Risvegliando le Colline Italiane con 1 di sole 3 Lancia Fulvia Sport Zagato.
Testo Remigio Camilla / Foto Alessandro Marrone
La mia passione per la Fulvia è iniziata con un una Berlina 2C Blu Lancia del 1965 ed è proseguita con la ricerca di una coupé primissima serie, quella Blu Mendoza presentata sul #90 di questa rivista. Alla versione di Zagato non avevo ancora pensato e l’incontro con lei è avvenuto in modo casuale ed inaspettato. Un giorno, durante un pranzo con amici, vengo a sapere che era in vendita una Fulvia Zagato “testa gialla”, particolare interessante che ha destato da subito la mia attenzione, perché 1600. Senza perdere tempo, il giorno dopo ho preso contatto con il venditore per poterla vedere e valutare nella sua originalità, se motore telaio ed altri particolari corrispondevano a quanto riportato sul libretto di circolazione. Di colore Bianco Saratoga, con la classica fascia nera antiriflesso al centro del cofano anteriore, aveva tutti i particolari della carrozzeria giusti. Anche il motore 1600 HF era giusto, lo stesso montato sulla versione Coupé HF con sigla 818540 che sulla versione Zagato cambia in 818750. Telaio n.001622 che corrisponde alla 622/800 costruite ed immatricolata il 28 febbraio 1973.
Ovviamente si presentava nella classica configurazione di serie, quella attuale in versione Competizione è stata ottenuta nel corso di un intervento di restauro durato due anni ed affidato ad una officina meccanica savonese specializzata su modelli Fulvia, dove tutta la meccanica e la ciclistica sono state rimosse dalla carrozzeria in modo tale da essere trattate separatamente senza problemi in officine diverse. Trattandosi di una seconda serie, quando Lancia era già di proprietà FIAT, la meccanica aveva subito un generale impoverimento, l’impegno nel restauro condotto è stato soprattutto quello di recuperare il più possibile le specifiche originali Lancia. Il telaio ausiliario anteriore con gruppo motore e sospensioni, su questo modello non corrisponde alla Coupé 1600 HF, ma alla Coupé 1300 S, con le sospensioni anteriori dotate superiormente di uno stampato metallico che origina un camber positivo poco adatto alle prestazioni dell’auto ed anche poco piacevole a vedersi su un’auto sportiva. Sono state quindi completamente riviste secondo le specifiche della HF, utilizzando i due braccetti triangolari tubolari sovrapposti che hanno permesso di ottenere il camber negativo. I braccetti dello sterzo sono stati allungati per ottenere un minore angolo di rotazione del volante in curva e sono stati aggiunti dei distanziali da 2 cm su tutte le ruote. L’impianto frenante è stato completamente sostituito, eliminando il doppio circuito a favore di un unico circuito e adottando un servofreno di maggiori dimensioni, tutta la telaistica è stata sabbiata e riverniciata.
Il motore originale presentava molte economie costruttive, tutta la bulloneria interna era di derivazione FIAT, qualità 8/8, gli alberi a camme erano quelli della versione 1300 S, tutti elementi che rendevano la Sport 1600 lontana dalla Coupé Fanalone dalla quale si pensa derivi. Nella revisione del motore in tutte le sue parti, anche la bulloneria interna è stata sostituita con bulloni Lancia 10/10 ramati, gli alberi a camme sono stati rivisti ed i carburatori Solex da 42 sono stati completamente revisionati. Alla mancanza del radiatore dell’olio si è sopperito con uno scambiatore di calore posizionato sull’attacco del filtro dell’olio. Contemporaneamente, un’officina di Saliceto specializzata sul modello Fulvia, realizzava il completo restauro della carrozzeria iniziato con la messa in dima, per recuperare i piccoli cedimenti e svergolamenti subiti nel corso degli anni a cui è seguita la risaldatura di tutti gli importanti punti strutturali ed il posizionamento di fazzoletti di irrigidimento sulla parte anteriore particolarmente soggetta alle sollecitazioni dai 114 cavalli del motore. Gli attacchi sottoscocca del telaio ausiliario porta motore e sospensioni sono stati completamente rifatti ed irrobustiti. Con il camber negativo e l’aumento di carreggiata era inevitabile non posizionare dei codolini ed ecco prendere forma l’attuale versione.
