De Tomaso: Visto da Vicino
Edito da Vita di Stile
Testo di Manuel Bordini
Foto (in bianco/nero) di Federico Vandone Dell’Acqua
Della vita di Alejandro De Tomaso come imprenditore si è scritto tanto, si è detto tanto. Di Alessandro, quasi nulla.
Quando si parla di De Tomaso si pensa immediatamente all’imprenditore spregiudicato, senza troppi scrupoli pronto a sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi occasione si presenti. In questa frase ci sono forse due errori, facciamo quindi un passo indietro. Alejandro De Tomaso arriva in Italia dall’Argentina per ricostruirsi una vita e sceglie l’Italia non per questioni sentimentali ma perché l’Italia era per lui la carta d’imbarco per il successo. Comincia ben presto a gravitare intorno alle corse, con la Osca dei Fratelli Maserati instaurò un sodalizio che durò fino alla loro morte.
Nelle corse De Tomaso conosce la moglie, Elisabeth Haskell con la quale condivide le sfide più emozionanti dalla Carrera Panamericana a Le Mans, alla vita. I primi anni a Modena furono per la coppia De Tomaso-Heskell molto duri. Era stato ricco, ricchissimo e voleva tornare ad esserlo: le corse prima e la costruzione di automobili poi erano solo un mezzo per riemergere. Elisabeth era discendente di una famiglia della borghesia industriale che aveva fondato negli USA un’azienda quotata in borsa, la Rowan Industries, fornitrice della Ford; questa “connection” rappresenta una grande opportunità che Alejandro non si lascia certamente sfuggire. La famiglia di Elisabeth non vedeva di buon occhio la passione della figlia per le corse e cerca di ostacolarla in tutti i modi, al punto di lasciarla senza denaro per costringerla a fare ritorno negli Stati Uniti. Lei non cede. Isabella, come si farà chiamare da tutti in Italia, convive con il carattere del marito sempre con garbo e compostezza. Alessandro vede nell’Italia una miniera di opportunità, il sistema Italia glielo consente e lui vede la chiave per il successo nel cogliere le opportunità che via via si presentano.
Ha grandissime ambizioni, il suo “target” è “Giannino” Agnelli, del quale non ha stima, ne invidia il potere. Cerca di stuzzicarlo, di farsi vedere, di frequentare gli stessi posti, insomma di esserci. Le amicizie più influenti, quelle per realizzare il suo sogno di grandezza e ricchezza – che però non è un sogno imprenditoriale – le coltiva oltreoceano.
La carriera di De Tomaso è una carriera di relazioni, non è un imprenditore tout-court ma ha tanta voglia di fare. Non gli interessava la strategia imprenditoriale, il lavoro sul prodotto, il miglioramento continuo, l’approccio metodologico e rigoroso. Bisognava fare, dovevano fare, gli altri dovevano risolvere il problema. De Tomaso aveva l’idea, predisponeva le condizioni perché le cose potessero succedere, agli altri l’onere di risolvere i problemi.
De Tomaso studia sempre le persone che ha davanti, non a caso era un profondo conoscitore della biografia dei Papi, il suo unico pilota ufficiale – Franco Bernabei – ricorda la grande abilità di Alessandro nell’inquadrare l’interlocutore; pochi gli andavano a genio e agli altri si sforzava di risultare antipatico. Amava le persone brillanti.
Franco Bernabei, lo ricorda come un testardo che tuttavia non si concentrava mai su un obiettivo ma solo sulla strategia. Molto ambizioso, una brava persona, un maestro di vita che gli insegnò come tenere sempre il coltello dalla parte del manico. I tempi delle corse erano duri, i budget risicatissimi impedivano di investire in qualità. Il successo come imprenditore era lo strumento per tornare ricco.
I De Tomaso con i Rivolta trascorrono molte estati insieme e nella memoria di Piero è rimasta scolpita la volontà di Alessandro di stressare il rapporto fino al punto di rottura per scoprire chi era l’altro. Doveva probabilmente trovare una qualche forma di intima soddisfazione nel mettere in difficoltà chi gli era vicino, salvo poi ammettere l’evidenza. Non dava nessuna importanza all’immagine di sé che mostrava, la sua intelligenza era out of question, l’esperimento era misurare quella degli altri e la rispettiva capacità di resistenza.
Si definiva americano, ma forse era solo una strategia di marketing. Negli Stati Uniti sapeva di avere molte meno chances che in Italia, troppe regole da rispettare. L’Italia di quegli anni era il miglior compromesso per chi voleva fare, un Eldorado in cui molto se non tutto era possibile.
“DeTomaso faceva di tutto per risultare antipatico, era un suo modo di essere. Ma in fondo era una brava persona in continuo conflitto con la vita per emergere sempre di più”, Franco Bernabei ha gli occhi lucidi, ricordi di una vita.