Scordatevi ogni tipo di assuefazione e cominciate a prendere in considerazione di avere una nuova dipendenza, quella per un irrefrenabile bisogno di sentire il V8 che sale di giri, gli pneumatici che mordono l’asfalto e quel titanico cofano motore che punta una lingua d’asfalto che sfoggia ancora glorioso i segni dell’ultimo rally di Montecarlo.
Testo Alessandro Marrone / Foto Daniél Rikkard
Avevo quasi dimenticato quella particolare sensazione che ti assale i sensi una volta che ti lasci alle spalle l’ultimo grande centro abitato e con esso le strette e trafficate stradine a pochi metri dal mare. Sembra di non tornare qui da decenni e invece non sono neppure trascorsi 365 giorni. Oggi tutto assume un significato differente, che sia per la consapevolezza che giornate come queste potrebbero avere il tempo contato, oppure per via di quella costante paura di poter cadere in una sorta di assuefazione e senza nemmeno accorgermene finire per trovare i sensi intorpiditi e percorrere queste meravigliose strade fermandomi soltanto all’apparenza di un fattore scenografico che si mantiene sorprendentemente intatto. Il Col de Turini non va soltanto guidato, va vissuto e respirato a pieni polmoni, lasciando che ti strappi dalla comfort zone e metta alla prova con i suoi innumerevoli tornanti, habitat nel quale ho deciso di portare un’auto che tra le sue numerose qualità non ha certo l’agilità di una più tipica sportiva per come la intendiamo in Europa.
È una Ford Mustang, ma non una qualsiasi. Si chiama Mach 1 ed è la versione più potente che si possa comprare prima di prendere in considerazioni le più estreme Shelby. Pensata per ingolosire gli appassionati del vecchio continente e prodotta in serie limitata (di cui appena 57 esemplari per l’Italia) è una lettera d’amore per la Mach 1 del 1969, la quale ottenne ben 295 record di velocità e durata alle Bonneville Salt Flats. Insomma, un’occasione per rispolverare il ricco scaffale di trofei di famiglia e nel frattempo aggiungere pepe a un’auto che meglio di ogni altra rappresenta il piacere di guida per come lo intendono oltreoceano. E dopo aver guidato la “normale” GT e la eccitante Bullitt, mi domando se forse non sarebbe stato meglio sguinzagliare questo stallone in pista, o comunque su una strada in grado di esaltare la dinamica di una coupé che ad un primo sguardo nasconde le proprie generose dimensioni.
Partiamo dall’estetica, dove la Mach 1 è immediatamente riconoscibile grazie al colore dedicato e denominato Fighter Jet Grey, abbinato alle immancabili stripes su cofano e fiancate e soprattutto per un look più minaccioso garantito da spoiler anteriore e posteriore, cerchi dedicati da 19” e vistoso diffusore che ricopre un ruolo fondamentale una volta in velocità. Ci sono poi vari badge sparsi qua e là e un ulteriore richiamo al modello del ’69 grazie ai fari aggiuntivi ai lati della griglia frontale. Se la Mustang GT è infatti una eccezionale grand tourer, la Mach 1 promette di mantenere il tipico carattere della pony car americana e aggiungere quel che ci vuole per un’esperienza che sappia elevare il piacere di guida una volta che il gioco si farà duro. Il V8 da 5-litri è stato portato a 460 cavalli, ma non è una semplice questione di potenza, dato che il sistema di raffreddamento è stato migliorato nell’ottica di un utilizzo più intensivo (in pista, per esempio). È poi fondamentale sottolineare come condivida l’Open Air Induction System con la Shelby GT350, che altro non è che un collettore di aspirazione che aumenta i flussi d’aria all’interno del motore. Insieme a un software di gestione del motore e ad un duplice sistema di iniezione consentono un’erogazione più corposa e che scarica a terra la potenza e una coppia di 529 Nm in maniera più intensa rispetto a una GT.
La trazione è logicamente sul solo asse posteriore e il cambio può essere manuale a 6 rapporti, oppure automatico a 10 rapporti, come nel caso del modello in prova. In modalità automatica predilige un numero di giri ridotto, mentre in Sport sfrutta un maggior numero di revs-per-minute andando così a rendere la Mach 1 sempre pronta per uno scatto verso la curva successiva. Ci sono poi due palette – piccole e di plastica – al volante, tramite le quali andare ad agire in prima persona sul cambio marcia, ma spesso e volentieri noterete che l’auto sa comportarsi egregiamente in autonomia. Al posteriore, oltre alle appendici aerodinamiche menzionate poco fa, abbiamo il logo Mach 1 al posto del mustang in corsa e due coppie di terminali di scarico che accentuano il tipico canto baritonale del V8 là davanti. L’accensione, le ripartenze e le corse verso la linea rossa sono la massima rappresentazione della goduria a stelle e strisce.