In commercio si trovavano solo prodotti di scarsa qualità, con uno stampo in vetroresina che poco si adattava al profilo della carrozzeria. Attraverso i contatti dell’officina meccanica è stata ritrovata una serie completa di codolini in vetroresina da un collezionista romano, il quale li aveva ricavati dagli stampi originali della versione Competizione. Combaciavano perfettamente alla carrozzeria alla quale sono stati rivettati nei punti predisposti come sulla Competizione. Il risultato ottenuto era appagante, ma un altro pensiero mi si era insinuato nella mente. Le versioni competizione sono tutte 1300 di cilindrata, la mia è una 1600 cc. Sapevo però che il Reparto Corse Lancia aveva realizzato un prototipo Competizione con motore 1600, la famosa Daytona, così detta perché aveva corso la 24 ore in Florida il 2 febbraio 1969 con i piloti Claudio Maglioli e Lele Pinto, ottenendo una delle affermazioni più prestigiose di sempre, 11° assoluta e 1° nella classe prototipi. La massacrante corsa si svolgeva anche di notte, pertanto i fari rettangolari erano stati sostituiti con 4 fari tondi dei quali quelli interni di maggior diametro. L’idea dei quattro fari mi stimolava parecchio e con l’aiuto dell’officina savonese sono riuscito a procurarmi quelli con i diametri giusti. In carrozzeria è stato realizzato un apposito supporto in lamiera, tale da poterli contenere nella nicchia di quelli originali. In ultimo sono state realizzate le due prese d’aria di forma triangolare poste sotto la calandra. Ecco ora era giusta, i lavori erano veramente ultimati.
La Sport 1600 appartiene alla seconda serie delle Zagato, costruite non più in peraluman ma interamente in lamiera. Tale scelta era stata dettata dalla necessità di ottenere una maggiore robustezza generale e rigidità torsionale oltre a favorire il suo accoppiamento al pianale di serie in lamiera fornito da Lancia, in quanto poteva essere direttamente saldata sullo stesso e non rivettato come accadeva in precedenza per incompatibilità dei due metalli ad essere saldati. La seconda serie, alla quale appartiene anche il modello Sport 1300 S è stata completamente ridisegnata da Giuseppe Mittino. Viene aumentato di alcuni centimetri il padiglione anteriore per una migliore abitabilità in altezza e viene eliminato lo sportello posteriore del vano ruota di scorta. La stessa, posizionata nel vano bagagli visibile dietro la panchetta posteriore è accessibile attraverso il portellone che si apre elettricamente. Per rispetto alle nuove norme di sicurezza introdotte, il cofano motore non è più con apertura a libro incernierato lateralmente, ma si apre controvento incernierato frontalmente. I paraurti vengono dotati di rostri in gomma sia anteriormente che posteriormente, sulla Sport 1300 viene invece applicata ai paraurti una infelice fascia in gomma nera. La calandra e le cornici fari ora sono in leggero alluminio e non più in acciaio cromato. I fari posteriori non sono più quelli della NSU Prinz 4, ma sono di derivazione Peugeot 204 Cabrio e Coupé, utilizzati poi anche sulla berlina. La luce targa non è più inserita nei rostri in acciaio, ma viene utilizzata una luce in plastica con finitura tipo alluminio posta al centro carrozzeria sopra la targa. Soluzione veloce ed economica che peggiora leggermente l’estetica posteriore soprattutto se vista di profilo, in quanto con la sua sporgenza crea disturbo.
Elementi di riconoscimento istantaneo della Sport 1600 sono la fascia nero opaco sul cofano anteriore e le maniglie portiera rettangolari piatte ed incassate a filo carrozzeria, realizzate in zamac. Vengono anche eliminate le cornici cromate delle superfici vetrate a favore della sola guarnizione in gomma nera, soluzione che tende al alleggerire la carrozzeria. Internamente il cruscotto della Sport 1600 presenta un contachilometri con fondo scala a 220 Km/h, l’orologio posto a destra sulla Sport 1300 S viene sostituito con il termometro olio, il cambio è a 5 rapporti di derivazione ZF con leva corta quasi verticale e la prima in basso a sinistra; in punta al tunnel cambio di fronte ai sedili, vi sono i pulsanti degli alzacristalli elettrici. Sedersi al volante della Fulvia Sport, non è come sedersi sulla Coupé, con il suo abitacolo a torretta ed il parabrezza anteriore ampio e poco inclinato, elementi che permettono un’ottima visibilità laterale e posteriore. L’abitacolo della Sport è raccolto, basso, con parabrezza anteriore e vetri laterali inclinati e rastremati verso l’alto, il lunotto posteriore è quasi orizzontale, lo spazio tra testa e tetto è veramente minimo. La posizione del cambio e la sua manovrabilità sono ottimi anche se con escursioni un po’ lunghe, la prima in basso è da vera sportiva. La visibilità esterna è più limitata e l’abitacolo sembra concepito quasi per concentrare l’attenzione frontalmente, lo specchietto retrovisore è posizionato in basso al centro della palpebra del cruscotto, in quanto se fosse posizionato in alto creerebbe disturbo. L’abitacolo sviluppato in un unico volume si restringe e si abbassa notevolmente sino alla coda, creando immediatamente una sensazione di sportività e in virtù di questo fatto ci si rende disponibili a superare tutti quei piccoli disagi che si possono incontrare in uno spazio dimensionalmente funzionale all’aerodinamica.
