Testo Remigio Camilla / Foto Alessandro Marrone
“Io sono per la trazione anteriore” così aveva esordito il Prof. Fessia entrando all’improvviso nell’ufficio dell’ing. Dante Giacosa, prima di dimettersi dalla FIAT in qualità di Direttore degli Uffici Tecnici Centrali. Convinto sostenitore del tutto avanti, aveva collaborato con l’ing. Giacosa e l’ing. Lardone alla realizzazione della 500 mai nata, quella con motore bicilindrico raffreddato ad aria dotata di trazione anteriore. Approda quindi alla CEMSA-CAPRONI dove nel 1949 potrà progettare e realizzare l’auto che aveva sempre sognato, con motore a sbalzo sull’assale anteriore, pistoni contrapposti e trazione anteriore, sospensioni indipendenti sia anteriori che posteriori, sigla di riconoscimento F 11 (dove la F sta per Fessia e 11 indica la cilindrata 1.100).
L’auto doveva servire a riconvertire, dopo il secondo conflitto mondiale, la Caproni dalla produzione di materiale bellico al mercato dell’auto. Purtroppo motivi finanziari impedirono all’azienda tale passaggio rimanendo allo stadio di prototipo o quasi, in quanto realizzata in 10 esemplari di preserie. L’ing. Fessia però aveva potuto mettere in pratica le proprie teorie e constatare la validità del suo progetto. Nel 1955 con il passaggio della Lancia al gruppo Pesenti, Fessia viene chiamato a coprire l’incarico di Direttore Centrale Tecnico e con il progetto Flavia è finalmente il momento giusto per riproporre in chiave più attuale quanto già sperimentato con la F 11. Un’auto con scocca autoportante, motore a sbalzo sull’asse anteriore, 4 cilindri contrapposti, ruote anteriori indipendenti, trazione anteriore e freni a disco sulle quattro ruote con doppio circuito frenante su un modello di serie, la prima prodotta in Italia con queste caratteristiche. Le superfici della carrozzeria disegnata da Piero Castagnero erano arrotondate e pulite, prive di spigoli e soprattutto di modanature cromate, considerate ormai inutili orpelli.
Il frontale, grazie all’adozione del motore boxer, era caratterizzato dal cofano piatto e spiovente verso il basso tale da creare dislivello e dinamicità rispetto ai parafanghi anteriori dotati di fari gemellati. L’interno era dotato di un divano anteriore a schienale continuo che poteva ospitare tre persone, grazie anche al comando del cambio con leva al volante. Molto interessante e assolutamente anticonvenzionale la consolle con i comandi per le funzioni secondarie, a forma di quarto di cerchio posto alla sinistra del volante alla base del piantone, dove i vari tasti bianchi e neri riportavano vagamente all’idea del pianoforte.
Da sempre il Prof. Fessia aveva come obiettivo la sicurezza primaria (safety first) che lo portava a sottodimensionare i motori utilizzati in rapporto alla massa e al peso della carrozzeria. Per questa assoluta convinzione, il nuovo modello fu dotato inizialmente di un motore di 1.500 cc da 78 CV, alimentato da un solo carburatore a doppio corpo Solex o Weber da 32 con modeste prestazioni, per questa ragione molto criticato. I Lancisti non riconoscevano il motore boxer come un motore Lancia, perché si allontanava totalmente dagli storici V stretti ai quali erano da sempre abituati. La scelta del nome, venne condotta attraverso un concorso dalla rivista ufficiale Lancia, che conteneva una cartolina con alcune domande tra le quali quella relativa al nome. Quello più votato fu FLAVIA, seguendo la tradizione di utilizzare il filone delle vie consolari romane. Una simile iniziativa pubblicitaria venne utilizzata alcuni anni dopo dall’Alfa Romeo per individuare il nome della nuova spyder Pininfarina: la Duetto.
