È come un cecchino silenzioso di cui non si conosce il volto. È un colpo fatale che viene da chissà quanto lontano, ma che fa centro esattamente dove serve. La Artura, con il nome che sembra quello della zia di terzo grado che incontri appena due volte l’anno, è esattamente questo: un’arma letale dalla massima efficacia.
Testo Alessandro Marrone / Foto Bruno Serra
È trascorso un altro anno – mese più, mese meno – e l’appuntamento dell’Alps Attack bussa alla porta come il modo ideale per fuggire dall’incessante morsa del caldo di questa torrida estate. Si tratta di una fuga sulle Alpi, di una maratona di passi di montagna pronti ad esaltare il piacere di guida e consacrare le vetture scelte secondo un principio assoluto, quello del coinvolgimento alla guida. Ecco perché in questo caso non abbiamo mai particolarmente badato a numeri come potenza massima, coppia o prestazioni, quanto piuttosto a rapporto peso/potenza e fattori come handling e connessione con l’asfalto. Lo scorso appuntamento abbiamo creato un precedente dando uno strappo alla regola e affrontando le Alpi con gli oltre 500 cavalli della Stelvio Quadrifoglio. Quest’anno abbiamo intenzione di spostare pure oltre l’abaco e decidiamo di farlo nelle settimane centrali di agosto. Follia, oppure tutto programmato?
A dire il vero le differenze con il solito format sono parecchie, ma non staremo qui a snocciolarle come se fosse un tutorial, quanto piuttosto a raccontare l’incredibile esperienza portata a casa dopo questi giorni al volante con la nuova nata in quel di Woking, la McLaren Artura. Un nome che si distacca parecchio dal trend alfanumerico a cui siamo stati abituati, andando a strizzare l’occhio al nome femminile utilizzato per la splendida Elva, ma mettendolo a disposizione di un modello di ben più ampia produzione, la prima Plug-In Hybrid per l’appunto. Artura, che poi sta per l’incontro definitivo tra Art e Future, è tutta nuova e porta con sé una notevole quantità di novità, sia in ambito estetico che meccanico. Per capirla a fondo e per rendermi conto se le proverbiali prestazioni McLaren siano rimaste intatte o addirittura migliorate, ho deciso di gettarla in mezzo ai tortuosi tornanti delle Alpi francesi, dove il più piccolo plus dinamico viene messo alla prova senza mezze misure. E sì, potete ricaricare le batterie da una comune presa di corrente. Ad una McLaren!
L’unico modo per non maledire quella palla rovente chiamata Sole è di alzarsi alle prime luci dell’alba e mettersi in viaggio quando il traffico non ha ancora invaso le strade che ci dividono da Torino e dalla sua tangenziale che porta verso i monti. La Artura gode di una piattaforma nuova e ovviamente dedicata alla propulsione ibrida. Non abbiamo più un V8, ma un più leggero ed efficiente V6 da 3-litri disposto a 120° e con i turbo in mezzo anziché fuori, abbinato ad un motore elettrico da 7,4 kWh che lavora in maniera molto particolare e differente rispetto al solito, per esempio escludendo del tutto la rigenerazione in frenata, in maniera da non intaccare la purezza di guida. Partiamo infatti dall’assenza di una vera e propria retromarcia, manovra attuabile soltanto in elettrico e garantita da una costante riserva che impedisca di dare fondo alla carica delle batterie, passando poi per la maniera in cui i due motori lavorano in perfetta sintonia, variando l’utilizzo della propulsione elettrica a seconda della modalità di guida. A batterie completamente cariche è possibile percorrere fino a 30 – anzi 31 – chilometri in modalità elettrica, mentre in Comfort sarà l’auto a gestire in maniera ottimale il dialogo tra i due motori. Sport e Track attingono in maniera più marcata da entrambi, rendendo così sempre disponibili il plus dei 95 cavalli erogati dal solo motore elettrico. L’unità ibrida eroga in totale una potenza massima di 680 cavalli e 720 Nm di coppia sul solo asse posteriore, il tutto tramite un nuovo cambio a doppia frizione e 8 rapporti.
In McLaren hanno però pensato che la nuova generazione necessitasse di una ancora più netta diversificazione rispetto a quanto di eccezionale sia stato fatto sino ad ora ed hanno così rivisto l’abitacolo, in particolare la zona che conta, quella dedicata al guidatore. Mai come adesso ci si sente dei piloti che hanno lasciato tuta e casco a casa, con un cockpit driver-oriented che integra i comandi per intervenire su Handling e Powetrain direttamente sul cruscotto digitale, adesso fisso al volante e quindi sempre all’altezza ideale nei confronti degli occhi di chi guida. I bilancieri hanno poi un feeling eccezionale, sia grazie al peso stesso, che grazie alla ruvidità che consente di pizzicarli anche a volante sterzato. E poi c’è il volante, il tramite assoluto che eleva la percezione della strada e il movimento con il quale ci si inserisce tra le curve. Un volante che grazie al cielo non ha nemmeno un tasto, esattamente come dovrebbe essere su un’auto di questo calibro. Viene poi migliorato il posizionamento del tasto per il lift system – adesso molto più pratico – e integrato un nuovo sistema di infotainment, ora perfettamente al passo coi tempi e con le aspettative dei clienti.
