FIAT 850 Sport Lampra | Vintage
FIAT 850 SPORT LAMPRA
UN UOMO E LA SUA AUTO
Testo Remigio Camilla / Foto Alessandro Marrone
“Mi costruisco l’auto che vorrei. Sono sempre stato attratto dai grandi carrozzieri e dagli artisti del design. Mi sono sempre piaciuti l’aerodinamica ed i motori sportivi e poi era una bella sfida personale, arrivare a conoscere i propri limiti professionali”.
Inizia così il racconto di un uomo e della sua auto, un’auto fortemente desiderata e voluta, realizzata con grande passione, genialità, capacità costruttiva, grande conoscenza tecnica, tenacia, fatica ed anche umiliazioni. Ma andiamo con ordine, siamo verso la fine degli anni 60, il Sig. Roberto Chiappini – titolare nonché esperto di una carrozzeria in Genova – decide di realizzare esclusivamente per se in modello unico una GT esclusiva, dotata di tutte quelle caratteristiche estetiche e tecniche che le sportive anche di grande prestigio a quel tempo ancora non possedevano. Per problemi legati alla realizzazione si orienta sul pianale della FIAT 850 Spyder disegnata da Giorgetto Giugiaro e prodotta dalla Bertone, in quanto finanziariamente più abbordabile rispetto ad un telaio Ferrari al quale inizialmente aveva pensato, inoltre un telaio FIAT era relativamente più facile da procurare.
“Scrissi alla direzione Italia di FIAT, i quali mi risposero molto gentilmente, invitandomi a Torino per esporre il mio progetto. Mi presentai con timore e conobbi persone che ora definisco amiche. Ero emozionato e la mia timidezza mi impediva di essere lucido, ero al cospetto di un alto funzionario della più grande industria automobilistica del paese e mi sentivo piccolo piccolo. Venne capita la mia passione ed il Dott. P. guardandomi negli occhi mi disse che per vendermi il telaio doveva sapere cosa ne volevo fare, quindi mi chiese di inviargli il disegno e le caratteristiche del modello che avevo in mente” .
A questo punto Chiappini vede volar via il suo sogno, lui non possedeva i disegni di ciò che voleva realizzare e non era in grado di realizzarli, però aveva in se un grande vantaggio, l’esperienza del lavoro di carrozziere, iniziato quando era ancora un ragazzino. Quante forme, quante auto le sue mani avevano accarezzato e conosciuto. Come uno scultore egli possiede due importantissimi elementi naturali: la capacità di saper osservare attentamente e capire pienamente le forme da modellare con le proprie mani ed una mente geniale che gli permette ancora oggi di realizzare tecnicamente con grande maestria ogni più difficile particolare.
“Caro Chiappini, se lei costruisce la vettura e poi non rientra nei giusti parametri, la butta via, perché non sarà omologata. Capii che al Dott. P. in fondo la mia idea piaceva. Accettai il rischio ed iniziai la mia avventura”.
Il telaio giunse nell’officina del Sig. Chiappini – era del 1968 – e venne sistemato in uno spazio adeguato per la sua futura lavorazione. Fu molto difficile stabilire da dove iniziare, più guardava il nudo telaio e più tutte le sue idee sembravano svanire, mentre i dubbi iniziavano ad affollare la sua mente. Stranamente decise di partire da un particolare inconsueto e ben definito nell’insieme di una carrozzeria, i fari e la loro posizione, quasi come gli occhi in un ritratto, questi occhi dovevano avere una determinata forma, non convenzionalmente tondi. Quelli che gli corrispondevano perché meglio si adattavano alla sua idea, erano quelli di forma rettangolare della Fulvia Sport Zagato. Essendo incassati, questi determinavano nella carrozzeria una nicchia concava e rettangolare che tendeva a creare resistenza aerodinamica. L’idea di coprirli con una cupola in plexiglas venne subito scartata in quanto non ammessa dal codice della strada. L’inconveniente viene risolto brillantemente, realizzando una griglia alla base del faro in modo tale da fare defluire l’aria introdotta direttamente sui freni raffreddandoli attraverso una canalizzazione. Questa è la prima delle tante piccole geniali raffinatezze che si trovano disseminate in ogni parte della carrozzeria sia all’esterno che all’interno. Passò poi a modificare il radiatore originale in modo tale da poterlo far lavorare orizzontalmente ed in posizione frontale, determinando quale doveva essere il profilo anteriore dell’auto e come realizzare quella che allora si definiva la mascherina. Fece diverse sagome con i tondini di ferro sino ad arrivare dopo molti tentativi a quello che sarebbe stato il frontale, poi la curvatura del parabrezza, la sua inclinazione, determinando di conseguenza l’altezza del tettuccio e quella complessiva dell’auto, che risulta essere molto bassa, intorno al metro come era di moda al tempo. La Lamborghini Miura era per Chiappini l’auto alla quale fare riferimento.
