Le Auto Inglesi Rendono Il Mondo Migliore
Testo di Alessandro Marrone
Foto di Matteo Ravelli
Sono un ragazzo fortunato, e non faccio riferimento alla famosa hit di Jovanotti (che non mi piace neanche), ma al fatto che sono nato e cresciuto in una famiglia che ha sempre respirato e vissuto di motori, in particolare di auto inglesi. E così, essendo dalla parte opposta della classica barricata dell’appassionato italiano medio, che vede e sente solo Ferrari, tra le mie prime parole c’erano i modelli di Jaguar, Lotus ed Aston Martin. Non potevo desiderare di meglio, ma come in tutte le favole che si rispettino, c’è sempre quel nemico oscuro pronto a rovinare il clima onirico che tempesta i sogni di un bambino ormai cresciuto. Nella fattispecie, questi “nemici” sono materializzati nella precaria affidabilità delle classiche inglesi (e come classiche intendo sia quelle d’epoca, che quelle sino a fine anni ’90), e dalla trasformazione forzata da inglesi pure ad ibridi, rese però forti e più spendibili nel quotidiano, dalle fusioni aziendali con grossi marchi tedeschi prima ed indiani poi (se parliamo di Jaguar).
La storia del giaguaro è qualcosa di affascinante: le abbiamo addirittura dedicato un libro (che potete ordinare dal nostro sito, ndr), quando i pionieri, padri fondatori delle prime case automobilistiche erano autentici eroi e non semplici uomini di marketing in giacca e cravatta. Quando sento nominare la parola Jaguar, non possono far altro che venirmi in mente tutta una serie di ricordi, di emozioni vissute a bordo, magari seduto sui sedili posteriori, come quando seduto dietro a mio padre, tenevo in mano il volante di una vecchia Triumph e fingevo di guidare a mia volta. Sono sicuro che molti di voi capiranno quindi cosa intendo e che la giornata organizzata in quel di Porto Venere, insieme ad alcuni amici del SupercarSafari, ha significato qualcosa di più che una semplice giornata lavorativa, ammesso che fare il lavoro più bello del mondo, possa essere considerato “lavorare”. E così, assieme a due ambasciatrici del giaguaro moderno, quello della post Ford-era, abbiamo affiancato una storica Lotus Esprit, una S4 del ’96. Un “passato moderno”, un classico intramontabile per migliaia di motivi, che nonostante sia stata guidata da Roger Moore in un celebre film di James Bond, ha tanto altro da dire e dare e lo dimostra non appena fa il suo ingresso in scena, con la più tipica linea da supercar: motore centrale e due grossi spoiler. Serve altro? Non credo.
Abbiamo giocato a dadi con la sorte e sfidato le previsioni meteo più pessimistiche che davano addirittura forti rovesci tendenti al nubifragio e ci siamo trovati in un grosso posteggio nel centro di La Spezia. A colorire immediatamente la giornata è Sauro, oggi con la sua XKR-S, ovvero la più potente Jaguar stradale in circolazione. Tempo pochi secondi ed un gruppo di ragazzi che erano lì per fatti loro, accerchia la grossa gattona color blu puffo, o French Racing Blue, se vogliamo fare i pignoli. Poi arriva Andrea, al volante della sua F-Type Coupé ed infine Emanuele, con la Lotus. Non si perde tempo e si lascia il traffico cittadino in direzione Porto Venere, dove ci aspetta una intensa giornata di scatti. Si fa lo slalom tra le utilitarie e tra gli scooter che invadono la città, tutti si voltano ed osservano stralunati il baccano che le tre inglesi fanno in ogni via che attraversano. Il fotografo Matteo Ravelli comincia a scattare foto senza sosta, consapevole che il tempo a disposizione volerà inesorabile ed io, una volta tanto, mi godo la giornata quasi come se fossi uno spettatore. Chiacchiero con i nostri amici del SupercarSafari, mi faccio intrattenere dagli stravaganti commenti dei passanti, che oltre a pensare che in mezzo alle tre auto ci sia una BMW, pongono le solite pazze domande, che non possono far altro che farti sorridere. Il bello di avere auto fuori dal comune è proprio questo del resto, quello di suscitare curiosità, ma al tempo stesso di implicare che la gente si avvicini a chiedere informazioni. Il cuore di Porto Venere è il primo stage per le nostre foto, poi ci addentriamo nel porto, sinché la striscia di terra non finisce contro una parete rocciosa e da dove puoi osservare come il mare entri dentro la piccola cittadina spezzina. Ancora più sguardi sono attirati dalle tre grazie, tirate a lucido e fiammanti come non mai, in attesa di poter sgranchire poi le gambe su qualche stradina che consenta di ingranare oltre la seconda marcia. Le fotografie parlano e tra i tipici rumori di porticciolo e la brezza di un mare che preavvisa un po’ di burrasca, colgo l’occasione per toccare con mano i miei prossimi compagni di viaggio ed avventure, ovvero i fantastici guanti in pelle firmati “The Outlierman”. Il materiale è eccezionale, pelle morbidissima con cuciture in contrasto ed un design elegante ma al tempo stesso funzionale, soprattutto il modello che lascia la punta delle dita scoperte. Giusto il tempo di trovare la mia taglia che Sauro ed Emanuele ne hanno già adocchiati due paia blu; blu come le loro inglesone. Ci spostiamo da un molo all’altro per scatti più dettagliati e poi, finalmente, è tempo di mettere in moto ed uscire dalla zona a traffico limitato e dirigerci in una zona adatta ad un po’ di traffico movimentato.
