ALPINE GRAND PRIX
TORNANTI PER COLAZIONE
L’Alpine Grand Prix è un’indigestione di curve, un’abbuffata di tornanti dedita a saziare quella più profonda voglia di stringere un volante e percorrere chilometri che non dimenticherai facilmente.
Testo di Alessandro Marrone / Foto di Giorgia Rossi
Questa mattina il sole manca all’appello e ogni minuto che passa comincio a credere che tarderà ad alzarsi. E’ dalla serata di sabato che l’aria autunnale s’insinua nei nostri pensieri e lascia spazio ad un venticello fresco che non sembra riuscire a spazzare via quell’intenso velo di nebbia sopra Sestriere. Questo non rappresentava affatto un problema ieri sera, quando una buona metà dei partecipanti all’edizione di quest’anno si è fatta coccolare dalla deliziosa cucina del Grange Sax, eccezionale ristorante situato nel pittoresco borgo di Grangesises. Aperto appositamente per noi, è stato il luogo di ritrovo ideale per cominciare ad affiatare un gruppo sempre più compatto e che ad ogni evento accoglie nuovi e graditissimi amici. Quasi chiusi nell’intimità del piccolo locale ai piedi delle montagne, era inevitabile che gran parte dei discorsi sarebbero finiti all’argomento condiviso da appassionati che non intendono relegare la propria smania di guidare come si deve, lasciando segregate le proprie auto sportive in garage.
Il mattino seguente la situazione meteorologica resta stabile, con una delicata acquolina che bagna le carrozzerie delle auto che cominciano a radunarsi di fronte all’imponente fortezza di Exilles poco dopo le prime luci dell’alba (in realtà erano già le 8.00, ma provate a dirmi che non è una frase ad effetto). Puntuali come non mai, tutti gli equipaggi si schierano l’uno accanto all’altro e mentre la fase di accreditamento prosegue, c’è giusto il tempo per dare una sbirciatina al road book di questa terza edizione dell’Alpine Grand Prix. Come sempre, i fattori comuni con gli eventi precedenti sono un quantitativo indefinito di curve e gli oltre 250 chilometri su e giù per le Alpi che scavalcano il confine tra Italia e Francia, a nostro avviso il terreno ideale per divertirsi immersi in un panorama mozzafiato.
Archiviato anche un rapido briefing utile per riepilogare le tappe principali e alcune norme di sicurezza, il convoglio comincia la sua arrampicata in direzione del Colle del Moncenisio. A guidare il gruppo, la nostra staff car ufficiale, la nuova Cupra Ateca che grazie alla trazione integrale e una eccezionale maneggevolezza riesce a sfruttare i suoi 300 cavalli, nonostante la fitta nebbia che avvolge gli ultimi chilometri del colle, sino a quando effettuiamo la prima sosta su quelle che sarebbero dovute essere le sponde del lago del Moncenisio, assolutamente impossibile da vedere in quanto celato dallo spesso strato di nebbia. Non si indugia oltre e si prosegue verso nord in direzione Lanslebourg, finalmente con i primi raggi del sole della giornata. Inevitabilmente il passo aumenta e a rigor di logica anche il divertimento. Appostati a bordo strada con la fotografa, vediamo sfrecciare la Cupra, seguita a ruota dall’Alpine A110 (una tra le auto ideali per questo evento – di nome e di fatto) e poi Maserati Granturismo MC Stradale, Ferrari F12, Mustang, Lotus, Nissan GTR e l’immancabile schieramento di Porsche, tra cui 997 GT3 RS, 991 GTS, 997, 996 GT3, Boxster, Cayman e 991 Targa, senza dimenticare le agguerrite MX-5 RF e Clio RS. Il serpente più rumoroso e veloce delle Alpi prosegue addentrandosi nell’interno della Francia per poi salire in direzione del Col du Galibier, oltrepassando quindi il Col du Télégraphe e un’altra nutrita risma di curve.
