
Ferrari Dino 208 GT4 | Anche Gli UFO Soffrivano le Tasse
Testo Andrea Albertazzi / Foto Ferrari S.P.A.
Penserete che in 50 anni siano cambiate tante cose, ma in realtà certi fastidiosi aspetti sono rimasti sostanzialmente invariati. Prendete per esempio le tasse, in particolare quelle sulle auto ad alte prestazioni. C’erano, ci sono tutt’oggi e sono certo che domani saranno ancora qui, provando in tutti i modi a rovinare il divertimento e il mercato dell’automobile. Ecco perché nel 1975 Ferrari si trovò costretta a ridimensionare il V8 della Dino 308 GT4 e dare alla luce una versione con un modesto 2-litri da appena 170 cavalli. E poi sento che alcuni osano lamentarsi delle odierne supercars ibride. Boh! Questo fu il modo migliore per rendere più accessibile il modello in questione, aggirando la morsa delle tasse introdotte nel nostro paese.

Stiamo parlando di un’automobile che incarna alla perfezione quel design tipicamente anni 70, fatto di spigoli netti, un corpo vettura che Bertone riuscì a modellare nonostante un layout che non concedeva troppo spazio alla fantasia. Con un passo di appena 210 mm più lungo rispetto alla due posti Dino 246 GT, la 208/308 GT4 manteneva il motore in posizione posteriore centrale, ma aggiungeva due posti a sedere, che seppur piccoli tornavano incredibilmente utili, aumentando la praticità e la fruibilità di una piccola gran turismo dal look italianissimo. Il piccolo oggetto non identificato, grazie alla riduzione dell’alesaggio, aveva perso qualche litro sotto il vano motore, scendendo a 1.990cc, ma nonostante tutto e grazie a un peso che superava di poco la tonnellata (1.150 kg a vuoto) le prestazioni garantivano una progressione tale da consentire di toccare i 220 km/h. Ammettetelo, non ve lo aspettavate.



Una Ferrari che aggirava l’annoso problema delle super-tasse, con 4 posti di cui quelli posteriori non unicamente adatti ai vostri bambini, un vano bagagli con sportello indipendente situato dietro al motore e uno sotto il cofano anteriore – magari per qualche borsone morbido – fari anteriori a scomparsa, un V8 che manteneva una sonorità intensa grazie alle due coppie di terminali di scarico e prestazioni tutto sommato all’altezza del periodo storico. Per me non manca davvero nulla e confermo che senza ombra di dubbio il design abbia superato a pieni voti la prova del tempo, cristallizzando quella sagoma squadrata autografata Bertone come un classico intramontabile. Aggiungete poi il fatto che nei suoi cinque anni di produzione, terminata all’alba della nuova decade nel 1980, ne furono costruiti appena 840 esemplari, e il valore intrinseco della Dino abbraccia una tanto sospirata quanto meritata rivalutazione sul mercato.


Il suo 50esimo anniversario mi sembrava quindi una buona scusa per riscoprire questo modello spesso ingiustamente bistrattato per il semplice fatto che dovette – a suo tempo – scendere a compromessi di downsizing, situazione che nell’ultimo decennio è diventata la prassi nel panorama automotive. Il punto a favore della Dino 208 GT4 fu il fatto che non adottò nessuna scorciatoia, mantenendo la medesima aspirazione della sorella maggiore. Forse è per questo motivo che veniva vista come una seconda scelta e non come ciò che invece rappresentava, ovvero l’opportunità di mettersi in garage una Ferrari che non implicava costi di gestione e mantenimento elevati come nella maggior parte dei casi.


7.700 giri al minuto, fidatevi che questo V8 sa farsi sentire anche se il badge giallo non ospita una cavallino rampante, ma la scritta Dino, in memoria del figlio di Enzo, prematuramente scomparso. È certo che il valore emozionale sia aumentato di pari passo con la nostalgia verso un periodo che possiamo definire a tutti gli effetti distante, soprattutto dalla concezione di auto sportiva che abbiamo oggi. La Dino 208 GT4 ha a suo modo provato ad aprire un varco, ma i tempi non erano ancora maturi per accettare determinati compromessi, soprattutto quando hanno a che fare con uno dei brand più amati e rispettati di sempre, aggiungerei io. Se però mi chiedete che sensazioni possa suscitare la più piccola Ferrari mai realizzata, la mia risposta non avrà nulla a che fare con un rispetto reverenziale, per il semplice fatto che sono tra quelli che reputano la Dino una vera Ferrari degna di nota, anche con il 2-litri. Un progetto coraggioso che seppure non strappasse l’asfalto ad ogni accelerazione ha saputo mantenere intatto il sapore di benzina in combustione, il rombo del V8 trasversale e una linea futuristica che ancora oggi fa girare le teste, a prescindere dal colore della carrozzeria.

