Dallara Stradale | Test Drive
Avvolto nella bolla trasparente dell’abitacolo è come trovarsi in una dimensione parallela, dove il concetto di performance non è stato soltanto ridisegnato, ma letteralmente stravolto e dove tutti gli aspetti che definiscono un’auto supersportiva spuntano la propria casellina.
Testo Alessandro Marrone / Foto Giorgia Rossi
“Voglio un’auto dove possa togliere il tetto, perché vorrei sentire il vento tra i capelli e il profumo dell’erba tagliata in primavera. Poter guidare lungo la Cisa vecchia e andare al mare godendomi le curve che portano sino a Portovenere, farmi una mangiata di pesce e riprendere la macchina, passare dal Mugello, dare polvere a tutti e tornare a casa”. Queste le parole dell’ingegner Giampaolo Dallara che delineavano un’immagine sognata tutta una vita trascorsa a inseguire l’eccellenza e vederla portare la propria esperienza sulle piste e sulle strade di tutto il mondo, passando dalle massime Formula, come F1 e Indy, fino alle categorie Endurance e quelle minori, senza dimenticare l’impegno nel settore stradale, come nel caso dell’Alfa Romeo 8C o della KTM X-Bow. Elencarle tutte, partendo obbligatoriamente dalla leggendaria Lamborghini Miura, sarebbe impossibile, perché nel corso della sua carriera, l’ingegner Dallara è stato artefice di una costante evoluzione che gli ha consentito di rappresentare il punto di riferimento per le più importanti case costruttrici. Questo eccezionale status ha però impedito di dedicare il tempo necessario alla realizzazione di una vettura stradale che portasse il suo nome.
Cominciato per ben sette volte e sempre interrotto per rispondere ai continui incarichi ai quali non ci si sarebbe potuti sottrarre, un giorno di Giugno 2015 le cose cambiarono. L’amministratore delegato Andrea Pontremoli, il quale ci ha onorato di un’intervista esclusiva nella quale ha dimostrato quanto in Dallara il rapporto umano e la passione siano di pari livello con la competenza e la ricerca della perfezione, promette che per l’ottantesimo compleanno Giampaolo Dallara avrebbe finalmente potuto guidare la sua automobile, quella che avrebbe portato il suo nome sulle strade di tutti i giorni e incarnato la vera essenza del piacere di guida, della socialità e dell’adrenalina che soltanto una vettura pensata per divertire ed emozionare è in grado di offrire. Questa volta venne allestito un capannone vicino alla factory e vi entrarono 20 ingegneri, 5 meccanici e lo stesso Dallara. Esattamente diciotto mesi dopo, la Stradale era realtà, metteva in moto il proprio motore ed era pronta a far sognare il suo padre spirituale.
“La perfezione non è quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere”, la Stradale, battezzata con questo nome così semplice quando esplicativo, avendo a che fare con un produttore che ha dedicato la vita alle vetture da competizione, è infatti spogliata di tutto ciò che non sia rivolto al piacere di guida, all’esaltazione dinamica di un corpo vettura e un telaio in fibra di carbonio che immergono guidatore e passeggero in un’esperienza di guida viscerale, eppure mai spaventosa. Nessun servosterzo e il proverbiale mantra che predilige leggerezza e reattività rispetto alla pura potenza, la Dallara Stradale assume le forme di un know-how maturato nel corso di cinquant’anni e le trasforma in una barchetta due posti secchi pronta a digrignare i denti su strada e scatenare l’inferno in pista.
Dopo aver ammirato l’area espositiva della rinnovata sede in quel di Varano de’ Melegari e apprezzato l’originalità e l’ispirazione offerta dall’officina didattica e mirata ad avvicinare i più piccoli al mondo automobilistico, permettendo loro di comprendere i principi base della dinamica, è il momento di visitare la produzione, in una struttura dedicata a poche centinaia di metri dalla sede principale. È qui che la Stradale prende vita, entrando come un puzzle da assemblare secondo le più particolari richieste dei propri clienti e cominciando l’assemblaggio del telaio, il montaggio di motore e cambio, per poi passare alla carrozzeria, agli interni e poggiare finalmente sulle proprie ruote, pronta per un’ultima accurata ispezione. La barchetta, autentico sinonimo di supersportiva presa in prestito dal mondo delle corse, è poi configurabile in diversi modi, per esempio scegliendo di montare un parabrezza e addirittura un tettuccio con due portierine per riparare dagli elementi. Al posteriore si può avere un poderoso spoiler, utile su strada e soprattutto su pista, ma in ogni caso tutto è sempre ripristinabile, trovandosi così ad avere massima possibilità di scelta nel momento che uscite dal garage di casa.
In questo capannone c’è profumo di eccellenza, si percepisce che le cose sono curate nel minimo dettaglio, eppure sembra quasi di trovarsi all’interno di una piccola officina a conduzione famigliare e questo è soprattutto merito del fatto che ogni compito viene svolto da persone e non da macchinari. Il tempo stringe e resta giusto qualche oretta per conoscere il capo progetto Daniele Guarnaccia e saltare a bordo dell’auto. Esatto, saltare a bordo, perché la Dallara Stradale non è provvista di portiere tradizionali, ma se pensate che il processo possa essere difficile, scopro invece essere più facile del previsto, poiché i sedili hanno una porzione appositamente dedicata per appoggiare il piede e quindi non sporcare la seduta e permettere al corpo di scivolare in posizione senza troppe contorsioni. Bisogna regolare volante e pedaliera, perché i sedili sono fissi al telaio, poi tiro giù la portiera ricavata dal cupolino che ingloba il parabrezza e allaccio le cinture a quattro punti, più strette che posso.
