Prende vita direttamente in modalità STO. Niente fronzoli, non è un’auto alla quale importa del comfort di bordo. È pensata per correre e per farlo forte. Non appena capisci quanto puoi spingerti oltre i limiti del buonsenso, diventi un tutt’uno con la sua follia ed è bellissimo.
Testo Alessandro Marrone / Foto Alessio Becker
Super Trofeo Omologata: un nome che suggerisce senza mezzi termini quanto questo specifico modello prenda una Huracan e la trasformi rivoltandola come un calzino, agitandola e facendone venir fuori un mostro da pista perfettamente utilizzabile sulle strade di tutti i giorni. La domanda che sorge spontanea sarebbe se sia davvero così importante che un’auto ad alte, anzi altissime prestazioni, che non si cura nel mettere la comodità del guidatore all’ultimo posto nella scala delle priorità, possa avere un senso. La realtà è che se ci si pone tale domanda, non si merita neppure una risposta.
La STO è un mostro di prepotenza, un’arma affilata basata sulla Huracan e trasformata in tutto ciò che un pilota potrebbe desiderare quando si trova lontano dai cordoli. Il fattore bonus è concesso però dal fatto che chiunque – perlomeno chi ha la fortuna di potersela mettere in garage – avrà a disposizione il massimo del know-how maturato nel campionato Super Trofeo e trasferito su un modello perfettamente a suo agio con targhe e assicurazione. Una Huracan più speciale del solito? Nient’affatto, questa è un’entità a sé, un oggetto che riscrive la percezione di guidabilità e coinvolgimento come non accadeva da tempo, al punto di renderla senza mezze misure quella che personalmente reputo la migliore Lambo dai tempi della Diablo SV. E questo, se prendiamo in considerazione l’importanza storica, perché in caso contrario ci si trova di fronte a quello che potrebbe essere il migliore modello mai uscito dai cancelli di Sant’Agata Bolognese.
Sì, lo so. Sono parole grosse che potrebbero sembrare enfatizzate dall’estasi del momento, ma che vi garantisco esser state ponderate e filtrate a lungo, soprattutto dopo aver fatto i dovuti paragoni con i modelli più o meno simili proposti dagli altri brand, tutti turbocompressi. Già, perché la STO è ovviamente spinta da un poderoso V10 naturalmente aspirato, un 5.2-litri portato qui a quota 640 cavalli e questo è proprio il nucleo di un progetto che apparendo quasi controtendenza è invece riuscito a rendere questa caratteristica meccanica il suo punto di forza assoluto. L’ultimo forsennato grido di un dinosauro che ha segnato una pagina bellissima nel manuale dell’automobilismo.
Quando ti avvicini a lei è come se il mondo attorno scomparisse lentamente, quasi sfocato e ovattato in una dimensione estranea. Fai scorrere lo sguardo lungo quelle linee nette e squadrate interrotte da spigoli molto più estremi di qualsiasi altra Huracan. Tutto è poi accentuato dal rimbalzare di colori speciali come il Blue Aegeus opaco circondato dal nero del carbonio a vista e da quel labbro bianco che segna lo splitter anteriore, quasi a delineare una bocca pronta a divorare la strada di fronte a sé. La copertura del vano motore che lascia intravedere il blocco del V10 è sovrastata dalla pinna che convoglia l’aria verso il gigantesco spoiler posteriore. Questo è regolabile manualmente su tre diverse posizioni di carico, giusto per consentire al pilota – ehm, al guidatore – di scegliere la configurazione preferita. Ah, ci sono anche delle branchie sui passaruota anteriori, prese d’aria su quelli posteriori e un air scoop alla base del tettuccio che estrarrà calore dal vano motore.
È un’automobile che non si limita a correre forte, questa è pensata per farlo in maniera più violenta delle rivali. Infatti non si parla di soluzioni prese in prestito dal mondo delle corse, perché la STO è a tutti gli effetti un’auto da corsa. Ha vetri più sottili, un corpo vettura in fibra di carbonio per almeno il 75% e cerchi da 20 pollici in magnesio che nascondono un impianto frenante Brembo con tecnologia CCM-R con dischi autoventilati e forati da 390 all’anteriore e da 360 al posteriore. Fidatevi, sono i freni più potenti che vi capiterà di provare. L’asse posteriore è sterzante e dotato di torque vectoring, perché nel caso non lo abbiate già immaginato la trazione è sul solo asse posteriore, esattamente dove deve essere per garantire un comportamento puro tra le curve. Quasi dimenticavo, non pensate di portare altro al di fuori di un casco che troverà spazio nel microscopico vano di carico là davanti, sotto al “cofango”, ovvero un pannello unico che unisce cofano e parafango, apribile con lo sblocco di due attacchi posti ai lati e azionabili tramite apposita chiavetta stampata in 3D.
