Su e giù, con il cielo livido che ci osserva sopra le nostre teste e che da un momento all’altro potrebbe mettere la parola fine a queste montagne russe bagnando un asfalto che sta dispensando goduria ad ogni curva. Già, perché nei rettilinei è tutta questione di fegato: metti giù il gas e lei ti fa schizzare in avanti con una potenza grottesca. Ma quando arrivi nelle curve riesci fisicamente a sentire come la gomma degli pneumatici digrigna il battistrada sui granelli di asfalto.
Testo Alessandro Marrone / Foto S. Lomax
Un momento prima ti senti come avvolto da un guscio d’ovatta, quello successivo trattieni il respiro e mentre socchiudi gli occhi quasi a cercare una maggiore concentrazione, ti appendi a quell’azzardato coraggio e alla fiducia riposta nella vettura stessa. Non c’è il tempo di lasciare che gli occhi pizzichino il tachimetro perché la strada si fa sempre più piccola e sfocata. Ti senti più leggero, troppo leggero. Così limiti il più possibile i movimenti sullo sterzo e punti il centro della strada sinché finalmente non alleggerisci la pressione sull’acceleratore e l’abitacolo viene invaso dallo scoppiettio dello scarico, l’unica cosa che riesce a spezzare la tensione accumulata nei secondi precedenti.
La fine dell’estate significa che le strade saranno libere dal traffico turistico, soprattutto quelle nascoste ai più tradizionali e gettonati sentieri. Avevo già guidato la 296 GTB, la berlinetta che non ricopre soltanto il ruolo di sostituire la F8 Tributo – un modello per il quale non nascondo un amore incondizionato – ma portare avanti un discorso ibrido che abbina un’unità elettrica al nuovo V6 biturbo prodotto a Maranello. Quando la provai per la prima volta rimasti affascinato e stupito, sia per quanto concerne un design che resta fedele a ciò che una due posti secchi con motore posteriore centrale deve rappresentare, sia per prestazioni a dir poco sbalorditive e che, almeno in prima battuta, sembravano essere perfettamente utilizzabili sulle strade di tutti i giorni. Ovvio, con le logiche considerazioni del caso, dato che stiamo parlando di una potenza complessiva di 830 cavalli.
Per il primo contatto avevo bisogno di una serie di riferimenti e così scelsi di svolgere quasi tutto il mio tempo alla guida lungo una strada che sfruttiamo spesso durante i nostri pellegrinaggi nei pressi di Maranello. Una strada tortuosa e capace di mettere in crisi il bilanciamento di una sportiva, risaltando quello che è il divertimento alla guida inteso come un’uscita di tornante con il posteriore che scivola verso l’esterno. Il luogo ideale per sballarsi di curve, senza però permettere al propulsore di pizzicare la linea rossa con il brivido che sale lungo la schiena per una velocità pur sempre contenuta a causa di ragioni morfologiche. Ecco perché è giunto il momento di spostare l’asticella e aumentare il rapporto tra prestazioni/coinvolgimento, tralasciando la prevedibile accoppiata Raticosa/Futa e preferendo le selvagge tornate del Passo Serre. E non c’è modo migliore di guidare sin là, se non gettando nella mischia un altrettanto incredibile combo di curve come quelle oltre Renno.
Tutto accade per una ragione, un po’ come avere una SS12 in perfette condizioni. Sotto un cielo minaccioso che però concede un break dalla pioggia, salgo così a bordo di quella che nel listino rappresenta la sportiva pura secondo Ferrari, fatta eccezione della ben più esagerata SF90. Ma affrontiamo subito il cosiddetto elefante nell’armadio: questa Rossa non è rossa! Non è nessuna delle mille sfumature di rosso Ferrari, il che offre la possibilità di essere visti – e riconosciuti – dopo che vi sarete fatti sentire. E poi questo Verde Bosco è semplicemente spettacolare. È infatti capace di richiamare alla mente un gusto cromatico di altri tempi, un’eleganza romantica che viene ripresa anche nell’abitacolo. Insomma, una sorta di tailor made che sprigiona buongusto per una scelta fuori dal coro glorificata dall’assenza di luce solare diretta sopra le sue morbide curve.
