De Tomaso P72: Rinascimento, Atto II
Le attese più lunghe, sono spesso quelle in grado di offrire il maggior piacere. Potrebbe essere il caso di De Tomaso e del ritorno di una firma che ha marcato indelebilmente il panorama dell’automobile negli anni 70, con la mitica Pantera. La P72 non intende però raccogliere l’eredità della De Tomaso più famosa di sempre, ma della P70, quel modello nato nel 1965 dalla collaborazione tra Alejandro De Tomaso e Carroll Shelby, mescolando alcune caratteristiche che portano subito alla mente la maniacale cura per il dettaglio di un certo Horacio Pagani.
Esteriormente, la P72 si pone come l’incontro definitivo di un design retro abbinato a linee filanti e tagli netti, mantenendo però anche quelle curve che rendevano sensuali le supersportive di qualche decennio fa, tratti somatici che più di recente hanno lasciato spazio alle leggi aerodinamiche più votate a quel mezzo secondo in meno sul giro. Salendo a bordo si nota una incredibile ricerca verso un’esclusività fatta di uno stile marcatamente vintage, selleria in pelle con cuciture romboidali e una strumentazione analogica che sembra presa in prestito dalla più lussuosa gioielleria del pianeta. C’è un po’ di Pagani e un po’ di Spyker, ma la De Tomaso P72 riesce a mantenere una sua identità, forte di un nome che non ha bisogno di presentazioni, mentre per quel che riguarda i dettagli tecnici, sappiamo giusto che occorrerà investire €750.000, una cifra tutto sommato ragionevole se appunto paragonata ai capolavori di San Cesario sul Panaro. A questo punto, quello che conta di più è che il grande passo sia stato compiuto e che De Tomaso sia di nuovo sulla scena.