CLIMB #04 | COL DU GALIBIER
AUDI RS Q8
L’RS Q8 è ormai un proiettile lanciato in una gigantesca creatura di roccia con la bocca spalancata, viene inghiottito in un tornante per poi uscirne ancora più inferocito l’attimo dopo, sparando una marcia dopo l’altra e cercando di scalfire l’impassibile indifferenza di una vetta che si fa sempre più vicina.
WELCOME TO THE MACHINE
Testo di Alessandro Marrone / Foto di S. Lomax
I chilometri lungo la D1091 che attraversa La Grave sono quanto di più scorrevole possiate desiderare una volta immersi nel primordiale abbraccio delle montagne. La strada è larga, in condizioni quasi perfette e con la possibilità di sorpassare l’eventuale ma pur sempre scarso traffico che difficilmente affolla l’area alle prime luci del giorno. Ci sono curvoni veloci che assumono le sembianze di un’unica tirata, un incessante sprint verso quelle vette che con il passare dei minuti si fanno sempre più vicine e mostrano con ancora più imponenza la proprio presenza, creando un orizzonte roccioso quasi del tutto spoglio, di quelli che ti preparano per una scalata memorabile. Non a caso si tratta di una leggenda per il mondo del ciclismo internazionale ed in quanto a strade tutte curve, il Tour de France ha sempre offerto fantastici spunti a noi invasati di auto sportive e curve.
Un altro titano delle Alpi, il Col du Galibier, è lì ad attenderci, con un’arrampicata diversa da tutti gli altri passi, facendoti partire già dalla vetta del Col du Lautaret (2.058 metri), quasi a voler enfatizzare come non intenda essere un gioco da ragazzi e fidatevi che mette le cose in chiaro sin dai primi chilometri. Il primo segnale che si tratta di un’avventura nella quale gettarsi a testa bassa e con la massima concentrazione arriva ben presto, nel momento in cui il traffico si fa totalmente assente e l’unico rumore a squarciare il silenzio di una conca montana ancora intorpidita dal sonno è l’8 cilindri del nostro RS Q8. I maestri dei quattro anelli di Ingolstadt devono aver pensato a situazioni come queste quando hanno deciso di prendere il SUV in cima al proprio listino e renderlo qualcosa che fosse in grado di tenere andature che con qualsiasi altra sportiva sarebbero proibitive, soprattutto qui dove la trazione integrale Quattro è parte integrante di uno sforzo meccanico provvidenziale per tenere giù il gas, quando a pochi centimetri dagli enormi pneumatici si staglia un precipizio del quale non riesci a distinguere la fine.
Letteralmente aggrappato al volante in Alcantara, sono consapevole che quasi tutto il merito vada attribuito alla vettura e non al sottoscritto che si limita soltanto nel domandarsi se la fiducia nel grip messo in gioco nelle curve più veloci non sia troppa. Una successione di tornate ancora larghe a tal punto da permettere al 4-litri di sprigionare i suoi 600 cavalli, pennellando delle uscite di curva degne di un track-day domenicale. Lo scarico sbraita e borbotta ed ogni volta che ci fiondiamo sui tornanti che si fanno sempre più accentuati, l’impianto frenante carboceramico è sempre pronto a impedire che gli oltre 2.300 kg di peso penalizzino una dinamica di guida che sembra provenire da un altro mondo. Nemmeno nei cambi di direzione più repentini sembra smuoversi da quel binario immaginario sul quale avresti desiderato restasse e questo non fa altro che infondere la fiducia indispensabile per poter abbandonare ogni più remoto cenno di mondo civile e lanciarsi nel ventre di un panorama lunare, tuttavia ancora nel pieno del rigoglio estivo, grazie ad una giornata che ha da poco dato il benvenuto ad un fantastico sole, sistemato nel cuore di un cielo azzurro simile a quello di una cartolina.