Prende vita direttamente in modalità STO, lasciando la più estrema Trofeo per quando avrete preso più confidenza e Pioggia per fondo stradale scivoloso. Il bello è che è quindi già tutto impostato per il fine universale della velocità. Disattivo lo Start&Stop, chiudo lo sportellino in stile cacciabombardiere e imposto il cambio a doppia frizione da 7 rapporti su manuale, perché non voglio perdere neppure 1 singolo giro di un fondoscala capace di far urlare il V10 sino a 8.750 giri. Follia, anzi fantascienza, dato che siamo ormai abituati a tutt’altro tipo di cubature e compressioni. È pura meccanica, applicata all’equazione di massimo divertimento grazie alle strade che da Fornovo di Taro mi portano verso le curve del Passo della Cisa.
Qualcuno potrebbe obiettare che non sia certo il terreno di gioco ideale per una supercar rasente al suolo, ma il mondo reale è questo e non è mai stato amichevole con vetture pronto-pista. Il fatto è che quando gli elementi si allineano e trovi un asfalto liscio come le guance di un neonato, la STO farà esattamente ciò per cui è stata creata. Come un dito che preme un interruttore, la luce si accende improvvisamente e l’abitacolo viene letteralmente invaso dal boato del 5.2 che ha superato i 4.000 giri. A 5.000 il sound cambia ancora e si fa accompagnare da tonalità più cupe che fanno quasi vibrare i pannelli interni, ovviamente tutti in carbonio. Il volume è fuori misura, il che è un toccasana per lo spirito di qualsiasi appassionato. L’impianto genera infatti oltre 130 decibel ed è quindi facile ipotizzare il vostro arrivo. Stringo il volante e grazie alle generose dimensioni di paddle che sembrano esser stati presi in prestito da qualche astronave aliena butto dentro una marcia dopo l’altra, andando a riscoprire finalmente cosa significhi trovarsi in sintonia con un motore che nonostante sia potente come quello di uno shuttle ti premia nel momento in cui getti dentro il rapporto migliore e fai schizzare verso l’alto il contagiri digitale.
La prima cosa di cui mi rendo conto non è però la velocità fine a se stessa, ma la progressione. La salita con cui il motore fa avanzare la STO nello spazio è assurda, qualcosa al quale non siamo più abituati. È come se ti stessi gettando da un burrone, è un movimento costante che aumenta di velocità e intensità senza la benché minima apparente sensazione di interruzione. E lo stesso avviene nel fatidico momento in cui ti avvicini alle curve. Anzi, qui è ancora meglio, soprattutto quando mi rendo conto che posso frenare metri e metri dopo rispetto a quanto faresti con qualsiasi altra auto. L’impianto speciale by Brembo è colossale e se richiede un po’ di abitudine, comunica ben presto che con un pizzico di intensità in più farebbe fermare l’asse di rotazione terrestre. Ancora un tratto rettilineo e affondo sul gas, con il posteriore che si scompone giusto un attimo per ricordare che la potenza viene trasmessa là dove occorre realmente, lasciando che l’asse anteriore imposti traiettorie pulite oppure raddrizzi un accenno di controsterzo.
Si va veloci, si frena in maniera altrettanto violenta, ma ancora non ho sfoderato il vero punto di forza della Huracan STO. Con 640 cavalli di potenza massima e una coppia di 565 Nm a 6.500 giri è infatti facile intuire quanto si possa saziare la propria sete di velocità, ma la STO dispone di un pacchetto aerodinamico che sulla carta segna un +53% rispetto alla Performante, che se ricordate era (e resta) una delle supersportive più prestazionali in circolazione. In parole povere e universalmente comprensibili stiamo parlando di un’auto che con l’aumentare della velocità, aumenta proporzionalmente il grip sotto di essa, il tutto grazie a quelle appendici aerodinamiche che la caratterizzano. Mi spiego meglio con un esempio pratico.
La strada della Cisa è stata recentemente asfaltata e le prime ore di un pomeriggio di inizio luglio hanno sorprendentemente stupito per la totale assenza di traffico. Nonostante questo nutrivo qualche riserva – voglio dire – un’auto così estrema su una tortuosa stradina che sale su verso i mille metri non sarebbe mai stata pane per i suoi denti. E invece sbagliavo e l’ho capito dopo appena pochi chilometri. Se la salita è meno intensa di quella di un classico passo di montagna, la larghezza della strada e la perfetta visibilità concedono maggiore libertà al piede destro. Dopo qualche chilometro inizi a posizionare il sinistro sul freno, risparmiando qualche frazione di secondo e calandoti ancora più nella parte di colui che indosserebbe casco e guanti. Aumenti l’andatura e i cambi di direzione sono devastanti, con una precisione quasi surreale offerta anche grazie agli specifici pneumatici Bridgestone. Senza neppure accorgertene non ti curi più dell’apparentemente vistosa dimensione del cruscotto, andando a puntare le pupille là dove qualche attimo dopo saranno le ruote anteriori. Le scalate sono come delle fucilate – BAM, BAM, BAM – butti giù sul gas e lei urla come una forsennata, sinché non hai guadagnato una tale velocità che percepisci qualcosa di nuovo. Senti come se la vettura fosse risucchiata verso il suolo e dopo qualche secondo di stupore ti rendi conto che questo è il lavoro della sua folle aerodinamica.
