Ferrari F40 – Meglio di Madre Natura
FERRARI F40
MEGLIO DI MADRE NATURA
Testo: Alessandro Marrone
Fotografie: Giorgia Rossi ed Alessandro Marrone
L’ultima figlia che il Commendator Enzo Ferrari abbia visto nascere è quella che ancora oggi, a distanza di 30 anni, riesce a farti finire il cuore in gola. Era il lontano 1987 e la Ferrari F40 ha stravolto il mondo dell’automobile che conoscevamo, facendolo diventare una bolgia di emozioni, facendo sentire il vero terrore dentro al corpo di chi osava premere l’acceleratore più di quanto il proprio buonsenso permettesse. La F40 era arrivata e la sua presenza si sarebbe fatta sentire per sempre, tramandata di generazione in generazione come la madre di tutte le supercars e la progenitrice di tutte le hypercars – così unica nel suo genere da aver spiazzato persino i propri creatori, che dovettero aumentare (e non di poco) la produzione ipotizzata, grazie ad una richiesta che stava inconsapevolmente spianando la sua strada nell’Olimpo dei motori.
Per festeggiare i suoi 30 anni abbiamo deciso di trascorrere una giornata con una delle migliori F40 in circolazione, una che non vuole essere una reginetta da vetrina, ma che vuole far fischiare le gomme e spolverare il contagiri sino alla linea rossa. Per questo ci siamo organizzati con il nostro carissimo amico Raul Marchisio di RM Autosport, noto collezionista e rivenditore con sede nel Principato di Monaco. Andare a trovarlo è un po’ come portare un gruppo di bambini golosi in un negozio di caramelle – c’è sempre qualcosa che sa come catturare la nostra attenzione e farci trascorrere ore ed ore ad ascoltare in religioso silenzio i suoi racconti. Si, perché lui ne ha da raccontare, avendo ottenuti successi nel motorsport ed essendo tra quei pochi che sono perfettamente in grado di governare le più temibili supercars al limite, quasi a volerti prendere in giro e farlo sembrare un gioco da ragazzi. Ma non lo è, non imitatelo perché sono pochi ad avere il suo manico. L’F40 fu appunto messa alla luce per celebrare i primi 40 anni di Ferrari ed all’epoca l’idea di base era quella di presentare una vettura tutta nuova e che fosse in grado di rappresentare il massimo in termini di design e di prestazioni; per questo Ferrari mise anima e corpo in un progetto che segnò indelebilmente il proprio cammino in questo mondo. Sulla base della 288 GTO, quella che viene oggi considerata come il punto di partenza delle “big 5” (insieme ad F40, F50, Enzo e LaFerrari), gli uomini di Maranello se ne uscirono con un progetto di avanguardia che per la prima volta su un’auto stradale vedeva l’utilizzo di materiali compositi come il kevlar, fibra di vetro e resine aeronautiche. Le linee della F40 erano e sono tutt’ora imparagonabili e richiamano da vicino quelle che all’epoca erano le sagome delle vetture di Formula 1: larga, rasente al suolo e con un enorme spoiler al posteriore che si integra con il cofano stesso. Al centro, un particolare scarico con 3 terminali che avrebbe fatto da tramite tra il V8 ed il mondo esterno – tutto il resto sarebbe stato letteralmente spazzato via dalla furia cieca e dalla violenza di una supersportiva senza filtri e senza fronzoli, pronta ad ucciderti non appena avessi abbassato la guardia.
E mentre Raul scalda il motore e decidiamo dove dirigerci per lo shooting odierno, restiamo ammaliati da quegli spigoli, da quei cerchi neri OZ in magnesio che le donano un’aria ancora più minacciosa. E poi il plexiglass al posto dei vetri dei finestrini, giusto per ricordarti che dovrai tenere a mente che non sei tu a guidare, ma è lei che ti concede di sedere al volante – sarà tutto bianco o nero, la guida della tua vita o la giornata più disastrosa di sempre. L’enorme e pesantissimo cofano posteriore che cela l’anima di questa iconica Ferrari si apre e risulta essere il miglior allenamento fisico dei miei ultimi tempi, ma lo spettacolo che si para davanti ai miei occhi è la ricompensa ideale per anni di duro lavoro. 8 cilindri a V e 2.936cc, due turbocompressori IHI e 478 cavalli – non li vedi, ma li senti respirare. Ti osservano con una sadica aria di sfida, pronti a disarcionarti e segnare l’ennesima tacca in loro favore nell’eterna battaglia tra uomo e macchina. Ci rimettiamo in marcia e guidiamo per qualche chilometro, con gli occhi dell’intero Principato addosso, quasi come se nemmeno il Paradiso delle supercars fosse abituato alla cruda bellezza della regina rossa. Ogni buca, ogni tombino, ogni sconnessione dell’asfalto viene percepita come un montante dritto al mento e mentre stringi il volante come se stessi affrontando il tratto più tortuoso delle montagne russe, temi che le tue orecchie comincino a sanguinare per l’incessante boato che l’8 cilindri emette a pochi centimetri dalla tua testa. Una leggera pressione del gas manda su di giri la belva, ma quando la lancetta arriva a 3.500/4.000 giri succede la vera magia. I due turbocompressori si svegliano inferociti, uno strappo alla schiena ti comunica che il posteriore ha deciso di farti diventare uomo all’improvviso e premuto a terra con la rigidità di una tavola di legno, cerchi di trovare la giusta concentrazione per tenere le ruote anteriori dritte e consentire a quelle posteriori, ancora fredde, di mordere l’asfalto quel tanto che basta per vivere un’emozione indescrivibile.