La 296 GTB è affilata, eppure mai spigolosa. Gode di un incredibile sforzo aerodinamico quasi totalmente impercettibile alla vista, ma state certi che una volta in movimento sarà in grado di trasmettere esattamente cosa succede man mano che la lancetta del tachimetro raggiunge le tre cifre. Si viaggia comodi, a pochissimi centimetri da terra e ci si rende subito conto delle generose dimensioni di un posteriore taglia XL. L’abitacolo è – come giusto che sia – rivolto verso il guidatore, ma il passeggero non viene bistrattato e può infatti godere del passenger cockpit che riprende e consente di intervenire su quasi tutti i comandi del sistema infotelematico della vettura. D’altro canto, chi siede nel posto migliore, quello della guida, impiega qualche momento prima di prendere dimestichezza con i comandi al volante, i quali gestiscono tutti i parametri dell’auto come ADAS, radio e navigatore. Opportunamente più rapidi da richiamare abbiamo i tasti a sfioramento destinati alle modalità di guida (sulla sinistra) e il manettino per la regolazione del controllo trazione e delle sospensioni (a destra). Pulsante d’accensione, sempre a sfioramento, nella porzione inferiore centrale del volante.
Parole, parole, parole. Nel frattempo è bastato scalare un paio di rapporti e affondare il gas di tre quarti per archiviare un sorpasso fin troppo semplice per essere definito tale. Oltrepassato Renno è finalmente il momento delle prime curve. Una serie di tornanti (14, ndr) messi lì, l’uno dopo l’altro, con un asfalto ancora leggermente umido dopo la frescura notturna. Traffico inesistente e la GTB ti sveglia da quel relax accumulato nei chilometri che ci hanno guidato sin qui. Si affrontano in discesa, ma la progressione dei 900 Nm di coppia è qualcosa di ultraterreno e che saprebbe farti arrampicare su una parete verticale senza percepire il minimo sforzo. Data la particolare conformazione della strada non è possibile sfruttare la 296 per le sue doti balistiche, ma è una buona occasione per prendere di nuovo le misure con gli spazi utili in uscita di curva. Il posteriore scivola, ma esattamente come intendi lasciarglielo fare. Il grip interviene poi in maniera precisa e puntuale, tirando la berlinetta fuori dal tornante come se fosse catturata da un gigantesco amo da pesca invisibile.
Si gioca con il cambio, un doppia frizione a 8 rapporti controllabile dai grandi paddle in carbonio fissi al piantone, l’ideale per sapere esattamente dove e cosa andare a pizzicare. La trasmissione è a dir poco fulminea e più si viaggia in alto nella scala dei giri, più è in grado di appagare, soprattutto in fase di scalata, lasciando che lo scarico situato al centro della coda emetta un piacevole scoppiettio, a dimostrazione che se anche si tratta di avere 2 cilindri in meno rispetto a prima, non manca proprio nulla alla ricetta del divertimento. Dove c’è più spazio sono più aggressivo sull’acceleratore e lei, la 296 GTB, mi premia facendo schizzare la lancetta del contagiri verso l’alto. I 305 al posteriore fanno il possibile per trovare il grip sull’asfalto umido e ti trovi a raddrizzare più volte il volante cercando di puntare lo stemma per antonomasia verso il centro della carreggiata.
Il meteo che non sembra essere dalla nostra gioca in realtà a completo vantaggio di una strada deserta. Il Passo Serre non ha anima viva oggi, ma soltanto un cavallino rampante che cerca invano di confondersi nel verde della vegetazione. È un parco giochi naturale che incita a scoprire quello che su una tratta più avara di spazio non saresti in grado di valutare. La GTB inizia a scoprire un ulteriore lato di sé, ovvero quella potenza che guidando in un contesto geograficamente più chiuso si percepiva, ma che ancora non aveva spalancato le porte a quella miriade di sensazioni che ti assalgono quando ti rendi conto che un oggetto su quattro ruote non va soltanto molto veloce, ma fa incredibilmente di più.
Ecco che traduco il 2,9 secondi per lo 0-100 km/h in qualcosa di tangibile a tal punto da poter essere sentito fisicamente. Stringo il volante e mentre ho soltanto il tempo di catturare con la coda dell’occhio i LED sulla porzione alta, butto dentro due rapporti appena prima di toccare il limitatore. La strada non è un limite stavolta e la 296 si muove premuta a terra grazie allo sforzo aerodinamico conferitole da quelle piccole appendici e prese d’aria che ricordano di non esser lì soltanto per fini estetici. Su certe velocità percepisci come la resistenza aerodinamica faccia un miracolo sfidando le leggi della fisica e lasciando che il piede destro resti giù sino agli 8.000 giri. Pressione forte sui freni carboceramici che sfoggiano dischi da 398 all’anteriore e da 360 al posteriore, instancabili e precisi quando si fa sul serio, almeno quanto perfettamente gestibili in città, quando tutto questo splendore è soltanto un bellissimo ricordo.