La linea è decisamente innovativa con frontale spiovente e aerodinamico, caratterizzato dal cofano con le due prese d’aria per il radiatore. Ma è la coda a concentrare le novità stilistiche più evidenti, presentando un’ampia superficie vetrata, che lascia vedere interamente il motore elaborato dal Sig. Roberto, impreziosito quasi come un gioiello con elementi e finiture in acciaio lucidato. Il vano motore è separato dall’abitacolo da un vetro in modo tale da determinare una pregevole continuità tra abitacolo, vano motore ed esterno e viceversa. Ancora oggi questo particolare costituisce la parte più geniale più innovativa ed interessante della carrozzeria, attrae destando sempre curiosità in chi si sofferma ad osservarla e lasciandolo incredulo quando gli si dice che è una FIAT 850 Coupé di 50 anni fa. Allo studio e realizzazione della coda Chiappini ha dedicato molta attenzione e molto tempo, senza giungere – a detta sua – ad una soluzione che lo renda pienamente soddisfatto in quanto la giudica ancora oggi troppo stretta. L’unica giustificazione che lo consola, sta nel fatto che il profilo aerodinamico vuole la parte anteriore più larga di quella posteriore e tale principio nella Lampra è pienamente rispettato.
Il problema poi relativo ai flussi d’aria al vano motore posteriore per il suo raffreddamento ed il deflusso del calore procurato al suo interno è stato un altro interessante tema da affrontare e da risolvere, oggetto di molti attenti studi ed accorgimenti tecnici. “Avevo deciso che il motore doveva essere un motivo estetico e realizzare la chiusura del vano era per me un problema. Non volevo cerniere troppo invadenti e come le serrature, doveva apparire tutto semplice, senza orpelli tecnici a rovinare tutto. Non avevo intenzione di adoperare componenti di altre vetture, se non lo stretto necessario. La soluzione mi venne una notte che lampi e tuoni imperversavano sulla città e non riuscivo a dormire. Così l’idea nacque come un fulmine. Da poco il mercato offriva le colle strutturali che potevano unire metallo e vetro. Trovai la soluzione”.
La linea della carrozzeria si stava delineando pian piano, occorreva pensare al motore che come racconta Chiappini doveva essere un motivo estetico e quindi immaginato completamente a vista, discostandosi da tutte le tendenze di moda del periodo ed anticipando i tempi e le auto sportive che verranno negli anni successivi. Essendo un appassionato di motori, pensava a un bel 850 Abarth radiale, decise così di prendere contatti con l’azienda che lo fece molto penare, prima di concedergli l’appuntamento un giovedì mattina alle otto in punto. Partito da Genova di buon’ora, alle 7:45 è in Corso Francia davanti alla sede Abarth, alle 8 precise si presenta in direzione, dove una segretaria lo fa accomodare in attesa di essere ricevuto. Le ore passano e Chiappini rimane seduto sulla sedia ormai stufo e sfiduciato, quando alle 11:30 la segretaria finalmente riceve il permesso di farlo accomodare. Entrato nell’ufficio si trova faccia a faccia con il Sig. A. direttore generale e braccio destro di Carlo Abarth.
“Parlò in modo brusco, senza guardarmi, con un foglio in mano, come a lasciare intendere che non aveva tempo da perdere. Avevo capito che le mie possibilità erano scarse, ma con coraggio gli parlai del mio progetto e gli porsi tutte le foto dove si vedeva il lavoro svolto. Le foto erano una quindicina, ma lui ne prese non più di tre, le guardò con superficialità e ai miei occhi sembrò disprezzo, pochi secondi, le posò e guardandomi disse – Non diamo i nostri motori per queste cose – Mi sentii umiliato e disprezzato e in un goffo tentativo di difesa risposi che lo avrei pagato. Non capivo il motivo del rifiuto, ma dovevo farmene una ragione.
