2.000, 3.000, 3.500, i giri salgono talmente veloci che l’espressione soddisfatta di poco fa deve necessariamente farsi più seria, lasciando spazio alla massima concentrazione richiesta quando disponi di 620 cavalli messi a terra da una trazione posteriore che sa esattamente come assecondare il tuo desiderio di velocità.
Testo Alessandro Marrone / Foto Gian Romero
È notte a Roma e la statuaria Anita Ekberg attira a sé Marcello Mastroianni per una scena che assume lo status di cult e che dipinge indelebilmente la dolce vita nel mondo. Tutto si svolge presso la fontana di Trevi e da qui la città eterna spalanca le porte di uno stile di vita che non vedrà mai eguagliato il proprio fascino, la sua gloriosa storia e la natura racchiusa in quel fascinoso carisma che oggigiorno sembra soltanto fantascienza. Ferrari, da autentico portabandiera del settore automotive italiano nel mondo, intende guidarci nel futuro riportandoci indietro nel tempo, prendere in prestito quell’eleganza, quella passione e quell’amore per le piccole cose e farci viaggiare oltre i confini della grande città, verso strade che possano esaltare il piacere di guida insito in un viaggio che non chiede altro che una gran turismo che non bada a mettersi in mostra, quanto piuttosto a mettere a disposizione del guidatore e dei suoi passeggeri, un sogno che non deve scivolare dalle dita con le prime luci dell’alba.
È stata battezzata Roma ed è la Ferrari 2+, ovvero una GT con il layout tanto caro al Commendator Enzo Ferrari e quindi con il motore all’anteriore, sotto ad un cofano lungo, slanciato e che punta verso il basso, così da delineare forme armoniose che trascinano lo sguardo verso la coda affusolata. Un design completamente nuovo quello presentato da Maranello e che ricalca quello delle leggendarie 275 GTB e 365 Daytona, abbracciando la contemporaneità di gruppi ottici sottili e una griglia anteriore nello stesso colore della carrozzeria, eppure mantenendo quell’immagine che da sempre identifica una elegante e confortevole vettura votata al turismo, nel suo caso estremamente veloce.
L’obiettivo è quello di far entrare il Cavallino nel cuore e nel garage di circa il 70% di nuovi clienti, con soltanto il 30% di componentistica mantenuta rispetto all’ottima Portofino, più tipicamente Ferrari, perlomeno quando si cerca una cabrio ad alte prestazioni. La Roma è diversa, è qualcosa a sé e non soltanto perché introduce una nuova nicchia nel proprio listino, andandosi a sistemare accanto ad Aston Martin DB11 (con motore V8) e Bentley Continental GT (sempre V8), ma perché intende farlo con un’ispirazione che proviene dal proprio passato e da quello del nostro bel paese, trasmettendo a chi siede al volante un incessante desiderio di percorrere chilometri e raggiungere la località di vacanza, o più semplicemente una strada che dimostri quanto nulla sia stato lasciato al caso, nemmeno a livello dinamico.
Ecco perché mentre i primi raggi di sole cercano di farsi spazio nella fitta coltre di nubi sopra le nostre teste, mi avvicino con l’emozione che si prova quando ci si trova di fronte a qualcosa di completamente nuovo, ma che al contempo non nasconde il proprio forte legame con il passato. Tradizione, bellezza e prestazioni, potremmo definirli come i tre punti cardine del progetto Roma, ma esattamente come per la maestosa città dai mille volti, la nuova coupé del cavallino ha tanto da offrire e non basterà un semplice viaggio per scoprire la sua grande bellezza. A livello estetico ha un design pulito, ma per nulla scontato ed è infatti importante entrare nell’ottica che una gran turismo – per definizione – debba avere queste precise forme: lungo cofano motore, posto guida arretrato e coda compatta. È questa la linea dettata da quell’immagine che ti fa immedesimare immerso tra le Alpi, la campagna toscana, o in direzione di qualche rinomata località di mare.