La strada che porta alla cima del Galibier, salendo da Valloire, è uno dei tratti più scenografici che si possano percorrere in auto. Immense vallate incontaminate con pareti rocciose che si ergono a perdita d’occhio, e in mezzo a questa incredibile meraviglia della natura, una strada che curva dopo curva sale sino a 2.642 metri di altezza. L’arrampicata è baciata da un meteo perfetto, l’asfalto è asciutto e il traffico abbastanza scarso da consentire ai partecipanti di ricordarsi un’altra volta il buon motivo per cui valga la pena alzarsi presto da letto certe mattine. Catturati da un panorama quasi surreale, i chilometri scivolano via in fretta e ben presto torna anche una leggera nebbia, meno insistente di quella avuta a inizio giornata e infatti già discendendo verso sud e oltrepassando il Col du Lautaret svanisce e consente di godersi la parte più veloce del tour in completa sicurezza. E’ qui che madre natura ci ricorda quanto siamo insignificanti al suo cospetto, creando una sorta di corona di nubi attorno ai più alti picchi rocciosi di fronte a noi, esattamente a ridosso della valle in cui le vetture si addentrano tirando una marcia dopo l’altra. Superiamo Briancon e quindi Cervieres e finalmente giunge il momento di uno dei passi montani più belli al mondo, un tesoro naturale invidiato anche dal più profondo angolo dell’universo: il Col d’Izoard.
Si trattava di scegliere il periodo più consono per evitare l’intenso traffico che caratterizza l’Izoard durante la stagione estiva, per cui trovare l’asfalto bagnato ma la strada completamente per noi è senza dubbio meglio che percorrere il colle dovendo schivare biciclette, moto, camper e altri automobilisti. Breve tappa al Refuge Napoléon e via per la ghiotta serie di tornanti che hanno reso leggendaria questa famosa tappa ciclistica del Tour de France. La conformazione rocciosa del territorio sembra volerti illudere di essere atterrato su Marte, ma non puoi far a meno che vivere un momento del genere stringendo ancora di più il volante e facendo riecheggiare il rombo del motore tra le rocce che sovrastano il gruppo, a prescindere dalla direzione in cui si volga lo sguardo. Tocca quindi agli ultimi due dei sette passi affrontanti quest’oggi, il Col de Vars e il Col de Larche, che in Italia chiamiamo Colle della Maddalena, tappa finale che ci consente di concedere meritato riposo ai cavalli sotto al cofano e agli equipaggi, mai come in quest’occasione compatti e impeccabili nel condurre le proprie vetture, nonostante le condizioni meteo a tratti davvero ostiche.
Sono le ore 16.30 e non abbiamo ancora fatto colazione né pranzo, così cerchiamo riparo (nel frattempo è scesa di nuovo la nebbia) all’interno del Ristorante del Lago e veniamo accolti da uno sfizioso pranzo tipico, a base di polenta, formaggi, dolci e la rinomata simpatia e gentilezza dei gestori. Non manca nemmeno la mascotte del locale, nonché il nostro personale amico a quattro zampe Billy, ormai divenuto anche lui un habitué dell’Alpine Grand Prix. Un evento che inizialmente avrebbe dovuto affiancare i nostri altri tour per tre anni, ma che dati gli eccezionali riscontri e i grandi progetti che abbiamo per trascorrere altre giornate come questa, trova un posto fisso sul nostro calendario e tornerà anche l’anno prossimo e quello dopo ancora, ovviamente con un itinerario rinnovato, ma sempre con tanta voglia di divorare chilometri.
L’Alpine Grand Prix è un’indigestione di curve, un’abbuffata di tornanti dedita a saziare quella più profonda voglia di stringere un volante e percorrere chilometri che non dimenticherai facilmente, ma come sempre l’ingrediente principale e che rende ogni edizione un appuntamento segnato a caratteri cubitali sul calendario è portato dalle persone che abbiamo la fortuna di conoscere. Ognuno di loro con la propria auto, la propria storia, le proprie avventure da raccontare ed entrare così in quella che anno dopo anno vediamo più come il ritrovo con la nostra famiglia di scalmanati, piuttosto che come un tradizionale driving tour. E quando è il momento di salutarsi, già si pensa alla prossima arrampicata, magari con un meteo più clemente, dove poter scaricare i cavalli più a lungo di quanto siamo riusciti a fare in quei ritagli di giornata in cui il sole ha fatto capolino e irraggiato le pittoresche curve di questa incredibile avventura condivisa con le migliori persone che avremmo potuto desiderare.
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