Ora che tutti i tasselli erano sistemati, la Flavia poteva essere presentata ufficialmente al pubblico e questo avvenne al 42° Salone dell’Automobile di Torino nel 1960. Per la nuova nata erano state previste versioni sportive, telai accorciati di 17 cm rispetto a quello della berlina e furono consegnati rispettivamente alla Pininfarina per la realizzazione della versione Coupé, a Vignale per la Convertibile ed alla Zagato per la versione Sport dedicata in particolar modo ai piloti. La Coupé venne pensata, disegnata e progettata da Pininfarina come una elegante e comoda Gran Turismo, con quattro comodi posti ed ampio bagagliaio. Per poterne valutare pienamente le proporzioni e l’eleganza della linea venne realizzato il modello in grandezza naturale dalla Stola di Torino, azienda che da anni collaborava con Pininfarina e per la quale aveva realizzato altri modelli, inoltre situata a Borgo San Paolo, dove sorgeva la Lancia. La produzione stessa del modello venne affidata direttamente alla Pininfarina e l’auto ne porta con orgoglio il logo sulle fiancate posteriori in basso subito dietro le portiere.
La linea armoniosa, tesa ed elegante, molto riconduceva alla Ferrari 250 GT 2+2 del 1960, soprattutto nel profilo di coda, nel taglio del finestrino posteriore inclinato e nella nervatura che ne segnava la fiancata. Rispetto alla Ferrari ,che nella sezione di coda presentava ancora leggere pinne accentuate dalla fanaleria in posizione verticale, nella Flavia la leggera pinna rispetto al volume del bagagliaio venne ammorbidita anche attraverso l’adozione di una fanaleria posta orizzontalmente che catturando l’occhio verso il basso, restituiva una minore percezione delle pinne stesse, cercando legame e coerenza con il frontale.
Questa soluzione aveva subito destato perplessità perché pareva un errore, abituati come si era ai fanali posteriori in posizione verticale. Ben presto però questo particolare ne costituì un elemento di grande caratterizzazione. Rispetto alla Ferrari 250 GT, appariva decisamente più moderna, non solo nella sezione di coda ma soprattutto nel frontale, dove i doppi fari le conferivano un andamento più piatto, squadrato, orizzontale, ulteriormente sottolineato dai paraurti sottili affilati e privi di rostri. Il gruppo delle luci di posizione e indicatori di direzione era riunito in un unico elemento specifico di forma circolare che riconduceva ad altri modelli di Pininfarina, come la Flaminia Berlina e Coupé. L’interno ampio per quattro persone, da vera gran turismo perfettamente coerente con l’eleganza della carrozzeria, risultava confortevole e molto curato, attraverso l’utilizzo di materiali pregevoli come il classico panno Lancia, la pelle o il tessuto vinilico elasticizzato per i sedili ed i pannelli delle portiere. Il cruscotto adottava la stessa strumentazione della Berlina, dove in un unico elemento ovoidale erano contenuti il contachilometri a nastro, il contagiri sulla destra di forma circolare ed in basso quattro indicatori di forma rettangolare rispettivamente: livello carburante, termometro acqua, manometro olio e amperometro.
Entra ufficialmente in produzione nell’estate del 1962, adottando lo stesso motore della berlina, ma dotato di due carburatori doppio corpo verticali Solex che le conferivano 90 CV. Questa versione nonostante il motore più potente della Berlina, fu però criticato per due motivi: la difficile messa a punto della carburazione e la coppia motrice che veniva raggiunta solo agli alti regimi. Fu così che già nel 1963 in occasione del Salone dell’Auto di Francoforte veniva presentata la nuova versione 1.800 e nel 1965 la versione ad iniezione della 1.800, con prestazioni decisamente migliorate grazie ai 102 CV che le permettevano i 180 Km/h. Fu rivisto leggermente l’interno con un nuovo cruscotto sempre in legno, allineato con la Fulvia Coupé, contachilometri e contagiri di forma circolare più grandi ed altri tre più piccoli, rispettivamente indicatore carburante, manometro acqua e olio.