Alla guida è divertente proprio perché l’auto è piccola e snella, il motore – se bene carburato – è pronto con molta coppia e diventa estremamente piacevole su strade in salita con curve. Con lo scarico diretto, il rombo è davvero entusiasmante. Tutte le Fulvia Sport vengono realizzate in una dimensione non del tutto industrializzata mantenendo per questo fatto la caratteristica di una certa artigianalità costruttiva che le porta a differire tra di loro in alcuni particolari rendendole dei modelli unici o quasi. Nel caso della mia 1600, sul cofano anteriore sopra la presa d’aria era posizionato un tegolino in lamiera stampata e sagomata e verniciata dello stesso colore della carrozzeria. Per anni ho pensato non fosse originale, montato in seguito al posto di quello in plastica nero, o cromato, che solitamente si vede sulle Sport. Dopo una lunga ricerca sono riuscito a trovare tale particolare in Fiera a Padova, ma dopo averlo montato ho scoperto su internet alcune fotografie di una Sport 1600 con lo stesso tipo di tegolino in lamiera: a quel punto ho capito che era un particolare raro e originale.
Il compito di realizzare una versione della Fulvia Sport viene affidato alla Zagato verso la metà del 1964, quando ancora diretta dal suo fondatore Ugo Zagato e poi dai figli Gianni ed Elio. Un giovanissimo Ercole Spada aveva da poco iniziato la sua attività di designer nel nuovo stabilimento di Rho, alle porte di Milano. Spada aveva affrontato il nuovo progetto in modo libero e personalissimo, senza seguire le mode del momento, senza introdurre la coda tronca da lui stesso creata, realizzando una berlinetta sportiva a due volumi con la coda che scende rapida verso il basso, seguendo stilemi volumetrici forse più legati alle auto sportive degli anni 50, anche se risolti in modo deciso e moderno. La linea è molto dinamica, il volume frontale è molto muscoloso dovuto alla meccanica che deve celare il blocco motore in posizione alta, per poi rastremarsi assottigliarsi e snellirsi verso la coda, che è uno degli elementi più caratterizzanti ed affascinanti della carrozzeria.
Con questo tipo di coda bassa e profilata, Ercole Spada riesce a raggiungere lo stesso effetto dinamico della coda tronca. Anche il volume dell’abitacolo alzandosi dalla linea di cintura gradatamente si restringe. Lo stesso Ercole Spada racconta che la Fulvia Sport è difficile da percepire e capire attraverso i disegni, occorre vederla dal vero in movimento, perché è una forma che cambia continuamente in rapporto al punto di osservazione. Anche le pinne dei parafanghi anteriori tendenti ad alzare il profilo del parafango stesso, come dice Ercole Spada: “Non sono una concessione allo stile, ma hanno la funzione di dare l’esatta percezione della direzione e degli ingombri, un’ esigenza che viene dal mondo delle corse”. Il progetto di Spada, si era articolato su tre distinte proposte e sempre lui racconta che Elio Zagato era partito per la Costa Azzurra con i disegni da sottoporre a Carlo Pesenti, allora proprietario della Lancia. Giunto a Ventimiglia al confine con la Francia, venne fermato e tutti i disegni sequestrati immediatamente dai doganieri, i quali avevano pensato ad una esportazione illegale di opere d’arte. Passò un po’ di tempo prima che le cose fossero chiarite e i disegni restituiti. Quando Pesenti vide le tre proposte, scelse quella che Spada preferiva e tutto si concluse nel migliori dei modi.