Per fortuna e come dice il proverbio “Il tempo è galantuomo e restituisce tutto a tutti” e questo avverrà anche per Chiappini a tempo ed ora ed in un momento molto particolare. Così non potendo avere a disposizione un motore Abarth ripensa al motore originale e inizia un meticoloso lavoro di elaborazione condotto personalmente con grande perizia e maestria tecnica, tali da ottenere un incremento di potenza che permette alla vettura di raggiungere la velocità inaspettata di 200 Km/h e dover prevedere alcune aggiunte aerodinamiche per migliorare l’assetto all’avantreno. Nel frattempo, con l’avanzamento dei lavori, proseguivano anche i contatti con il centro stile FIAT per l’omologazione. Per le vernici, nel lavoro normale in carrozzeria, Chiappini si serviva di prodotti della Pozzi, fu così che all’azienda giunse la notizia dell’auto che stava preparando. Un giorno arriva una telefonata avvertendolo che alcuni dirigenti Pozzi ed un tecnico sarebbero venuti in carrozzeria per visionare il suo lavoro. “Mi fecero i complimenti per quanto vedevano, ma un signore – il più elegante – non aprì bocca, se non per il saluto iniziale. Stava in disparte, guardava e non commentava, mi metteva a disagio, non sapevo come comportarmi. Finalmente, a incontro finito, parlò.
“Chiappini i miei complimenti per quello che vedo, se la finitura sarà a questo livello e se a voi sta bene, la esponiamo nel nostro stand al Salone dell’Auto di Torino”. – Meravigliato e incredulo non ricordo cosa farfugliai. Io, un umile artigiano, a Torino e sotto lo stesso tetto con i grandi Carrozzieri. Era incredibile” –
Il colore dell’auto fu un altro tema interessante da affrontare, in quanto non se ne voleva utilizzare uno di quelli comunemente in commercio. Anche in questo caso Chiappini decide di agire in modo autonomo e di crearne uno specifico, suo fratello che lo aiutava in carrozzeria consigliò di aggiungere della polvere d’ oro zecchino alla vernice che si stava preparando e i risultati furono entusiasmanti con un effetto che donava profondità, luminosità ed inoltre cangiante a seconda del punto di osservazione. Ma non solo la carrozzeria doveva essere un capolavoro di progettazione e di lavorazione, anche l’interno doveva rispondere a tali requisiti di eccellenza e maestria. Ci pensò il fratello che era anche un esperto ebanista, il quale si orientò verso essenze pregiate: legno di rosa per l’inserto porta strumenti del cruscotto, cedro del libano con la particolare colorazione naturale per le modanature e radica di noce per le impiallacciature dei pannelli delle porte e di altri particolari interni, compreso il piccolo bar, posizionato posteriormente, con ancora le bottiglie di Cognac e Whiskey dell’epoca, roba da non far vedere se si viene fermati dalla Polizia.
La stanchezza si faceva sempre più insistente, ma la pressione del Salone di Torino non gli permetteva soste, anche perché il tempo a disposizione era poco, inoltre FIAT, saputo della partecipazione al Salone dell’Auto, telefonò per complimentarsi ed al contempo comunicargli che lo aspettavano al Centro Stile per l’Omologazione. A questo punto occorreva avere anche tutti i disegni della carrozzeria come richiesto, per fortuna a quell’epoca un suo cugino si era appena laureato in Ingegneria e si offrì di realizzare un accurato rilievo dell’auto. Alle varie difficoltà si aggiunse anche l’alluvione di Genova del 7 e 8 ottobre 1970, ma per fortuna grazie alla prontezza di spirito di Chiappini e del tappezziere tutto il lavoro fu salvato.
Non potendo avere a disposizione come voluto il motore 850 radiale Abarth, viene elaborato direttamente dal Sig. Roberto il motore di serie attraverso le seguenti specifiche. Il basamento è stato alesato portando il diametro del cilindro da 65 a 67 mm e modificato il circuito olio con radiatore e filtro esterno. L’albero motore è in acciaio a 8 contrappesi, bilanciato e lucidato, la corsa del pistone portata da 68 a 74 mm con bronzine trimetalliche. I pistoni sono su disegno specifico prodotti dalla Pistal, la coppa dell’olio è modificata ed ha una capacità di 5,5 Kg. L’asse a camme è stato riprofilato su specifiche della University Motor di Genova, le aste sono alleggerite e i bilancieri sono su bronzine. Anche la testata è stata modificata, realizzata in fusione a quattro condotti, con collettore specifico per ricevere due carburatori doppio corpo Weber Dcoe da 40 alimentati da doppia pompa benzina elettrica.