Il Galibier è senza dubbio uno dei valichi alpini più ambiti, proprio perché a differenza di altri sembra non voler concedere alcuna possibilità di entrare in intimità con il suo territorio così selvaggio. Quando pensi di aver raggiunto un punto familiare, magari percorso 365 giorni fa, svolti l’angolo e scopri che non è ancora giunto il momento. E così guidi ancora, pestando il pedale dell’acceleratore fino al pavimento e rendendoti conto dell’immane sforzo che avviene sotto di te. L’RS Q8 è ormai un proiettile lanciato in una gigantesca creatura di roccia con la bocca spalancata, viene inghiottito in un tornante per poi uscirne ancora più inferocito l’attimo dopo, sparando una marcia dopo l’altra e cercando di scalfire l’impassibile indifferenza di una vetta che si fa sempre più vicina. Allo Chalet du Galibier teniamo stretto a destra e imbocchiamo l’ultima coppia di tornanti che dividono dalla tanto agognata sommità, dove il piazzale ricavato di fronte all’immancabile segnale che sancisce il punto più alto della strada è già preso d’assalto da ciclisti e motociclisti giunti fin qui per aggiungere una tacca al proprio pallottoliere delle conquiste alpine.
Per noi è diverso, scendo dal grosso SUV Audi perfettamente riposato e posso guardarmi intorno cercando di scrutare il versante settentrionale che ci guiderà sino a Valloire, per uno sprint ancora più intenso e che assume definitivamente le sembianze di un luogo nel quale vuoi perderti e trascorrere più del tempo concesso per una semplice fuga a base di cavalli e benzina. Sono in molti ad avvicinarsi all’RS Q8, osservarlo e non trovando altro che il logo dei quattro anelli, a chiedere di che modello si tratti, questo soprattutto quando riaccendo il motore in modalità Dynamic, con la coppia di scarichi che mette in chiaro come non si tratti della scelta più scontata per la più tipica famiglia con bambini. Giusto il tempo per due chiacchiere, per snocciolare alcune delle scioccanti specifiche tecniche del nostro destriero e Steve è già ripartito con la seconda vettura, pronto per appostarsi qualche tornante più in basso e fare ciò che gli riesce meglio, che per inciso non è intrattenere lunghi discorsi con i ciclisti o con sedicenti fotografi disseminati in prossimità della vetta.
Un rapido sguardo a destra e poi a sinistra, piede destro ancora una volta estremamente prepotente sul gas e proprio non riesco a capacitarmi dell’accelerazione balistica di questa vettura. È come vedere un elefante in testa al Gran Premio di Formula 1, con la differenza che l’RS Q8 è anche dotato di comodi sedili dall’ottima ritenuta e di un sistema di navigazione con mappe satellitari 3D e impianto audio da far invidia ai migliori AC/DC. L’unica musica che voglio sentire quando siamo impegnati su questo tipo di strade è quella che il V8 suona nella sua frenetica e fin troppo rapida corsa alla linea rossa, qualcosa che con due turbocompressori e 800 Nm di coppia crea dipendenza e infesta i tuoi sogni per lungo tempo. L’aspetto più strabiliante dell’RS Q8 però non è soltanto la potenza bruta, quella cieca accelerazione che ti preme al sedile e ti catapulta in quel punto che sino ad un attimo prima era a ridosso dell’orizzonte. L’assetto dinamico è pura poesia, non di quelle sdolcinate e strappalacrime, ma piuttosto un inno al magnetismo ingegneristico che tiene premuto a terra il corpo vettura del grosso SUV, in accelerazione come in percorrenze di curva che sanno di magia nera.