La Regina non vuole essere domata, ma Raul la conosce da tempo e sa quello che lei desidera – vuole essere strattonata per ripagarti con la stessa moneta ma al tempo stesso imparerà a rispettarti e quel gioco di convivenza diventerà come il tiro alla fune, dove dovrai sempre essere un passo avanti, per prevenire i suoi comportamenti improvvisi, i suoi nervosismi e l’isteria di un motore biturbo di 30 anni fa che proprio nel suo ritardo di erogazione sposa quella natura così cruda e rude, tanto apprezzata ai giorni nostri, dove tutte le supercars sanno essere precise e perfette. Grazie all’utilizzo di un telaio in kevlar e di pannelli ultraleggeri per la carrozzeria, il peso complessivo è di circa 1.155kg, i quali accoppiati ai 478 cavalli ed ai 577Nm di coppia possono farvi immaginare quanto sia nevrotica al volante. Aggiungete poi che non c’è alcun tipo di controllo elettronico e che l’unico modo per salvarvi la vita da morte certa sia quello di osare, di lanciarvi. Guidarla a 20 all’ora avrebbe senso come fare bunjee jumping dal primo gradino della scala di casa e quindi l’unico modo per viverla appieno sarà quello di staccare il cervello e giocare al piccolo kamikaze. I 4,1 secondi all’epoca dichiarati per lo scatto da 0-100 km/h furono spesso smentiti da numeri addirittura più bassi, ma quello che sconvolge è il modo in cui raggiungete velocità da ritiro di patente. La spinta improvvisa, il calcio nella schiena e le orecchie che fanno male – è un allenamento per tutto il corpo, un’esperienza che fa parte della lista di cose da fare prima di morire per ogni appassionato di auto. Un’esperienza da provare, da spuntare da quella maledetta lista, perché la vostra idea di velocità cambierà radicalmente una volta scesi, con le gambe ancora tremanti e con gli occhi che tornano a squadrarla, a percorrere le sue linee nette e volitive, facendovi riecheggiare nella testa quell’urlo che entrava nell’abitacolo ad ogni cambio marcia, quel suono meccanico di ingranaggi che si incastrano e quell’odore di misto olio e benzina che per almeno due giorni non vorrete lavarvi dai vestiti.
I sedili racing e l’abitacolo ridotto all’osso mi avevano preparato, ma non mi sarei mai aspettato una cosa simile – è sicuramente la sensazione più vicina all’essere colpito da una fucilata in pieno petto. E mentre pensavo di essere nel bel mezzo della fine del mondo, Raul – vecchio diavolo – se la rideva. Quell’uomo deve aver stretto un patto con Belzebù – domatore delle supercars più violente della storia, non è da poco, è roba seria questa. E poi lei, la nostra vera Regina, in un perfetto abito rosso disegnato da Leonardo Fioravanti dello studio Pininfarina e destinato a vivere per sempre nella sua eterna gloria. Chissà se Enzo Ferrari, quel lontano giorno del 1987, era consapevole che ancora una volta stava per cambiare il mondo dell’automobile. Probabilmente si, aveva una marcia in più non a caso del resto. Nell’anno del 70° compleanno del Cavallino, ti facciamo tanti auguri F40 e ti ringraziamo per aver condiviso con noi i tuoi anni migliori. Spegni le tue trenta candeline con la stessa grazia che ti contraddistingue ed infiamma i nostri cuori come soltanto una Regina è in grado di fare.
FERRARI F40 (1987-1992)
Layout – Motore centrale, trazione posteriore
Motore – 8 cilindri a V 2.936 – twin-turbo
Trasmissione – cambio manuale a 5 rapporti
Potenza – 478 cv @ 7.000 rpm
577 Nm @ 4.000 rpm
Peso – 1.155 kg
Accelerazione – 4,1 sec.
Velocità massima – 326 km/h