UN LUPO MANNARO A MONACO
Testo di Carlo Brema / Foto di BMW Group
Immaginate un mondo dove l’automobile non è ancora interamente vista come il peggiore di tutti i mali, dove le limitazioni legate alle emissioni e le sterili analisi di mercato non sono il primo pensiero di un brand. In realtà non bisogna imbarcarsi per un’altra galassia e neppure viaggiare troppo indietro nel tempo, la nostra destinazione è datata 2005. In quell’anno – e per la prima volta nel panorama delle vetture stradali – BMW ha preso un V10 da 5-litri e l’ha stivato sotto al cofano di una berlina, due anni dopo l’ha fatto nella versione Touring, creando rispettivamente la berlina e la wagon più potenti e veloci che il mondo avesse mai visto.
La M5 Touring serie E61 è ben più rara della controparte berlina tre volumi, un po’ perché è stata distribuita soltanto in Europa e un po’ perché la produzione è stata di soli 1.025 esemplari, a fronte dei 20.548 totali. Inoltre è stata prodotta per soli tre anni, sino al 2010, momento in cui fu dato lo stop definitivo. A dieci anni di distanza, BMW non ha più prodotto una M5 Touring, preferendo sfruttare la sempre più incalzante presenza di SUV con le più svariate versioni prestazionali a benzina, diesel e ibride. Tutto questo non ha fatto altro che alimentare l’alone di mistero che ruota attorno ad una vettura che seppure abbia 10 anni o poco più, sembra venire da un mondo in cui il concetto di coinvolgimento alla guida veniva scatenato da un enorme 10 cilindri a V in grado di mettere a terra sul solo asse posteriore la bellezza di 507 cavalli e 520 Nm di coppia massima. Il cambio è un automatico a 7 rapporti e l’erogazione è tale da mettere a dura prova il morso che gli pneumatici da 285 devono applicare sull’asfalto, infischiandosene di una massa che supera di poco i 1.800 kg, dei cinque occupanti comodamente a bordo e della moltitudine di bagagli che si può caricare nel vano di carico.
Quella con la M5 – a prescindere che si tratti della berlina o della Touring – è un’esperienza viscerale, che senza neanche bisogno di sottolinearlo ruota principalmente attorno ad un propulsore che strizza l’occhio al Team Sauber di Formula 1 e che identifica la gloria assoluta in fase di accelerazione. Come per ogni V10 che si rispetti si percepisce subito che una volta che la strada lo concede, aumentare la pressione sul pedale dell’acceleratore porterà ad un conseguente aumento del volume, dove il latrato del 5.0 cc cresce costantemente sino a pizzicare i 7.750 giri. In quel momento e con la massima potenza erogata su una vettura che fatta eccezione per le due coppie di terminali di scarico e paraurti più affilati riesce comunque a passare inosservata ai più, si apprezza una dinamica in grado di soddisfare anche i piloti più esigenti, soprattutto grazie alle molte regolazioni personalizzabili tramite gli appositi driving modes.
Il lupo mannaro di Monaco di Baviera è qualcosa di inarrestabile e unisce una tecnologia di bordo ancora oggi al passo coi tempi, con una meccanica dagli input ben più violenti rispetto a quanto ormai siamo abituati. L’M5 Touring dichiarava di scattare da 0 a 100 km/h in circa 4,7 secondi, ma numerosi test su vetture perfettamente stock hanno fatto segnare addirittura 4,1 – una differenza notevole che non rende però ancora giustizia alla bolgia nella quale ci si trovi nel momento in cui si affonda il gas a tavoletta e si viene premuti sulle comode poltrone in pelle. Del resto l’abitacolo è quello di una Serie 5 dell’epoca Chris Bangle, come anche la quasi totalità dell’esterno ed il fatto di essere un lupo (mannaro) travestito da agnello non fa altro che accentuare quello stupore che si prova nel momento in cui chiamate in causa l’incredibile riserva di potenza sempre a disposizione sotto al cofano motore.
Forse l’aspetto che rende quest’auto così speciale è proprio il fatto che abbia vissuto per così poco tempo, quasi in una penombra che le ha permesso di arrivare soltanto a chi fosse realmente in grado di comprenderla. Non aver avuto modo di dar seguito alla sua eredità non la rende soltanto l’ultima della sua specie – la sola altra M5 Touring è basata sulla serie E34 e prodotta dal 1992 al 1996 con un 6 cilindri da 3.8 e 340 cavalli – ma il punto di arrivo ed anche quello di non ritorno. Una wagon perfetta per i viaggi, per la quotidianità e per una strada tutta curve con un V10 ad urlare a tal punto da risvegliare i morti non si sarebbe potuta perfezionare, ma soltanto cambiare e questo ne avrebbe snaturato il senso. Queste sono le emozioni forti, quelle che ti stringono il cuore e allentano la presa soltanto quando il lupo ha smesso di cacciare curve. Vorremmo tanto un’altra auto così, ma forse è giusto che certi miti restino dove sono, a rendere grandi quei giorni che non torneranno più indietro.