Nel 1969 venne rivista nel frontale e nella sezione di coda, la sua linea appariva più squadrata con cofano anteriore decisamente piatto allineato con i parafanghi anteriori sul quale emergeva la presa d’aria per la climatizzazione interna realizzata a periscopio, come sulla Fulvia Coupé. Anche il cofano posteriore non scendeva più sino al paraurti, ma si fermava in corrispondenza della nervatura della fiancata e raccordato ai parafanghi posteriori con una sagomatura inclinata che molto ricordava la Fiat 124 Spyder disegnata da Tom Tjaarda.
Questa nuova versione era dotata di un motore potenziato sino 2.000 cc con 115 CV ed una velocità di 186 Km/h e nel giro di circa 6 mesi le veniva affiancata la versione con iniezione meccanica Kugelfischer da 124 CV. Il 1971 fu l’anno dell’ultima e più potente Flavia Coupé, con motore sempre di 2-litri sia a carburatore che ad iniezione elettronica D-Jetronic nella versione HF da 160 CV e 200 Km/h rivista anche in alcuni particolari della carrozzeria e perdendo la denominazione Flavia a favore di Lancia 2000.
La Flavia è il modello che segnò il ritorno ufficiale della Lancia nelle corse dopo dieci anni di ritiro dalle competizioni. Grazie a lei, dal 1962 al 1965, furono quattro entusiasmanti anni in cui, la Berlina, la Coupé e la Sport di Zagato, ottennero più di 40 vittorie ed altrettanti piazzamenti tra rally e pista. Queste inaspettate vittorie portarono già dal febbraio 1963 alla nascita della Squadra Corse HF fondata da Cesare Fiorio. Ad aprire questa fantastica stagione di corse, fu il pilota Piero Frescobaldi il quale aveva scelto la nuova Berlina per le sue grandi doti di stradista, ottima frenata, tenuta di strada e grande maneggevolezza, tutte qualità che sopperivano ad un motore poco performante, come già era avvenuto con l’Aurelia Berlina negli anni 50. Con la Flavia Berlina 1.500 non ufficiale preparata da Bosato, nel 1962 si era aggiudicato il primo posto in gruppo 2 al Rally di Sanremo e il terzo posto nel 1963. Quell’anno il gradino più alto del podio fu del pilota Franco Patria su Flavia Coupé Pininfarina Gruppo 2 nella Classe sino a 1.500. Il pilota che più aveva creduto ed amato la Flavia Coupé è stato il francese René Trautmann, al quale nel 1966 la Lancia aveva offerto di correre con la nuova Fulvia Coupé, offerta che rifiutò perchè da un paio di anni stava lavorando alla elaborazione ed alla ricerca di nuove soluzioni tecniche per la Flavia. In quello stesso anno si aggiudicò il secondo posto assoluto al prestigioso Rally di Montecarlo, le cronache dell’epoca parlano di risultato falsato, perché Trautmann trovò misteriosamente dei cumuli di neve sul percorso che lo costrinsero ad arrivare forzatamente alle spalle della Citroen DS, la squadra che non gli aveva mai perdonato il suo passaggio alla Lancia. Molti sono gli estimatori della Flavia, ma fra questi in particolare un ingegnere piacentino ha condotto uno studio approfondito su questo modello, raccogliendo un’infinità di documenti e notizie sulle varie versioni, dalle speciali alle derivate ai prototipi, dalla tecnica alla pubblicità, alle competizioni, un volume veramente entusiasmante di oltre 750 pagine, purtroppo non pubblicato. Si spera che questo articolo, se letto, sia uno stimolo alla pubblicazione per il piacere e la conoscenza di tutti i fan della Flavia.
Incontriamo la Coupé di questo servizio nella splendida cornice scenografica della Palazzina di Caccia di Stupinigi a circa 10 chilometri da Torino, uno dei più importanti complessi architettonici settecenteschi d’Europa. Luogo di piacere per la caccia, le feste e i matrimoni, voluta dai Savoia opera di Filippo Juvarra, l’Architetto siciliano che per molti anni fu al sevizio della casa Sabauda. L’impatto visivo è notevole e per un attimo pare di tornare indietro nel tempo, quando Lancia realizzava le pubblicità fotografiche ricercando ambientazioni con architetture classiche del passato, soprattutto Barocche, di cui Torino è ricca. L’elegante linea della Coupé, nella sua livrea Blu Mendoza con i cerchi ruota dai profili cromati nel classico avorio chantilly, bene si staglia e si contrappone alla sontuosa raffinatezza della Palazzina di Caccia. Immatricolata nel 1964, il modello è contraddistinto dal codice 818.330, con una cilindrata di 1.800 cc che sviluppa 92 CV e dotata di un unico carburatore doppio corpo Solex C 32 che al tempo permetteva l’unificazione del filtro dell’aria con la berlina.