La conformazione topografica del Col du Galibier non è certo di quelle che ti concede di mettere sotto il massimo stress una vettura per ciò che è stata concepita, ma se hai abbastanza coraggio, fiducia nell’auto che ti ritrovi fra le mani e un pizzico di sana follia, il versante nord è tutto ciò per cui vale la pena guidare fin qui. Il nastro d’asfalto resta sorprendentemente liscio e l’ottima visibilità offerta dalla discesa settentrionale incitano nel buttarmi in picchiata, individuando quel punto di non ritorno che rende un’esperienza di guida un momento di pura e totale intimità con quell’oggetto del desiderio chiamato automobile. Che poi sia più alta, larga, lunga e pesante della prima dozzina di modelli che vengono in mente quando si pensa ad una strada tutta curve e una forte dose di adrenalina al profumo di 100 ottani poco importa, perché in questo caso Audi non si è limitata a prendere l’ormai iconica RS6 e farle indossare gli abiti della (RS) Q8, ma ha creato il SUV più feroce che sia mai esistito, per pura potenza, grip, frenata e un look accentuato da immensi cerchi da 23 pollici a corollario di un oggetto che grazie alle sue assurde capacità sfiora i limiti del feticismo motoristico.
Domani saremo molto probabilmente alle prese con il traffico del venerdì, alla spasmodica ricerca di un parcheggio di fronte al negozio di crocchette per cani. Domani tutto questo sarà soltanto un altro incredibile ricordo. Ecco perché bisogna vivere l’oggi e prendere tutto il possibile da una giornata tanto attesa quanto pronta per essere di nuovo bramata sul calendario del prossimo anno. Molti altri appostamenti e litri di benzina dopo, i nostri stomaci implorano di fermarci per un veloce pranzo al sacco, così approfittiamo del fatto che dopotutto l’RS Q8 sia un SUV, per aumentare la corsa delle sospensioni e sistemare la vettura in un’ampia area sterrata, in quello che molto probabilmente è il punto più panoramico che potessimo trovare. Nella quasi surreale tranquillità del pomeriggio e circondato da affilate e incontaminate montagne, il ticchettio dello scarico è quasi un eco di quella ruvida sinfonia che ancora riecheggia nella vallata e nonostante mi fossi già reso conto delle capacità dell’auto nei giorni precedenti, è in contesti di questo tipo che puoi davvero entrare in sintonia con una vettura e dividere quelle semplicemente buone, da quelle grandiose.
Quest’Audi non rientra in nessuna categoria esistente, forse proprio perché prende ogni etichetta e la fa a brandelli con una potenza che non chiede permesso ed è sempre pronta a prenderti a calci nella schiena, sorprendendo per come un mastodonte di questo tipo, e con un aspetto che in fin dei conti non ha poi netti richiami alle sue estreme doti dinamiche, sia in grado di fare bene ogni cosa le venga chiesta. Tutto si riduce a come il guidatore intenda sfruttarla, agendo su un semplice bottone situato sul volante stesso e andando a richiamare la natura più sorniona o quella più primordiale di un hyper-SUV (del resto è anche ibrida) che riscrive le regole del gioco esattamente come la RS6 ha fatto anni fa nel panorama delle famigliari sotto effetto di stupefacenti.
I raggi del sole cominciano ad allungare le ombre, è il momento per le ultime foto, gli ultimi passaggi e con il serbatoio ormai pronto ad illuminare la spia della riserva, accantono la modalità RS1 e lascio che l’aspetto più civilizzato di questo Q8 molto speciale si faccia strada sotto ai muscoli e ci coccoli lungo la via del ritorno. Anche il terzo gigante delle Alpi è stato conquistato, ma se vi state domandando dove sia la difficoltà nel giungere fin qui e guidare su una strada perfettamente asfaltata, penso sia importante spiegare che non è questo ciò che intendiamo in redazione ad Auto Class. Conquistare un passo è farlo tuo, diventare parte della strada, delle montagne e al tempo stesso lasciare che questo luogo magnifico prenda un pezzo di te e lo conservi sino al tuo ritorno. È un rapporto di rispetto reciproco, di amore perfettamente contraccambiato e che in ciascuno di noi assume forme differenti. Per questo è importante farlo nel modo giusto, perché soltanto così tutti i pezzi potranno incastrarsi e rendere il ricordo indelebile, esattamente come le immagini che da oggi hanno arricchito il nostro album dei ricordi e dove l’RS Q8 ha dimostrato di essere l’auto ideale, la migliore compagna d’avventura, la macchina conquistatrice definitiva per emozioni d’alta quota.