il quale nonostante l’arroganza della propria vettura, non ha rinunciato ad elevare il fattore stile, indossando camicia bianca e bretelle. Fantastico. Seguono Mustang, BMW 1M Coupé, Corvette C7 Z06, Ferrari California, 911 GT3 e GR Yaris. Il gruppo è inizialmente piuttosto compatto e mentre la strada è ancora tutta per noi, superiamo il confine francese e puntiamo lo sguardo verso la prima vera e propria chicca della giornata: il Col de l’Iseran.
Con le auto staff, tra cui l’efficace Ford Puma ST messa a disposizione dagli amici di Ford Italia, a tenere il gruppo compatto, superiamo una raggiante Val d’Isère e si inizia finalmente a fare sul serio, arrampicandosi fino a quota 2.764, in vetta al primo dei tre giganti alpini. Il sole è ormai alto nel cielo, nessuna traccia di nuvole, ma l’aria è fresca e favorisce l’appetito e la voglia di rimettersi in marcia e percorrere il versante sud, divorando il trasferimento oltre la Val Cenis, in direzione Col du Télégraphe e quindi Valloire. S’è già bruciata parecchia benzina e dopo i minuti necessari per una rapida sosta alla pompa per il rifornimento, è il momento del Col du Galibier. La strada sale in maniera ancora più scenografica e mentre la bolgia di cavalli vapore percorre il serpente d’asfalto, si toccano i 2.642 metri d’altezza. Altro checkpoint, altre foto, altri attimi spesi in ammirazione di un paesaggio che trovare così limpido è un caso più unico che raro.
Pagina successiva del road book e le gomme stridono lungo le curve del Col du Lautaret, dove la valle si apre ulteriormente e concede scorci da cartolina un attimo si e l’altro pure. La strada diventa più veloce e dopo aver staccato al limite per un numero indefinito di tornanti, slegare i motori è proprio quel che ci voleva. Attraversato il centro di Briançon, è il momento di uno dei passi che preferiamo, il Col d’Izoard. Non è tanto per la lunghezza della strada, o per la tipologia delle sue curve, quanto per la magia offerta dal suo paesaggio lunare, immagini alle quali non puoi assolutamente abituarti. Al Refuge Napoleon è il momento di fermarci e mettere qualcosa in pancia, approfittando della terrazza riservata ai nostri equipaggi, con vista sui tornanti del lato settentrionale, stretti nell’abbraccio di montagne rocciose che sembrano ospitarti nel grembo di un altro pianeta.
Le ore trascorrono veloci, la stanchezza comincia a farsi sentire, ma c’è tutta intenzione di proseguire e portare a termine la propria missione. Di nuovo in marcia, scendendo dal versante sud, oltrepassando Vars e quindi il Col de Vars, per poi toccare Jausiers ed apprestarsi al terzo gigante alpino, il maestoso Col de la Bonette. Ci si arriva ingurgitando il meraviglioso tratto del Col du Restefonde, con i suoi ponti in pietra, i suoi forti abbandonati e quello sfondo che ti entra prima nel cuore e poi nell’anima. 2.715 metri, ma c’è ancora qualche chilometro, percorrendo l’anello che ci conduce al monolite, situato a 2.802 metri. È questo il tetto d’Europa, è questo il finale di una giornata a dir poco intensa, ma che ha saputo regalare emozioni che saranno difficili da dimenticare.
Eppure non è finita qui, dato che in serbo c’è ancora il Colle della Lombarda, con i suoi tornanti che ci riportano in Italia, dove è il momento di scaricare la tensione, mollare la presa e immetterci sulla via di casa, mentre il sole – che ci ha tenuto compagnia per l’intera maratona – comincia a scendere e si appresta a tramontare. Non un semplice tour, nemmeno un evento, ma una vera e propria avventura. Una sfida con se stessi, vinta a mani basse da ogni singolo partecipante, i veri protagonisti che hanno avuto il merito di conquistare una dopo l’altra le vette di una dozzina di strade tra le più belle del vecchio continente. Questa volta abbiamo tentato l’azzardo, ma dopo circa 10 ore di tour, gli eroi presenti hanno dimostrato di essere le persone giuste per questo compito. Grazie e mai come in questa occasione, complimenti a tutti!