Ricalca esattamente il modello precedente, mantenendo la stessa carrozzeria, sia all’esterno che all’interno ed è riconoscibile solo dalla lettura della sigla posta sul lato destro del cofano posteriore, 1.8 accanto a Flavia. L’interno in pelle colore tabacco chiaro, molto bene si addice per contrasto ed eleganza al Blu Mendoza della carrozzeria. Il cruscotto caratterizzato dal rivestimento in legno massello utilizza la stessa strumentazione della berlina con contachilometri a nastro e contagiri rotondo inserito nello stesso strumento, i pulsanti per le funzioni secondarie sono posizionate in orizzontale a sinistra del pantone del bel volante in legno a tre razze, l’insieme è improntato più ad un aspetto di eleganza che di sportività. La leva del cambio, lunga in acciaio lucido a pavimento è la stessa che verrà adottata dalla Fulvia Coupé, ma che ha legami con modelli del passato come l’Aprilia e l’Ardea. Il pavimento ricoperto e rifinito con moquette chiara è ricoperto dai classici tappeti in gomma dell’epoca nel colore beige intonato ai sedili, in un unico pezzo per la parte anteriore. Il proprietario Piero, con la passione per le auto d’epoca, aveva iniziato con una FIAT 500 di famiglia e successivamente passò alla Flavia Coupé.
La scelta di questo modello scaturiva dagli affetti famigliari in quanto lo zio ne possedeva una. I ricordi degli anni giovanili legati a quest’auto erano riaffiorati improvvisamente, quando gli venne segnalato che da un carrozziere della sua zona, un cliente aveva portato una Flavia Coupé per alcuni ritocchi, ma era disponibile alla vendita. La decisione ovviamente fu rapida e senza pensieri, da allora sino ad oggi l’auto è stata costantemente monitorata e curata con interventi di manutenzione continui man mano che se ne presentava la necessità. Lo scorso anno, avendo tirato giù il motore per la sostituzione di un cuscinetto al cambio, la decisione di ricondizionarlo completamente fu immediata, così come la revisione completa del carburatore ed altri organi meccanici. Ora l’auto si presenta in perfette condizioni. Le impressioni di guida del proprietario, sono quelle di grande comodità, silenziosità, buona visibilità, buona maneggevolezza unita ad una grande tenuta di strada. Il motore, nonostante la cilindrata non sia certo quella di una sportiva ed il secondo corpo del carburatore a volte sembra fare fatica ad entrare in funzione in quanto non viene azionato meccanicamente ma a depressione, va tenuto sempre in coppia così da offrire buone prestazioni. La passione per la Flavia Coupé ha coinvolto piacevolmente anche il figlio che la utilizza spesso per viaggi di piacere coinvolgendo la fidanzata.
È un’auto adatta a lunghi e comodi viaggi e proprio per questa prerogativa è molto coccolate. Nel 2019 ha partecipato al Premio alla carriera dell’Ing. Dallara, con un trasferimento da Torino sino a Varano de’ Melegari in Emilia Romagna, visitando la factory Dallara e proseguendo poi per tutto l’itinerario programmato dall’evento e continuare verso la Liguria. L’auto ha partecipato al Concorso di Eleganza ASI nel 2015 a Torino, nel 2016 ai 50 anni ASI, oltre ad alcune edizioni della Gentlemen’s Run organizzata da Auto Class Magazine.
Grazie a Pietro per la disponibilità e simpatia e alla Palazzina di Caccia di Stupinigi di proprietà della Fondazione Ordine Mauriziano per aver messo a disposizione la splendida cornice di questo servizio.