Nulla qui è stato messo per pura bellezza, ma è tutto rivolto all’incremento prestazionale, al miglioramento del raffreddamento degli organi meccanici e alla capacità ultraterrena offerta da un oggetto che in primo luogo è nato per correre e poi è stato offerto alla strada. Che poi, l’abitacolo non è neppure scomodo e tolto il fatto che c’è giusto spazio per sistemare un paio di piccoli zaini dietro ai sedili, puoi affrontare un viaggio senza spezzarti la schiena, il che è davvero una bella sorpresa perché se possedessi una STO penso che la utilizzerei tutti i giorni. Sì, perché con lei non c’è pericolo di perdere la cosiddetta magia del momento speciale. Non c’è bisogno di centellinarne l’utilizzo per far sì che ogni volta sia qualcosa di magico, perché è l’essenza di qualcosa che sta al di fuori dall’ordinario. È un oggetto che fa fermare e voltare chiunque, comunicando che non l’avete scelta perché è una Lamborghini, ma perché è l’arma definitiva per riscrivere la definizione di piacere di guida sul vocabolario.
Odio scendere e vorrei fondermi con il sedile guida perché ogni secondo, ogni ora, ogni giorno che ho trascorso con lei ho avuto modo di capire qualcosa in più sull’incredibile lavoro svolto dagli ingegneri di Sant’Agata. E il fatto che non sia la più veloce o potente in assoluto non importa, perché è proprio questo il punto cruciale di questo modello, ovvero che non sia scesa a compromessi per rincorrere il miglior 0-100 della categoria, ma abbia perseguito il fine ultimo di rendere perfetta l’esperienza di guida grazie ad un comportamento su strada totalmente analogo a quello che avrebbe in pista, dove ci sono le condizioni per spingere molto di più e a quel punto aprire tutto un altro mondo di argomentazioni valide per vendere casa e acquistarne una domani. Il prezzo del biglietto? Si parte da circa €316.000, mentre per l’esemplare in prova occorre sborsare €365.000. Il programma Ad Personam di Lamborghini concede del resto libertà totale al fine di cucirvi su misura la vostra Huracan dei sogni.
Ecco perché non è importante che lo specchietto retrovisore in abitacolo abbia due diverse posizioni: inutile e completamente inutile, dato che vi mostrerà unicamente il coprimotore. Per fortuna c’è un ottimo sistema multimediale che integra la videocamera posteriore, fondamentale in manovra. Il gadget più importante resta però uno e uno soltanto e sulla STO è di serie: il divertimento alla guida, quel fattore imprescindibile che parla la lingua degli appassionati e portato in questo caso su un livello di competenza che consente anche ai drivers più esperti di vivere emozioni forti in qualsiasi circostanza.
Non l’ho provata in pista e reputo che il contesto stradale – soprattutto quello della Cisa – sia stato in realtà quello ideale, perché dopotutto stiamo pur sempre parlando di una vettura stradale, pertanto chi la compra cerca qualcosa che sia capace di dare un nuovo significato agli spostamenti. Non ci andrete in vacanza, non porterete la famiglia, tantomeno il cane, ma pensate a qualsiasi condizione che implichi un’esperienza di guida senza precedenti e sarò subito lì a immaginare l’appagamento vissuto quando acceleri e freni, acceleri ancora più forte e freni con più decisione, impostando curve come se stessi pennellando un quadro definito dai colori delle tue emozioni. La STO è un’auto pazza, folle, maniaca e maniacale per la cura di quei dettagli che la rendono esteticamente bellissima e prestazionalmente violenta. Ti permette di vivere con lei con il dovuto rispetto, ma sa farti impazzire di gioia quando la tiri per il collo. Non chiede altro, metti in moto quel V10, trova la strada giusta, coraggio quanto basta, un pizzico di follia e lei ti spalanca cuore e mente verso un modo di intendere le auto sportive che pensavamo perso per sempre. E questa potrebbe davvero essere l’ultima in grado di farti venire una simile pelle d’oca. Rumorosa, cruda e velocissima. Tutto questo senza darti mai l’impressione di volerti uccidere ad ogni curva, aspetto per nulla scontato e che conferma quanto la Super Trofeo Omologata sia capace di avere senso sempre, ovunque e comunque.
LAMBORGHINI HURACAN STO
Motore V10 cilindri, 5.204 cc Potenza 640 hp @ 8.000 rpm Coppia 565 Nm @ 6.500 rpm
Trazione Posteriore Trasmissione Cambio Automatico a 7 rapporti Peso 1.339 kg
0-100 km/h 3 sec Velocità massima 314 km/h Prezzo da€316.000 (€365.000 esemplare in prova)