ICONS
FERRARI TESTAROSSA
Testo Andrea Albertazzi / Foto Ferrari Media
Diamo il via a questa nuova rubrica dedicata alle auto che hanno segnato la storia con quel modello che forse più di ogni altro è in grado di mettere tutti d’accordo. Alla resa dei conti, la Testarossa non è infatti soltanto una delle Ferrari più iconiche e rappresentative, ma colei che incarna le linee e le qualità che rendono un’automobile degna di essere appesa sulla parete di un giovane appassionato al quale la realtà non ha ancora strappato i sogni dal cuore. Allo stesso modo, avendo quasi casualmente assunto l’immagine sia di sportiva che di auto di lusso, è sempre la Testarossa che rappresenta il punto di incontro tra cuore e cervello e che segna in maniera indelebile un’intera epoca, catapultando le linee spigolose e futuristiche degli anni 80 in un limbo di eterna grazia.
Chiedete a chi non importa nulla di auto, in quel caso una Ferrari sarà rossa. E non c’è nessuna Ferrari più rossa di una Testarossa – anche se di colore nero. È un dato di fatto, qualcosa di universalmente riconosciuto, ma sappiamo bene che c’è qualcosa di più. Nata nel 1984 dalla matita Pininfarina, la Testarossa sarebbe dovuta essere la gran turismo ad alte prestazioni adibita a raccogliere lo scettro della più estrema 512 BB. Una sportiva pensata per una più confortevole coabitazione, per lunghi viaggi concessi dai larghi e comodi sedili in pelle e da un vano di carico all’anteriore che in aggiunta allo spazio ricavato subito dietro ai sedili permettono di stivare più di quanto l’aspetto esteriore lasci intendere. Dietro guidatore e passeggero, a rendere l’esperienza di guida qualcosa di indimenticabile, un V12 aspirato in posizione centrale da 4.9 cc e 380 cavalli, che nonostante dispensi prestazioni di tutto rispetto ancora oggi, era davvero in grado di spostarvi da un punto all’altro della mappa con rapidità.
Sono proprio le performance e il modo in cui la potenza viene erogata che però non definiscono la Testarossa come pura supersportiva, bensì il trait d’union definitivo tra compostezza e ruvidità, tra comfort e velocità, tra praticità ed emozioni. L’intenzione primaria era quella di produrre una sportiva di gran classe che fosse in grado di emozionare come la 512 BB, ma di essere utilizzata con più semplicità, anche da un guidatore meno esperto. Il risultato, se vogliamo quasi casuale ma per nulla rocambolesco, fu quello di trovarsi per le mani un capolavoro che identifica le linee squadrate e i tagli netti tipici degli anni 80, ridefinendo il concetto stesso di auto da sogno grazie ad un’aerodinamica che celebra le innumerevoli feritoie orizzontali presenti sul corpo vettura, le stesse che una volta terminato il proprio ruolo funzionale, cedono spazio al vezzo estetico percorrendo tutta la portiera fino alla ruota anteriore, delineando per sempre uno dei tratti più distinguibili della storia Ferrari e non solo.
Con una carreggiata posteriore 140 millimetri più larga di quella anteriore e una presenza su strada imponente pur senza ricorrere a spoiler, la Testarossa sfoggia anche gruppi ottici anteriori a scomparsa – altro tratto simbolo di quel periodo – e un abitacolo che oggi definiremmo minimalista, ma dove in realtà c’è tutto quel che serve per trasformare il tempo trascorso alla guida in momenti di gloria. Stiamo parlando del grande volante in pelle con una corona sottile e con le tre razze che si congiungono con il leggendario cavallino rampante su fondo giallo, ma anche del cambio manuale a 5 rapporti con griglia aperta, mentre per quanto riguarda il sopracitato comfort inteso per un utilizzo turistico, la Testarossa gioca prevalentemente sull’ampio spazio per spalle e testa dei due occupanti, lasciando che la colonna sonora del V12 entri nell’abitacolo, senza però risultare mai intrusiva come sulla 512 BB.
Con un peso di 1.700 kg, la Testarossa scaricava a terra la propria potenza facendo segnare uno scatto da 0 a 100 km/h di appena 5,7 secondi e una velocità massima di 285 orari, ma nonostante fossero numeri interessanti per l’epoca, si percepiva già che quest’auto fosse molto più che una vettura pensata per gli spari da un semaforo all’altro. Oggi, dopo quasi quarant’anni ed avendo definitivamente dimostrato di superare a pieni voti la prova del tempo, la Testarossa sottolinea ancor più quel suo lato emozionale scatenato da quell’attacco di spigoli e feritoie, ricoprendo il ruolo di icona che ha reclamato sin da subito e che le successive evoluzioni chiamate 512 TR (1992-1994) e F512 M (1994-1996) hanno contribuito a cementificare ulteriormente. È lecito domandarsi se le imprese più grandi vengano realizzate per caso, oppure se l’eredità della Testarossa sia uno degli ingressi “più economici” per l’Olimpo delle supercar, dato che le quotazioni attuali (€110.000 circa) sono da appena due anni di poco inferiori al doppio del valore da nuova. O forse, al cospetto di un oggetto così iconico e immortale, è più corretto non porsi troppe domande e fare di tutto per realizzare quel sogno che da bambino stava appeso sulla parete. Un sogno che dopo quasi quarant’anni è sempre rosso Ferrari.