Ma è l’abitacolo che contribuisce a far drizzare ulteriormente le antenne, con un ambiente raccolto e completamente nuovo, nel quale spicca l’enorme display configurabile posto di fronte agli occhi del guidatore, il monitor centrale da 8,4” posizionato in verticale ed inclinato e lo schermo a disposizione del passeggero, tramite il quale tenere sotto controllo media, navigatore e le principali informazioni di guida. Ci sono poi i nuovi tasti a sfioramento, con il bottone dell’accensione che lascia spazio ad un futuristico pulsante situato nella porzione inferiore della corona del volante, senza contare il nuovo manettino a 5 modalità, con l’introduzione di quella Race, assente sulla Portofino. Ho menzionato Portofino perché si tratta della vettura che ha prestato il pluripremiato 8 cilindri a V da 3.9-litri, in questo caso quasi del tutto stravolto grazie ad un accurato lavoro su valvole, elettronica, turbine e scarico, arrivando non solo a guadagnare una potenza finale di 620 cavalli e una coppia di 760 Nm, ma un’erogazione ancora più immediata, che nelle modalità di guida più votate alle performance accorciano le distanze da un punto all’altra della mappa in maniera inequivocabile.
Dolce Vita o no, tutto ciò che desidero una volta accomodato nel fantastico abitacolo, è di lasciare i centri abitati, che non attirati dal colore sobrio e dall’assenza (optional) di stemmi sui passaruota, vengono destati dal costante rombo del V8 e dai generosi cerchi da 20 pollici che ospitano un impianto frenante carboceramico con dischi da 360 mm e 4 pistoncini a pinze fisse all’anteriore e da 390 mm e 6 pistoncini al posteriore. Dopo qualche chilometro e dopo aver apprezzato la nuova interfaccia che mette a disposizione un navigatore satellitare migliorato, raggiungiamo finalmente le curve. È tempo di fare sul serio, siamo su una Ferrari del resto e comfort e lusso a parte, la voce prestazioni resta pur sempre il motivo che contribuisce all’aumento del battito cardiaco.
Premo a fondo sull’acceleratore e dopo che il posteriore sembra scomporsi per una frazione di secondo, gli enormi pneumatici mordono l’asfalto umido e mi lanciano verso la curva di fronte a me. Già dai primi 1.500 giri l’erogazione è corposa e lineare e il doppio turbo fa salire la lancetta del tachimetro digitale con una tale velocità che devo subito allentare la presa dal volante e innescare la seconda delle 8 marce del nuovo cambio sequenziale a carter secco. È impossibile seguire l’aumentare di giri motore, ma la colonna sonora emessa dalle due coppie di terminali di scarico mette in chiaro quanto anche un propulsore turbocompresso di ultima generazione possa essere la musica ideale per una giornata di questo tipo. Non riesco a pizzicare la linea rossa perché la curva di fronte a me richiede un briciolo di istinto di conservazione, imposto la traiettoria ideale sfruttando il fatto che il primo tratto di una dozzina abbondante di chilometri sia provvidenzialmente interdetto al traffico e, sfruttando l’intera carreggiata, butto giù il piede destro notando come il baricentro sia talmente basso da far uscire di curva la Roma come se fosse su un binario.
In seconda marcia e con una coppia di 760 Nm è facile immaginare che una violenta pressione sul gas si traduca in una spinta fulminea in avanti e mentre sono comodamente stretto dai sedili, le mie mani tornano a stringere il volante per impostare la esse che anticipa un nuovo tornante. Affondo sui freni e anche se non necessario chiamo in causa la prima marcia, permettendo al posteriore di allargare e giocare di sovrasterzo, in uscita da questa stretta tornata. 2.000, 3.000, 3.500, i giri salgono talmente veloci che l’espressione soddisfatta di poco fa deve necessariamente farsi più seria, lasciando spazio alla massima concentrazione richiesta quando disponi di 620 cavalli messi a terra da una trazione posteriore che sa esattamente come assecondare il tuo desiderio di velocità. Il cielo continua a borbottare, lanciando quasi una sfida al V8 della Roma e facendosi più cupo e intenso man mano che saliamo di quota.
