Lotus Europa: Ma Quale Brutto Anatroccolo?!
LOTUS EUROPA
MA QUALE BRUTTO ANATROCCOLO!
Testo: Roberto Marrone
Sono passati ben 50 anni, da quando la Lotus presentò l’Europa. Una vettura dalla linea molto strana, con la parte laterale e quella posteriore che sembravano quasi appartenere ad un furgoncino, ma molto basso; era una vettura ultraleggera, come da filosofia del suo fondatore Colin Champan, motore centrale (la prima prodotta in serie) e prodotta in due serie denominate con la sigla Type 46 e Type 54, o più semplicemente Serie 1 e Serie 2.
Il progetto nacque qualche anno prima, precisamente nel 1963, dalla matita di Ron Hickman che era anche il direttore della Lotus Engineering. La Europa offriva un coefficiente aerodinamico di 0,29 – un dato ancora oggi notevolissimo – ed un peso ridotto a soli 686 Kg permetteva al piccolo motore di dare una buona spinta. Il telaio era costituito da un elemento centrale scatolato in acciaio che sosteneva anche motore e sospensioni, la trasmissione è al suo interno, mentre la carrozzeria era in fibra di vetro con pannelli incollati al telaio. iIn certe soluzioni si ispirava molto alle Formula 1 dell’epoca, infatti le sospensioni erano tutte indipendenti con telaio a Y. Il primo esemplare fu immesso sul mercato nel dicembre del 1966 ed anche i giornalisti che la provarono la giudicarono realmente molto simile ad un’auto da pista per il tipo di guida che offriva. Certamente, soprattutto all’interno era molto spartana, le finiture erano quasi inesistenti, la pedaliera molto stretta, ma anche se interruttori e manometri potevano apparire non bellissimi nell’aspetto, la strumentazione era davvero completa. La motorizzazione Renault, quella del modello R16, 1.470 cc, pur se sviluppato offriva molti cavalli in più (82 anziché 52) ed era montato longitudinalmente. Il cambio era un quattro rapporti e la S1 raggiungeva i 180 Km/h, offrendo una maneggevolezza straordinaria.
I primi 296 esemplari erano realmente estremi, in quanto privi di finestrini apribili, i sedili erano fissi, lo chassis in vetroresina era tutto chiuso e realizzato in un unico pezzo. In tutto, della versione S1A, che diventerà poi S1B per via di aggiornamenti che troveremo sulla serie seguente, ne furono costruite 342. La Serie 2 arriva nell’aprile del 1968, il motore rimane invariato, ma all’interno offre più confort, cruscotto rifinito con inserti in legno, alzacristalli elettrici e sedili completamente regolabili. Su specifica richiesta delle industrie assicuratrici Lotus dovette rimpiazzare le giunzioni del telaio, passando dal collante in resina, ai più tradizionali bulloni. Per il mercato americano furono ulteriormente modificati un piccolo numero di esemplari, mentre nel 1969 la S2 Federal offriva modifiche al telaio, scocca e motore per rientrare nei severi standard americani. Al fine di sopperire al maggior peso, la cilindrata fu portata a 1.565 cc e la velocità toccò i 187 Km/h. Nel 1971 fu il momento della Type 74 Twin Cam, con motore da 1.558 cc che sviluppa 115 cv e dotata di un nuovo cambio Renault; anche la scocca fu leggermente modificata per migliorare la visibilità posteriore e ne furono prodotte ben 1.580. Altri cambiamenti seguirono con l’arrivo della Europa Special che monta carburatori Dellorto Weber, cambio a 5 marce (sempre Renault) ed eroga 126 cv. Con un peso di 740 Kg è in grado di raggiungere i 198 Km/h e la produzione raggiunse i 3.130 esemplari.
In onore dei tempi d’oro vissuti in Formula 1, ne vennero realizzate alcune con livrea JPS nera e oro. La Lotus Europa era nata per gareggiare, la versione utilizzata già dal 1966 era una Type 47 con motore da 165 cv, un 1.594 cc di origine Cosworth, cambio Hewland a 5 marce. Celebri i successi già all’esordio, a Brands Hatch, con alla guida Miles e J. Oliver. Gli appassionati dovettero invece attendere il 1971, per avere una versione stradale motorizzata DOHC. L’Europa, rimase in listino sino al 1975 e furono circa 9.300 gli esemplari prodotti. Oggi, in particolare il modello S1 prima serie è un pezzo molto ambito dai collezionisti ed il suo look così insolito accentua ulteriormente l’esotismo di un progetto che ha davvero attraversato un’epoca, senza perdere neppure un briciolo di quella sua voglia di correre veloce, in strada come su pista.