Grand Prix Historique Monaco 2016: La Storia della F1 nel Principato
L’Historic G.P. di Monaco potrebbe sembrare un evento come tanti, ma non è affatto così. Oltre al livello delle auto presenti, che spaziano dalle Formula 1 tra il 1961 ed il 1976, F1 e F2 pre-1961, alle Formula Junior, alle pre-War, alle Sport Cars più rappresentative della storia dell’automobile, è l’atmosfera che si respira che è magica. Prima dovrei fare una piccola prefazione: chi scrive ha vissuto come grandissimo appassionato gli eventi in F1, specialmente quel periodo compreso tra il ‘70 ed il ‘73, il ragazzino che sognava di vedere dal vivo il suo eroe Jackie Stewart, ma che per un motivo o un altro non c’è mai riuscito; ricordo perfettamente che ero in grado di disegnare a memoria una Tyrrell, quella monoposto tanto particolare nella linea, in tutte le varie versioni del periodo d’oro. Che dire poi della forma e della livrea della Lotus, l’ho sempre giudicata come la più affascinante in assoluto. Ma torniamo ad oggi, giornata in cui siamo arrivati la mattina del sabato molto presto: appena entrati nel Paddock, mi ritrovo una fila di Formula Uno, tutte pronte ad uscire. Solo qualche addetto e qualche meccanico attorno, ma fortunatamente c’era ancora pochissima gente, un’occasione ghiotta per fare delle foto pulite. In quel preciso momento sono entrato in un’atmosfera strana, quasi avvolta da un silenzio surreale ed ho avuto come la sensazione di essere tornato indietro nel tempo. Davanti a me nell’ordine trovavo: la Tyrrell (‘71) del grande Jackie, ricordando anche Francois Cevert, la Lotus JPS di Emerson, la Yardley BRM di Ghetin, Rodriguez, Ganley e Siffert; poi la rivoluzionaria Eifelland di Stommelen, la March di Peterson, le Brabham, ma ancora altre Lotus, quella del magico Jim Clark, o la Gold Leaf rossa-oro di Graham Hill, e non dimentichiamo le McLaren, sia in livrea arancio, che Yardley dell’orso Hulme, poi la Matra Simca di cui avevo sempre sentito parlare del suo particolare suono e che finalmente oggi avrei udito, le Shadow, le Surtees, quasi dimenticavo le Ferrari, innegabile il loro fascino, anche per chi non era Ferrarista. E poi ancora le Maserati anni 50, ecc.
Ero quasi stordito ma con un entusiasmo che mi toglieva gli anni, saltavo da una all’altra senza fatica, rivedevo nella mente le foto ed i poster di “AutoSprint” appesi nella cameretta, attorno il tempo era fermo a quegli anni, leggevo i nomi di quei grandi piloti sulle fiancate delle monoposto, molti di loro ormai scomparsi, abbinavo ad ogni auto il loro famoso casco, non ne ho dimenticato nessuno, sembrava quasi di doverli vedere arrivare da un momento all’altro per mettere in moto, è stato emozionante. Bello anche rivedere le tute dei meccanici con quei loghi, quelle marche che ora purtroppo sono scomparse, solamente qualche casco moderno stonava, specie se accanto a monoposto anni 60; dovendo poi approfittare degli spazi non ingombri da pubblico, dovevamo proseguire fotografando anche le altre categorie ed anche qui le sorprese non mancavano di certo. Oltre alle auto già pronte, molte erano quelle smontate parzialmente o anche totalmente, dove i meccanici erano al lavoro. Inutile fare un elenco dei nomi di marca e modelli, troppi e tutti di importanza ma anche di rarità davvero fuori dalla norma e pensare di vederle girare in pista – ma forse “girare” non è la parola giusta – questi piloti, corrono tra i rails di Monaco con pezzi che valgono fortune! Intanto le Formula 1 dal ‘66 al ‘72 stanno per fare il loro ingresso nel circuito e noi ci posizioniamo a La Rascasse: il rumore è appagante, il frastuono di ogni singola auto è musica, penso a che baccano facevano 26 di queste al via di un G.P. Anche se sono di anni misti e quindi troviamo tre diverse Lotus che corrono insieme, o due McLaren con colori differenti, è comunque un godimento vedere accelerare con leggere intraversate queste F1 dalle gomme posteriori che sembrano enormi. I piloti sono davvero bravi e si danno anche battaglia in pista, tra loro c’è il figlio di Jean Pierre Beltoise che corre proprio con la Matra Simca del padre. Mi sposto poi nel box dove rientrano a fine sessione le monoposto e ne trovo altre che in precedenza non avevo ancora fotografato, sono quelle più recenti: le Hesketh di James Hunt, le prime Williams, le Ferrari di Lauda, la Ferrari B3 (spazzaneve) e tante altre. Dentro ai box, molte sono ancora smontate con i tecnici che lavorano. Si incontrano anche facce conosciute, molti a cui non riesco dare un nome, ma anche personaggi di spicco tra cui l’Ingegner Mauro Forghieri, Emanuele Pirro, René Arnoux. Più tardi è il momento delle Formula Junior 1958-60 e qui sembra davvero una corsa di Campionato, queste vetture sembrano piccole, ma corrono davvero e lo fanno anche le più anziane, dove apprezziamo il sound pazzesco delle Bugatti, che con quelle ruote che sembrano quasi da bicicletta hanno prestazioni stupefacenti, come stupefatti sono gli spettatori nel vedere certi pezzi rari, sfrecciare senza paura.
Attendo con ansia un altro gruppo di auto tra cui ho già adocchiato le mie favorite, le Jaguar C-Type. Molto interessante apprezzare il loro comportamento in pista ed uno dei piloti di una di queste pare proprio quello più spericolato di tutti, ma che “manico”. Anche le preziosissime Ferrari devo dire che cantano bene, così come le numerosissime inglesi: Allard, Aston Martin, Cooper, MG, Frazer Nash, Lister e poi una mastodontica Mercedes. Dopo ogni sessione, meccanici al lavoro, tutto si smonta, tutto si rimonta. A proposito di grosse vetture, nell’ultimo box ho potuto soffermarmi ad ammirare due Bentley veterane di rara bellezza. Nel pomeriggio il cielo si è fatto più grigio ed è scesa anche una pioggerellina che ha reso la pista molto insidiosa, ma voi pensate che lo spettacolo sia cambiato? No, questi piloti, corrono ugualmente, anche a costo di qualche costosa toccatina. Suono dei motori al naturale, odore di gomme, di olio, di benzina, tutto “reale”. Un tuffo nel tempo e sapete quando ho capito che non avevo più 13 anni? Quando alla sera, tornando verso il posteggio dove avevamo lasciato l’auto, abbiamo cominciato a salire quelle scale interminabili, che portano al parcheggio del Jardin Exotique, scale, salite ed ancora scale ed ecco che gli anni sono tornati tutti e con gli interessi, ma ne è valsa la pena. Un appuntamento che un appassionato non deve assolutamente mancare e lo consiglio anche ai giovani, quelli che forse amano meno le auto storiche, qui potrebbero cambiare idea, anzi ne sono proprio certo. Un ringraziamento all’Automobile Club di Monaco per l’organizzazione perfetta.
Testo di Roberto Marrone
Photo credits: Ilario Villani