Pensare che la 296 GTB sia la versione “addomesticata” di quella che potrebbe arrivare sotto le spoglie di una variante alleggerita e più votata alle pure performance è follia, allestimento Assetto Fiorano incluso. Quest’auto non è soltanto in grado di disintegrare una strada o una pista, ma qualsiasi convinzione su cosa significhi andare forte con un volante in mano. È un aereo per due soli passeggeri, uno dei quali è il fortunato pilota. Su e giù, con il cielo livido che ci osserva sopra le nostre teste e che da un momento all’altro potrebbe mettere la parola fine a queste montagne russe bagnando un asfalto che sta dispensando goduria ad ogni curva. Già, perché nei rettilinei è tutta questione di fegato: metti giù il gas e lei ti fa schizzare in avanti con una potenza grottesca. Ma quando arrivi nelle “esse” veloci e in quelle curve dove riesci fisicamente a sentire come la gomma degli pneumatici digrigna il battistrada sui granelli di asfalto, è lì che devi spingerti oltre la tua comfort zone e capire che questa Ferrari non è soltanto bella e veloce perché Ferrari, ma perché è un ritrovato ingegneristico difficile da eguagliare.
Prendo il tempo utile a immagazzinare tutte queste informazioni che non mi era stato possibile assimilare quando la provai la prima volta e mi rendo conto che non sono nemmeno a metà di quanto le sarebbe invece possibile in un contesto ancora più sicuro come quello di una pista. Tuttavia reputo che apprezzare un’auto sportiva su strada sia fondamentale, perché si tratta del resto della maggiore destinazione di utilizzo, nonché quella che è di certo più capace di mettere in risalto eventuali criticità, proprio perché abbiamo a che fare con un manto stradale non sempre in perfette condizioni e perché solitamente non si affronta il tragitto casa-lavoro seguendo le traiettorie ideali al millimetro.
La 296 GTB è poesia, un’opera d’arte Verde Bosco che profuma di storia e porta avanti un’eredità delicata come quella delle berlinette del cavallino. Lo fa nella maniera migliore possibile, ovvero quella in cui riesce a far dimenticare anche ai più agguerriti detrattori della mancanza di due cilindri, della presenza di turbocompressione e addirittura di un motore elettrico, peraltro ricaricabile dalla presa di corrente di casa. Ma importa davvero? No, per il semplice fatto che nel preciso istante in cui sei aggrappato al volante e sei immerso nelle equazioni mentali che ti consentiranno di affrontare certe curve a determinate velocità riportando la Ferrari a casa tutta intera, tutto quel che conta è quel perfetto dialogo che riesci a instaurare con una supercar che potresti realmente utilizzare addirittura per andare dal barbiere, a fare la spesa, o raggiungere la baita in cima al monte, magari parcheggiando davanti agli spazzaneve.
Quei rari momenti di calma sono soltanto quiete apparente, un pretesto per tornare a fare sul serio, un qualcosa che alla 296 GTB piace parecchio. Ingurgita chilometri e curve senza il minimo accenno di affaticamento, dimostrando di essere una sportiva capace di appagare piloti e anche dilettanti come il sottoscritto. Il lato sorprendente è la complicità con cui ti accompagna verso quelli che tendi a identificare come i tuoi limiti, proprio perché oltre non oseresti spingerti su un asfalto privo di cordoli. Quel cavallino rampante ti osserva ogni istante che trascorri alla guida, ma ad un certo punto ti rendi conto che non è lì per metterti in crisi come capita con altre sportive. Tutto è al servizio del guidatore, tutto è pensato per rendere l’esperienza di guida memorabile. L’approccio è differente rispetto alla F8, più frenetico – perlomeno quando alzi il ritmo – e figlio di un peso superiore a causa del pacco batterie, ma il comportamento è forse ancora più preciso. Rispetto alla 488 GTB ci sono differenze sostanziali ed è inevitabile che il divario generazionale e motoristico con la 458 Italia segni definitivamente due epoche diverse, seppure così vicine. La 296 GTB si riconferma la nuova generazione di un sogno tinto di rosso, o dovremmo dire di verde, come il bosco.
FERRARI 296 GTB
Motore V6 cilindri Hybrid, 2.992 cc Potenza 830 hp @ 8.000 rpm Coppia 900 Nm @ 6.250 rpm
Trazione Posteriore Trasmissione Cambio Automatico a 8 rapporti Peso 1.545 kg
0-100 km/h 2,9 sec Velocità massima 330 km/h Prezzo da€275.110 (€440.000 esemplare in prova)