Superato quindi l’ultimo barlume di civiltà, la salita verso il Col de Turini implica una concentrazione che sale a livelli massimi quando si opta per la modalità Circuito e si inibisce il controllo trazione. Il peso di 1.750 kg non viene percepito in quanto i 460 cavalli a disposizione pompano anche alla minima pressione sul pedale dell’acceleratore, ma una volta nel misto stretto mi rendo conto che la Mach 1 è molto più che una Mustang anabolizzata. Se in città o autostrada ti fa quasi credere di essere una di quelle macina-chilometri che preferiscono apparire piuttosto che agire, nel ventre di una delle strade più famose del mondo dei rally scopro una dinamica e una reattività che non avrei pensato possibile portandoci appresso una simile massa e dimensioni tutt’altro che contenute. Con una deportanza superiore del 22% rispetto alla normale GT, la Mach 1 ingurgita i tratti più veloci restando premuta a terra come se attratta da un enorme magnete. Lo sterzo che resta sempre morbido e di grande diametro non lascia intendere come sarà invece possibile saltare da una curva all’altra, raddrizzando controsterzi con una facilità che diventa ben presto pericolosa.
Scordatevi l’assuefazione e cominciate a prendere in considerazione di avere una nuova dipendenza, quella per un irrefrenabile bisogno di sentire il V8 che sale di giri, gli pneumatici – Michelin Pilot Sport 4 – che mordono l’asfalto e quel titanico cofano motore che punta una lingua d’asfalto che sfoggia ancora glorioso i segni dell’ultimo rally di Montecarlo. In questo contesto ci sono pochi tratti che consentono di beneficare del miglioramento aerodinamico, ma quando la strada si allarga abbastanza e la visibilità concede di spostare l’asticella verso l’esagerazione, i flussi vengono ingoiati dal sottoscocca e sputati oltre il diffusore, offrendo un grip che aumenta la sensazione di confidenza verso la Mach 1. Le sospensioni adattive controllano elettronicamente il fluido all’interno della stesse e gestiscono in tempo reale ogni minimo cambiamento sul fondo stradale, inoltre abbiamo molle anteriori più rigide e barre antirollio, aspetto fondamentale che rende gli inserimenti in curva di una precisione quasi chirurgica.
Raggiungiamo quota 1.607 in un battito di ciglia e mentre facciamo raffreddare freni e cervello, ci godiamo una leggera brezza che allieta un mercoledì mattina rovente. Il consumo carburante non è altro che un dettaglio in queste situazioni, ecco perché non ci lasciamo scoraggiare da una media di 4 km/l – considerate che in situazioni normali, i valori medi dichiarati sono di 12,4 l/100 km – e anzi facciamo un altro pieno di benzina e dopo aver lavato qualche famiglia di moscerini dal parabrezza, siamo pronti per ripartire. La Mach 1 instaura una confidenza insolita per il carattere che solitamente viene attribuito ad una Mustang da chi non ha la fortuna di poterle guidare ogni sacrosanto giorno dell’anno. Spesso accade che trascorri i primi giorni a entrare in sintonia con i suoi pregi e difetti, ma non stavolta. È come se la conoscessi da tempo e ti porta a scoprire e sfiorare i suoi limiti dimostrando che in realtà c’era ancora margine per osare e chiedere qualcosa in più.
Scendiamo verso Peira-Cava e superato Lucérame raggiungiamo l’Escarène in tempo per svoltare in direzione del Col de Braus, spesso ingiustamente considerato parte del Col de Turini, ma che nonostante uno sviluppo piuttosto ridotto è in grado di esaltare la guida grazie ad un intestino di 8 tornanti in meno di 900 metri di strada. Non c’è anima viva e questo significa soltanto una cosa: sfruttare la Mach 1 per ciò che è stata concepita. Il boato del 5-litri riempie l’abitacolo, spacca il silenzio di un dopopranzo tutt’altro che ideale per digerire i sandwich appena ingurgitati, ma il sorriso che si disegna sul mio volto è pari soltanto a quello del benzinaio ogni volta che mi sente arrivare da lontano. Capita spesso che le case automobilistiche sfornino edizioni celebrative soltanto per vendere qualche piccola miglioria, nella maggior parte dei casi impercettibile una volta alla guida. Nel caso della Mach 1, la Mustang mantiene quella sua indole da gran turismo confortevole e sorniona, ma eleva il piacere di guida e le prestazioni con un modello che riesce incredibilmente a mantenere un prezzo di acquisto che parte da 63.740€ per la versione con cambio manuale e che ancora una volta si impone come la spesa migliore che potreste fare con una cifra simile. Non soltanto perché è un’icona, ma perché la Mach 1 è anche una sportiva purissima e con un carattere che mai come in questo momento gode quasi di un posticino esclusivo nel cuore di quegli appassionati che non intendono fare a meno di un grosso e rumoroso motore che dia vita a giornate intense come questa. Sensazioni selvagge che riecheggeranno dentro me per molto, molto tempo.
FORD MUSTANG MACH 1
Motore V8 cilindri, 5.038 cc Potenza 460 hp @ 7.000 rpm Coppia 529 Nm @ 4.600 rpm
Trazione Posteriore Trasmissione Cambio Automatico a 10 Rapporti Peso 1.743 kg
0-100 km/h 4,6 sec Velocità massima 249 km/h Prezzo da €63.741