In questo contesto non è tanto lo spoiler ricavato alla base del lunotto a mettere in gioco le proprie qualità, identificate in 95kg di downforce a 250 orari, quanto piuttosto il sottoscocca carenato e le feritoie celate al posteriore che senza snaturare l’elegante abito da sera della Roma, premono a terra il corpo vettura quando le andature si fanno elevate e i cambi di direzione più repentini. È quasi certo che il famigerato “cliente tipo” della Ferrari Roma non guidi il suo nuovo acquisto come se stesse fuggendo dopo la rapina del secolo, ma tirare una marcia dopo l’altra adesso che la strada si apre e le curve lasciano spazio a quei presunti tratti noiosi chiamati rettilinei (dai, non è sempre vero!) mi permette di rendermi conto di cosa sia realmente capace quest’auto. Avrebbero dovuto chiamarla Ferrari Camaleonte, perché senza nemmeno che te ne renda conto, si trasforma da sorniona coupé adatta ad una convivenza casa-lavoro e macinatrice di chilometri in autostrada in direzione vacanze, in una sportiva che mette a ferro e fuoco una tortuosa strada scaricando tutta la sua potenza a terra e firmando l’asfalto ad ogni tornante. E poi, nel misto veloce, dove la velocità comincia a solleticarti le gambe e farti sentire incredibilmente leggero, capisci che non avevi ancora osato abbastanza.
Con la Roma è facile andare forte, è davvero semplice raggiungere velocità che farebbero finire la vostra patente in coriandoli, ma è come si raggiungono certe andature che stravolge il concetto di gran turismo. Se infatti Ferrari la definisce una 2+ per via della presenza di 2 pseudo-posti ricavati tra quelli principali e il vano bagagli, definirei Super Gran Turismo una coupé che può portarvi in vacanza in completo relax, ma sguinzagliare il Mister Hyde che è in voi, subito dopo il check-in all’albergo di turno. È una duplice natura che convive in maniera estremizzata proprio per via di una dinamica affilata e logicamente mutuata dal mondo delle corse, con soluzioni avanguardistiche che non scendono al compromesso di trasfigurare la purezza aerodinamica, vestendo la Roma con un abito adatto per una cena di gala, ma sorprendentemente comodo anche per una rissa in strada a suon di cavalli vapore.
Proprio quando le cose stanno cominciando a farsi serie – forse troppo – una pioggia torrenziale suggerisce che sia il caso accostare e approfittare del momento per pranzare, in attesa che il temporale passi o perlomeno diminuisca d’intensità. Appena una mezz’ora dopo e una Roma tutta bagnata torna in vita, avanzando con cautela sinché l’asfalto non torna quasi del tutto asciutto e mostrando il lato pratico di un modello che completa la line-up del cavallino, ma che a dire il vero rappresenta un punto focale per qualsiasi appassionato di guida, unendo i puntini del comfort di bordo a quelli delle prestazioni, con un blasone e un bagaglio ingegneristico che soltanto Ferrari può permettersi.
La Dolce Vita non è mai stata così veloce, ma non è tanto per via di uno 0-100 km/h di appena 3,4 secondi o di una velocità massima di 320 orari, quanto piuttosto per come puoi divorare centinaia di chilometri, giocare con il destino facendo pattinare il posteriore ad ogni curva, oltrepassare qualche confine e portare l’italianità nel mondo senza dover smuovere la fontana di Trevi. Tutto sentendoti l’assoluto protagonista del tuo film d’autore, di una storia d’amore con un cavallino che dimostra che reinventarsi rispettando la propria eredità sia possibile, regalandoci un modello che rappresenta un traguardo estetico di rara purezza e di tripudio prestazionale ancora più unico. La Ferrari Roma non è solo desiderio di viaggiare o brama di velocità, è tutto ciò che riguarda un’automobile elevato al quadrato e impreziosito da un’esperienza di guida emozionante come il primo bacio, di quelli di cui non potrai più fare a meno.
FERRARI ROMA
Motore V8 cilindri, 3.855 cc Potenza 620 hp @ 5.750 rpm Coppia 760 Nm @ 3.000 rpm
Trazione Posteriore Trasmissione Cambio Automatico a 8 rapporti Peso 1.655 kg
0-100 km/h 3,4 sec Velocità massima 320 km/h Prezzo da €200.936