Ferrari 365 P Berlinetta Speciale: La Tre Posti Che Diede Vita Alla Dino
La Tre Posti Che Diede Vita Alla Dino
Testo di Carlo Brema
Quando nel 1993 il geniale Gordon Murray se ne uscì con la McLaren F1, un terremoto scosse il mondo delle supercars. Probabilmente era nata la prima vera e propria hypercar, una vettura ancora in grado di eccellere sotto qualsiasi punto di vista ingegneristico e meccanico, ma anche prestazionale, pur mantenendo una linea pulita e senza dover scendere a compromessi aerodinamici che ne avrebbero contaminato una linea che dopo oltre 25 anni sembra essere rimasta immutata. La sua recente creazione – la T.50 – è un altro lampante esempio di come certi personaggi sembrino giunti qui dal futuro. O dovremmo forse dire dal passato?
Mi spiego meglio. Senza ombra di dubbio, una tra le caratteristiche principali che la F1 e la T.50 condividono è il fatto di disporre di tre posti, con il guidatore seduto al centro. Si tratta di una scelta azzardata e che quasi nessun altro ha intrapreso in seguito, nonostante la posizione centrale sia da identificarsi nel perfetto posizionamento del pilota su una vettura monoposto come appunto quelle di Formula 1. Ecco perché reputo giusto viaggiare indietro nel tempo e arrivare al lontano 1966, per scoprire che in Ferrari avevano già pensato a questa soluzione, nel momento in cui Pininfarina terminò il disegno offertogli da Aldo Brovarone, dando vita a una concept a lungo dimenticata, la Ferrari 365 P Berlinetta Speciale.
Speciale di nome e di fatto, poiché non solo anticipa le sensuali linee di quella che a breve sarebbe poi divenuta la Dino – modello che di questi tempi gode di grande rivalutazione – ma perché rappresenta il perfetto punto d’incontro tra design e meccanica. Parte della stessa è infatti mutuata dalla Ferrari 365 P2 da competizione, mentre dietro al guidatore e ai due occupanti seduti a lato e leggermente arretrati, troviamo il primo V12 del Cavallino ad essere sistemato in posizione posteriore centrale. Il 4.390 cc naturalmente aspirato era in grado di erogare una potenza di 380 cv a 7.300 giri attraverso un cambio manuale a 5 marce, abbastanza per una velocità massima stimata in 245 km/h. Quando Gianni Agnelli vide il primo esemplare nel favoloso colore Bianco Gardenia ne rimase talmente estasiato che non esitò a commissionarne un secondo modello, questa volta prodotto in grigio metallizzato e con uno spoiler al posteriore.
Tra i numerosi tratti distintivi della 365 P Berlinetta Speciale abbiamo anche il tettuccio in vetro, una soluzione davvero all’avanguardia per l’epoca, il bocchettone del carburante con tappo a vista, prese d’aria davanti a passaruota posteriori e una coda spiovente che si tronca di netto e ospita i due gruppi di fari a tre elementi ciascuno ed i due terminali di scarico sdoppiati. La Berlinetta Speciale, soprattutto se confrontata alla Dino 206 e 246 appare più larga, maggiormente premuta a terra e con una seduta più spiccatamente sportiva, anche se a giudicare dai racconti di Agnelli, era una vettura perfetta per le strade di tutti i giorni, tolto il fatto che attirava l’attenzione come un’astronave.
Due anni dopo nacque appunto la Dino 206 e della 365 P Berlinetta Speciale rimase soltanto l’ispirazione tratta dalle sue incredibili forme. I modelli costruiti restarono due e nonostante molti siano tuttora ignari della sua esistenza, il fascino e la rarità che quest’auto esercita sui fortunati che hanno avuto modo di ammirarla ai Concorsi di Eleganza o agli eventi in cui ha preso parte la rendono una tra le più belle e preziose perle della storia Ferrari. Con quell’abito bianco candido, il motore più iconico del Cavallino e soluzioni d’altri tempi, la 365 P ha dimostrato di meritare più di ogni altra il nome di Berlinetta Speciale. Del resto, nel 2014 e di fronte ad un’offerta di 23 milioni di dollari, la risposta da parte del proprietario è stata “No, grazie. Me la tengo!”