Il collettore di scarico è di nuovo disegno, ricalcolato nella lunghezza e ceramicato. La coppia conica originaria di 8-39 è stata portata a 9-37 utilizzando una modifica dell’Abarth specifica per le corse ed al cambio originario è stato aggiunto un quinto rapporto di riposo, in quanto con l’elaborazione realizzata, in quarta marcia il motore tendeva facilmente al fuori giri. Viene anche adottata anche una frizione specifica rinforzata. L’impianto frenante è composto da 4 freni a disco con servofreno mutuato dalla allora Alfa Romeo Giulietta. Gli pneumatici montati sono del tipo radiale 175/60/13 su cerchi Cromodora Bertone Racer.
Il Salone sarebbe cominciato il 28 ottobre, occorreva affrettarsi. In quei giorni la responsabile della Pozzi Vernici venne a visionare il lavoro, non credeva che una costruzione artigianale potesse raggiungere un tale livello di bellezza e perfezione e dettò le istruzioni per presentarsi al Salone. Non essendo presentata come prototipo, ma pubblicitaria per le vernici Pozzi, doveva essere targata, sembrare circolante e avere un nome. Anche questo problema venne risolto brillantemente, Chiappini prese l’enciclopedia, sapeva che voleva cercare il nome di un piccolo insetto di colore verde cangiante come la sua auto. Lampra Rutilans o più semplicemente Lampra, perfetto e inusuale per un’auto. Si fece accompagnare da un amico e il 27 sera erano a Torino, incontrarono la Sig.ra Pozzi che li attendeva e si avviarono all’interno. La gente presente occupata nei preparativi si girava additando la Lampra, Roberto Chiappini iniziava ad assaporare tali consensi e quando arrivarono allo stand vennero letteralmente circondati dalle persone presenti che applaudivano. E in quel preciso momento, il colpo di scena, la Lampra veniva esposta esattamente di fronte allo stand Abarth. Chiappini si ritrovò inevitabilmente faccia a faccia con il Sig. A. direttore generale e braccio destro di Carlo Abarth, che a suo tempo gli aveva rifiutato il motore umiliandolo.
Il Sig. A. disse – Chiappini, ma è questa la macchina?
Si girò verso l’Ing. C. e parlandogli sottovoce non si capì cosa gli disse, ma l’Ing. assertiva con il capo. “Chiappini, se lo permette stanotte smontiamo il motore e ne montiamo uno dei nostri, un bel radiale, lo abbiamo qui pronto”. Aveva un bel sorriso, troppo bello, il sorriso mi irritò, pensai a quel suo rifiuto di qualche tempo prima, alla sufficienza ed arroganza che mi colpì nel profondo. No Dottore, non do la mia macchina per i suoi motori, mi girai e chissà la sua faccia.
Con molta calma ed eleganza Chiappini aveva restituito al mittente l’umiliazione a suo tempo ricevuta e questa era stata una soddisfazione impagabile. La Lampra doveva essere sistemata in una posizione scenografica e di illuminazione, molto adeguata per poter far rilevare tutti i particolari della carrozzeria, gli aspetti più tecnici e quelli relativi all’attento studio aerodinamico, come il fondo completamente piatto, per questo motivo la direzione del salone optò per posizionarla su quattro cubi e sollevata da terra. Nei giorni dell’esposizione i consensi furono notevoli ed a Chiappini piaceva ascoltare i giudizi del pubblico. Un giorno, si era appena assentato per andare allo stand FIAT ma lo vennero subito a cercare, c’era un signore che voleva comperare la Lampra, era il cantante Tony Renis. La voleva per sé, gli piaceva molto e fece un’offerta di 7 milioni. La mattina successiva entrando in Salone e avvicinandosi alla sua auto, vede un signore con un blocco intento a disegnare, gli si avvicina sbirciando, ma il foglio viene prontamente girato. Chiappini lo saluta dicendo di aver costruito personalmente l’auto.