Nonostante la giornata non sia calda e la temperatura non superi i 16°, l’abitacolo della Stradale si fa subito incandescente – fortuna che c’è l’aria condizionata, unico vezzo di cui è provvista la vettura, assieme ad uno speciale supporto per il cellulare. Sono pronto, è tempo di accendere il motore, un 4 cilindri in linea da 2.3 cc, un EcoBoost sovralimentato di origine Ford che può essere abbinato ad un cambio manuale o automatico, entrambi a 6 rapporti. Nel caso dell’esemplare in prova ho a che fare con l’automatico, un robotizzato che riscrive il concetto di calcio nella schiena a prescindere dall’andatura. Muovo i primi metri fuori dal cortile della factory e riconosco quel tipico comportamento condiviso con le più estreme auto da track-day. Non c’è servosterzo, ma la leggerezza della vettura – appena 855 kg – agevola anche in fase di manovra. Ovviamente non pensate di parcheggiare davanti al bar senza correre il rischio di raschiare il marciapiede, perché la visibilità posteriore è totalmente assente.
Importa davvero? Non credo proprio e dopo aver percorso qualche chilometro in modalità Normal, con una mappatura che eroga 300 dei cavalli a disposizione, è tempo di spostare il selettore in Sport e avere a disposizione tutti e 400 i cavalli e la massima reattività in fase di cambiata. La Stradale si fa affilata come una lama rovente che affonda nel burro e il frastuono dei sassolini che sbattono sul fondo piatto è tutto ciò che interrompe il sibilo del motore e gli scrolloni percepiti in cambiata. È incredibilmente facile perdere la cognizione dello spazio e del tempo, concentrandoti sui LED che si accendono man mano che il contagiri si avvicina ad una linea rossa piazzata molto in là, quasi come se in realtà fossimo alla prese con un aspirato. Il controllo trazione resta inserito e le gomme Pirelli sviluppate appositamente mordono l’asfalto come se avessero trascorso la notte sotto delle termocoperte. Scendo in seconda e affondo sul gas, veniamo progressivamente spinti contro i sedili, nonostante il movimento consentito dalle cinture sia minimo. Le braccia sono tese al punto giusto e mentre tengo saldo il volante mi rendo conto che l’avantreno legge perfettamente le irregolarità della strada, senza però obbligarmi ad una presa eccessiva, che penalizzerebbe non soltanto la confidenza che instauri con la vettura, ma i cambi di direzione, che invece sono rapidi e istantanei.
Non credo di aver mai guidato un’auto così precisa e mentre i 400 cavalli spingono il peso piuma della Stradale ogni volta che premo sull’acceleratore, i 500 Nm di coppia aumentano la rotondità in fase di erogazione, lasciando quella frazione di secondo tra un cambio di marcia e l’altro come attimo per deglutire, riprendere fiato e gettarsi nelle curve. Già, le curve. È qui che ti rendi conto di cosa sia realmente capace un’auto in grado di generare fino a 820 kg di downforce, ovvero quasi il suo stesso peso. Al primo tentativo noti che il grip è fantastico, la seconda volta aumenti l’andatura e un sorriso comincia a disegnarsi in volto, ma poi capisci che il limite della vettura è talmente distante che puoi spingerti oltre, ancora e ancora, senza che la Dallara abbia ancora cominciato a giocare sul serio. È impressionante, perché in questo concitato andirivieni di curve affrontate come se fossimo inseguiti da un branco di lupi affamati, non v’è la minima incertezza. Quando capisci – e questo succede molto presto – che la Stradale è in grado di spingersi ben oltre il limite imposto dal tuo istinto di conservazione, ti ritrovi a guidare come mai hai osato fare.
Il piacere di guida è però offerto anche quando diminuisci il passo e smetti di far rimbalzare lo sguardo tra punti di corda e punti di frenata, immaginando che assurda goduria sarà in pista. Ma è su strada che un’auto, soprattutto se costruita da chi ha fatto del racing la propria tradizione, dimostra la propria efficacia e la capacità di soddisfare un guidatore esperto, come uno meno avvezzo a staccare al limite. Avvolto nella bolla trasparente dell’abitacolo è come trovarsi in una dimensione parallela, dove il concetto di performance non è stato soltanto ridisegnato, ma letteralmente stravolto e dove tutti gli aspetti che definiscono un’auto supersportiva spuntano la propria casellina. Accelerazione, grip, frenata, bilanciamento, la Dallara Stradale è la più sbalorditiva e semplice vettura che possiate mai trovare e seppure questo possa sembrare un ossimoro, altro non è che il risultato di mezzo secolo di eccellenza traslata sulla carrozzeria di un’auto da corsa prestata alla strada.
Il tempo è tiranno e consapevole di attirarmi le ire della fotografa che avrà pochissimi minuti per immortalare la giornata, stringo di nuovo la presa sul volante, scalo un paio di marce e lascio che il piede destro prema sull’acceleratore, riprendendo quell’ensemble di movimenti frenetici che differenziano una gita in totale relax da una sparata sulle colline sopra Varano de’ Melegari. L’ottantesima candelina dell’ingegner Dallara ha le forme dei sogni di ogni appassionato di guida vera. Ha espresso un desiderio a voce alta e si è realizzato, ridefinendo il concetto di piacere di guida. La Stradale è uno di quei rarissimi casi in cui le aspettative migliori vengono stravolte e superate alla grande, ma è anche una bellissima giostra dalla quale non vorresti mai scendere.
DALLARA STRADALE
Motore 4 cilindri Turbo, 2.300 cc Potenza 400 hp @ 6.200 rpm Coppia 500 Nm @ 3.000 rpm
Trazione Posteriore Trasmissione Cambio Automatico a 6 rapporti Peso 855 kg
0-100 km/h 3,3 sec Velocità massima 280 km/h Prezzo da €189.527