Basta preamboli e presentazioni, anche perché la tratta autostradale volge presto al termine e nonostante i sedili fissi che offrono tuttavia regolazione lombare e la possibilità di scorrere in avanti o inclinarsi, sento che qualcosa sta per cambiare nell’aria. Non lo nego, non ho praticamente mai utilizzato la modalità elettrica, ma soltanto per un motivo, ovvero preservarne la massima carica in maniera da sfruttarla poi tra le curve, quando quel picco di potenza e reattività in più avrebbero accentuato il sorriso sul mio volto. Un altro pieno, a riprova che ibrido non significa parco nei consumi (tutt’altro) e comincio l’ascesa per il Colle del Moncenisio. L’Alps Attack di quest’anno si discosta dagli anni scorsi per il semplice motivo che non abbiamo pianificato un particolare itinerario, quanto piuttosto una selezione di strade diverse tra loro adibite ad esaltare la devozione verso il rapporto auto/strada, un connubio che può essere apprezzato a condizione che tutti i pezzi del puzzle si incastrino nel modo corretto e questo sta per succedere.
Susa è alle spalle e con i primi raggi del sole che si fanno largo sopra le nostre teste è il momento di affrontare la prima salita. Fortunatamente non c’è ancora traffico, se non la presenza di qualche motociclista che ben presto si rende conto della superiorità telaistica della Artura. È incredibile come impostando in Sport, la vettura si trasformi da comoda gran turismo a collezionista di forti emozioni. I freni carboceramici con dischi da 390 mm all’anteriore e da 380 mm al posteriore sono instancabili e messi sotto stress non hanno mai mostrato il minimo segno di fading. L’ibridizzazione ha portato ad un aumento di peso di appena 50 kg rispetto alla 570S, ma questo non viene percepito mai, nella maniera più assoluta. Cambio in modalità manuale perché nonostante l’automatico sia incredibile e sembra quasi leggerti nella mente, sono io l’unico a sapere dove andrò a lanciare l’avantreno della Artura e come intendo uscire dalle curve.
Il corpo vettura resta sempre rasente al suolo e la rigidità del telaio asseconda un asfalto che tradisce le perfette condizioni a valle con qualche sconnessione verso il confine di Stato. Il sound del V6 è costantemente nell’abitacolo, come anche il soffio dei due turbo, ma in quanto a corposità perde carattere e decibel man mano che salgono i giri. Aspetto che viene però prontamente perdonato per via delle prestazioni balistiche con cui passiamo da un punto di corda ad un altro, con quel volante così maledettamente preciso che sembra provenire da un altro mondo, dove la percezione di controllo ha regole tutte sue e inarrivabili agli altri. Certo, alcuni potrebbero criticare la mancanza di drammaticità e follia che caratterizzano le rivali italiane, ma questo a McLaren non interessa. McLaren è infatti sinonimo dell’esatto opposto, è come un cecchino silenzioso di cui non si conosce il volto. È un colpo fatale che viene da chissà quanto lontano, ma che fa centro esattamente dove serve. La Artura, con il nome che sembra quello della zia di terzo grado che incontri appena due volte l’anno, è esattamente questo: un’arma letale dalla massima efficacia.
L’astronave in Silica White atterra sul Colle del Moncenisio e prosegue senza sosta tra gli sguardi stupiti delle persone. Se al frontale resta il caratteristico taglio dei gruppi ottici, la zona laterale è stata trasformata, andando a ricavare delizia aerodinamica grazie a curve e prese d’aria gigantesche, abbandonando il posizionamento nascosto delle maniglie. Troviamo poi le piccole feritoie sopra al passaruota anteriore, proprio come sulle varianti LT delle precedenti Sport Series. È però al posteriore che la Artura conferma quanto non esista il concetto di piccola di casa. Con tratti somatici presi in prestito alla Elva, abbiamo un doppio scarico in posizione centrale rialzata e un enorme diffusore in fibra di carbonio che lascia intravedere il cambio e gran parte della meccanica posizionata nella zona posteriore/centrale della vasca in fibra che ospita gli occupanti. Il motore gioca con un effetto vedo-non vedo e fa fuoriuscire calore dalla cosiddetta “chimney”, un organo tanto funzionale quanto curioso. Le curve che ci dividono da Lanslevillard sono arte stradale, una risma di larghi tornanti divisi da tratti rettilinei che consentono di raggiungere velocità da ritiro di patente a vita. La Artura non ti fa mai domandare se accelerare a pavimento sia stata la cosa giusta, non hai il tempo per ripensamenti e mentre gli alberi a bordo strada si muovono indistintamente e fai affidamento sull’impianto frenante ti sembra di essere in pista, perché anche nelle tornate più strette riesci a girare senza mai staccare le mani dalla posizione ideale che si aggrappa al volante. A fine giornata mi rendo conto di averlo stretto a tal punto da essermi fatto dei piccoli taglietti con le cuciture, vi lascio immaginare di cosa stiamo parlando.