Il signore si presenta, sorride e mi porge la mano – Piacere Chiappini, sono Giugiaro. Bella e innovativa, mi piace l’idea dei tagli netti, molto equilibrata, interno stupendo. Vuol venire a lavorare da me? All’Italdesign sarebbe il benvenuto. Le offro alloggio e 300 mila lire al mese. – Che sorpresa, se Giugiaro mi vuole, qualche cosa valgo – Ma la sorpresa più grande doveva ancora arrivare, attorno alla Lampra gironzolava un signore dall’innata eleganza. Osservò molto attentamente l’auto e poi strinse vigorosamente la mano di Chiappini. Voleva fare un contratto per la costruzione di 100 Lampra l’anno, avrebbe scritto per formalizzare un’offerta di lavoro in Australia e precisamente a Sidney. Lo scritto con la proposta di lavoro arrivò puntualmente come promesso, ma purtroppo in quel periodo troppi problemi famigliari gli impedirono di prendere una decisione così difficile e come dice Chiappini “Forse in quel momento passò il treno della mia vita”.
Terminato il Salone, il giovedì successivo lo attendeva la seduta di Omologazione presso il centro Stile FIAT, l’appuntamento destava in Chiappini non poca preoccupazione, la paura di aver lavorato per niente, ricordava molto bene ciò che gli era stato detto a suo tempo. Superò il cancello e si fermò sulla pesa, l’addetto alla ricezione lo accolse con un sorriso complimentandosi, aveva visto l’auto al Salone. Il primo esame andò bene, l’addetto con la strisciata della pesa in mano gli fece segno di vittoria, ora doveva lasciare la Lampra con i relativi disegni e ritornale la sera verso le 17:00. L’attesa fu lunga e molto sofferta, si ripresentò e fu fatto accomodare in una stanzetta, attese circa una mezzoretta e poi finalmente si spalancò una porta, entrò un tale senza salutare ed agitando i fogli dei disegni esordendo a voce alta: “Chi ha fatto questa macchina? Mai più una macchina così, il piantone dello sterzo così non lo voglio. La batteria lì dove l’avete messa non va bene, cambiatele posto”. Presi coraggio e gli dissi – il piantone dello sterzo è come l’originale e la batteria è sistemata come sul pulmino 850 – Ora non è il momento di discutere, le do il nulla osta per 10 macchine, se volete farne di più dovete modificare quanto ho detto”.
Chiappini era felice e soddisfatto, il giorno dopo telefonò in FIAT Direzione Italia e il funzionario con il quale aveva consolidato un rapporto di stima e amicizia si congratulò con lui dicendogli di passare dopo 10 giorni per ritirare tutti i documenti. Andò a Torino e fu ricevuto con grande cordialità, strette di mano ed anche abbracci, gli consegnarono il plico con i documenti della seduta di Omologazione e poi vennero le spiegazioni anticipate. “Chiappini, lei con la Lampra ha portato scompiglio al centro stile, l’Ing. S. ha convocato tutti i dipendenti invitandoli a guardare bene la macchina ed a riflettere che il tutto era stato fatto da una persona sola in meno di due anni e loro impiegano 10 volte di più. Il signore che si è rivolto a lei con arroganza e prepotenza è il capo del centro stile”. Seguì una bella risata – ben gli sta a quella massa di montati –
L’avventura non era ancora terminata, mancava l’Immatricolazione, sembrava in teoria cosa facile ed invece non fu affatto così. Nel corso della seduta l’ispettore della motorizzazione controllò attentamente l’auto, tutto funzionava ma sollevò un problema: il parabrezza non andava più bene in base alla nuova normativa del Codice della Strada, doveva essere stratificato. Fortunatamente l’ispettore era disponibile a trovare una soluzione e si diedero appuntamento un sabato mattina in motorizzazione dove iniziarono a scartabellare nei classificatori tra le varie schede e norme, tra la polvere e gli starnuti da allergia, quando finalmente un’esclamazione ad alta voce ” Eccolo, trovato!” Art. 465 del regolamento, nulla osta per i veicoli sperimentali a montare vetri temperati in deroga alla legge. Tutto sembrava ormai risolto, ma non era ancora così. Chi doveva rilasciare il nulla osta in deroga era un altro funzionario della motorizzazione, il quale si negava costantemente, sino a che l’intervento di una persona importante dell’Ansaldo, conoscente di Chiappini venuto a sapere del comportamento non corretto del funzionario, riuscì in breve tempo a risolvere il problema e Chiappini ricevette finalmente una raccomandata contenente la deroga ed il documento tanto agognato. Il cerchio finalmente si era chiuso e con l’immatricolazione e con la targa di carta come si usava allora prima di avere quella definitiva, Roberto Chiappini e la moglie si concessero una settimana in Valle d’Aosta. Si conclude così la storia, il tormento, la passione, l’estasi e la gioia di un uomo che ha saputo sfidare se stesso e realizzare con le proprie mani la sua auto.