Fotografo nel baule e su per la litoranea che porta verso ponente. Le tre dame, che sino a poco prima hanno sfilato eleganti e tranquille come le migliori modelle che uno stilista possa desiderare, si trasformano ed enfatizzato il loro carattere bipolare da Dr Jekyll e Mr Hyde. La soglia del rumore aumenta e l’odore di gomma bruciata pure. Mi godo lo spettacolo di Sauro che attacca ogni curva come se fosse il suo peggior nemico, violentando la sua Jaguar ed intraversandola come nelle clip pubblicitarie che dovrebbero mandare in onda, al posto di spiegare quanti dispositivi di connettività ha un’auto. Vogliamo vedere quando sia cattiva e divertente una sportiva, non ci frega niente se non potremo connettere l’iPhone! Con un V8 supercharged da 5 litri e 550 cavalli, non importerebbe nemmeno al più fedele lettore del galateo. Figuriamoci a chi in garage ha una sfilza di V8 e V10… Andrea non è da meno, ed indossati i suoi personali guanti in pelle, alza il volume della sua F-Type, sicuramente la più elegante delle tre, con quelle sinuose linee che omaggiano la Jaguar madre di tutte, l’immortale E-Type. Il 3.0 da 340 cavalli spinge bene ai bassi ed anche agli alti, emettendo un sound più pieno di quello roco della XKR-S, caratterizzato dagli sbuffi degli scarichi in fase di cambiata. Piantata a terra, la F-Type sarebbe l’auto ideale per il nuovo 007, nel caso dovesse abbandonare lo stemma Aston Martin, senza però rinunciare a quello stile che coniuga sportività ed eleganza. Rossa fuori e dentro, esalta la personalità del suo proprietario, sempre attento ad ogni minimo particolare, e ci sembra ovvio nonché doveroso, trattandosi del punto di riferimento per chi vuole portare con sé alcuni tra gli accessori per la guida migliori per amplificare la propria esperienza dietro ad un volante. La F-Type ha dimensioni più contenute rispetto alla più grossa XKR-S e sfoggia, sia esternamente che internamente, i nuovi stilemi della Casa inglese, che compie così un ulteriore passo in avanti, verso un futuro che sarà sicuramente ricco di ulteriori modelli soddisfacenti ed entusiasmanti. Sono due inglesi simili tra loro, ma così diverse dalle Jaguar del passato: sono due vetture, due “macchine” così perfette e brave in tutto, che chiunque abbia avuto modo di possedere una Jaguar d’epoca, stenterebbe a riconoscerle come tali. Ecco perché abbiamo voluto con noi anche un’ambiasciatrice del Made in England più tipico del termine, una Lotus, che seppur di fine’90, sa di quegli anni in cui ti sporcavi le mani ogni volta che volevi farti un giro. Si, perché ci sarebbe sempre stato qualcosa da stringere, allentare, regolare, all’interno del suo motore, o sotto di essa. Ogni viaggio, lungo o breve che fosse, avrebbe sicuramente nascosto qualche imprevisto, qualche spia accesa sul quadro strumenti o qualche perdita di liquidi, ma era normale. Era e doveva essere così; soltanto a questa maniera, la vostra sarebbe stata un’esperienza British per come la intendiamo. Eccola spuntare, bassa, larga e con quelle linee immortali, che nel corso della sua lunga vita sono cambiate così poco, passando da spigoli accentuati a curve più morbide, arricchite da spoiler e da un motore sempre più importante. La S4 Turbo di Emanuele è un oggetto che attraversa lo spazio/tempo come pochissime automobili sono in grado di fare. Concepita e progettata per il puro piacere di guida, e rifinita per essere semplicemente un’auto bella, la Esprit ha dentro sé tutte le “gioie e dolori” di una sportiva inglese di prim’ordine. Grazie alla sua abilità ingegneristica ed alle cure riservatele, la Esprit in questione è uno dei migliori 2.0 in circolazione, con 250 cavalli ed il motore in posizione centrale longitudinale, proprio come gli schemi di una supercar richiedono. Il Turbo c’è e quando entra si fa sentire, ma la cosa che si apprezza di più alla guida, è quel continuo impegno richiesto al driver, risultato di una pedaliera rigida e di innesti meccanici grezzi e ruvidi, aspetto che le sportive moderne, hanno ormai perso, in nome della spendibilità quotidiana e della facilità di guida. Se pensate che questo possa rappresentare un difetto, sbagliate di grosso, infatti è invece uno degli aspetti che appaga maggiormente Emanuele, che ogni volta che può si concede delle giornate di guida, immergendosi al 100% in quello spirito British che raggiunge qui il suo apice.
Generazioni a confronto, auto diverse per layout, prestazioni, anni e filosofia costruttiva. Da un lato una nuovissima coupé di ultima generazione con un generoso 6 cilindri che può accompagnarvi comodamente in lunghi viaggi o divertirvi tra le curve di una strada costiera, dall’altro una sorella maggiore vistosa e rumorosa quanto la potenza del suo 8 cilindri, una manovrabilità ed una reattività degne di sportive più compatte e leggere, ma che nelle mani del suo driver scatenato, vuole a tutti i costi toccare il vero limite di tenuta, ed ovviamente, oltrepassarlo. Infine c’è lei, questa Esprit che non dimostra assolutamente i suoi 20 anni. Tutte e tre hanno voglia di macinare chilometri e vivere tante altre avventure, ognuna a modo loro, magari chi in pista, facendo fumare le gomme, oppure chi vuole aggiungere chilometri al proprio tachimetro fatto di avventure e nuove amicizie, impugnando il volante con quei guanti che rappresentano non solo il proprio lavoro, ma la propria passione. O ancora, al Nurburgring, un’altra volta, ma non con la piccola Elise, ma con la Lotus che ha consacrato il genio di Colin Chapman, altro grande pioniere, altro grande eroe. Un altro inglese che ha reso il mondo dell’automobile, un luogo migliore per noi appassionati.