RENAULT CLIO WILLIAMS
Testo Carlo Brema / Foto Antoine Pascal
Sulla scia dello straordinario successo in Formula 1 del 1992, con la vittoria del Titolo Costruttori e di quello piloti grazie a Nigel Mansell, il Team Williams Renault è musa ispiratrice per un modello destinato a entrare nella storia come la migliore compatta sportiva a trazione anteriore di sempre. L’anno successivo – il 1993 – la Clio 16v abbraccia così una serie di modifiche che la trasformano nel sogno di ogni bambino e nell’oggetto del desiderio di qualsiasi patentato. È così che vede la luce la Renault Clio Williams, che con il Team di F1 non ha sostanzialmente altro a che spartire, se non appunto l’omaggio previsto dai loghi identificativi e lo speciale colore “Sports Blue” che abbinato allo speciale set di cerchi Speedline color oro la rendono distinguibile e ne consacrano un’immagine che resterà negli annali.
La Clio Williams ha il merito di essere una promessa perfettamente mantenuta su strada, grazie ad un 4 cilindri da 2-litri che adesso eroga 147 cavalli, una potenza assai notevole per gli anni 90, quei magnifici tempi in cui nelle tasche c’erano gettoni per il telefono ed i videogiochi e in cui le automobili sportive si distinguevano per le emozioni – molto spesso forti – che erano in grado di offrire al guidatore. Non c’erano filtri, non c’era tecnologia a smorzare una meccanica dura e pura, dove 10 kg di peso e 10 cavalli di potenza facevano un’enorme differenza. Erano tempi in cui le auto si guidavano per davvero e in cui andare forte con una vettura come la Williams avrebbe significato spegnere l’interruttore della propria coscienza.
Con un peso complessivo che sfiorava la tonnellata, l’esuberante motore dispensava la propria violenta spinta all’asse anteriore mediante un cambio meccanico a 5 marce. Si tratta di un propulsore aspirato che sale di giri in maniera corposa e con una coppia massima di 175 Nm disponibile praticamente subito, per poi correre fino a quei 6.100 giri che consentono l’erogazione massima di potenza a disposizione. Quello che succede nel frattempo è una bolgia di suoni e rumori e mentre ci si trova avvolti dai favolosi sedili sportivi, si è al contempo a pochissimi centimetri da terra, il modo ideale per leggere l’asfalto e sfruttare uno sterzo estremamente diretto e comunicativo. Non c’è ritardo di erogazione, nessun tipo di incertezza nel comportamento nervoso della Clio Williams e mentre la ruota interna posteriore ha la predisposizione a sollevarsi negli ingressi di curva più prepotenti, l’anteriore resta ben schiacciato a terra e consente di tenere giù e sfruttare il favoloso rapporto peso/potenza per godersi il misto stretto almeno quanto i tratti più veloci.
Questo è uno di quei casi in cui i numeri non rendono pienamente giustizia ad una vettura sportiva. Infatti, la Williams nonostante impieghi 7,6 secondi sullo 0-100 km/h e raggiunga senza problemi i 215 orari, ha rappresentato l’arma migliore per creare non pochi grattacapi alle supercars dell’epoca. Si difende alla grande ancora oggi dopo quasi 30 anni, ma ciò che l’ha resa formidabile in passato e la conferma eccezionale è quella marea di feedback che vengono direttamente trasmetti al guidatore, l’assenza di ausili alla guida e quella – concedetemi il termine – “semplicità” di guidarla forte. Mettiamolo tra virgolette, perché correre forte con una piccola bomba di questo tipo non è roba per tutti i piedi, soprattutto oggigiorno che siamo abituati fin troppo bene, ma nel momento in cui entri in sintonia con il 2-litri della Williams ti si apre un mondo e capisci il perché di tanto incondizionato amore per un’auto che ponendo omaggio ad una mitica vittoria, ha creato il suo stesso mito immortale.