Come detto è un’arma incredibile, ma proprio per questo bisogna rendersi conto che se si intende sfruttare al meglio l’assurda riserva prestazionale della Artura, si deve mettere in conto che il comfort sarà sacrificato in favore del divertimento e dell’adrenalina. Diminuisco l’andatura mentre torniamo a salire di quota, lungo le morbide curve del Col de la Madeleine, poco prima di arrivare nel vivo della giornata, sulla cresta di un gigante alpino che non affronto da tempo e che è esattamente come lo ricordavo: il Col de l’Iseran. La strada si fa più stretta e sono necessariamente costretto a rallentare. C’è spazio per qualche affronto alle leggi della fisica, soprattutto nei punti con maggiore visibilità e poco prima della parte più panoramica, la quale ruba la scena alle emozioni offerte da quel tremolio di braccia e gambe che ti pervade il corpo quando sfrecci a pochissimi centimetri dal precipizio. Anche alle basse andature, una delle azioni più belle è notare come muovere il volante di un solo millimetro corrisponda ad un preciso cambiamento nell’angolo direzionale.
Il sole splende nel cielo, ma l’aria è finalmente fresca. Abbasso il finestrino e mi godo qualche chilometro con il braccio che penzola sulla portiera giocando quasi a cercare l’asfalto che scorre sotto gli pneumatici Pirelli dedicati per offrire massimo grip e ridurre il rumore di rotolamento in abitacolo. In questo frangente avrei preferito una gommatura più morbida e che entrasse in temperatura più rapidamente, infischiandosene di valori accessori, ma immagino che non tutti i clienti della Artura trascorreranno le giornate attaccando passi alpini. Arrivati a quota 2.764 metri accosto accanto al segnale che conferma la conquista della vetta del valico automobilistico più alto d’Europa, spengo il motore e lascio che la vettura si goda qualche momento di meritato riposto. Il fattore wow viene enfatizzato dall’apertura delle portiere ad ala di farfalla, un effetto scenografico che non penalizza la semplicità di accesso e discesa in abitacolo, neppure dovendo sostanzialmente scavalcare il profilo laterale della vasca di carbonio dentro la quale siamo seduti. In quanto a praticità abbiamo un ampio pozzetto all’anteriore e la possibilità di sistemare due zaini proprio dietro ai sedili, in posizione rialzata.
La zona comincia ad affollarsi di turisti e tra una foto e l’altra alcuni chiedono di che auto si tratti, mostrandosi increduli al fatto che la Artura sia ibrida e possa muoversi in modalità elettrica. L’attimo dopo do vita al V6 e spazzo via ogni dubbio sulla vera natura di questa o di qualsiasi altra McLaren. Un rapido tocco ai selettori di Handling e Powertrain e lascio la cima dell’Iseran dietro le nostre spalle, puntando il muso della Artura verso Val d’Isère, una delle località turistiche più rinomate dell’area. Approfitto del versante nord del passo per un’andatura più rilassata, notando come anche in modalità Auto, il cambio sappia sempre affidarmi la marcia ideale. La visibilità è perfetta su ogni angolo anteriore e laterale ed i passaruota continuano a indicarti la posizione delle ruote, una magia che pochi altri brand possono vantare. Attraverso il paese e mentre tutti si voltano per osservare una supercar da €236.000 là dove meno te la aspetteresti, scattano foto e giocano a indovinare di che modelli si possa trattare. – No signora, non è una Lamborghini. Questa è molto meglio. – Potremmo perderci ore, giorni, mesi o una vita intera litigando su cosa sia meglio o peggio per ognuno di noi, ma quello che è innegabile è il valore oggettivo di un’esperienza di guida fatta a misura di driver. Il concetto di performance che McLaren insinua in ogni suo modello è infatti la declinazione di una visione nata nel mondo delle corse e traslata su modelli adatti ad un utilizzo stradale e che danno il meglio in qualsiasi circostanza. L’assenza di vistose appendici aerodinamiche non deve trarre in inganno, perché più aumenti l’andatura, più ti rendi conto che l’Artura è letteralmente incollata a terra. Affronta le curve più veloci come se fossi su un binario e mentre riprendiamo a salire di quota in direzione Tignes, sfruttando la larghezza della strada e l’assenza di traffico, ti rendi conto che il boost concesso dal piccolo propulsore elettrico interviene nel modo e per il tempo necessario ad avere una reattività pari a quella di una supersportiva con un propulsore termico il doppio più generoso.
Ci si prende la mano ed è proprio l’apparente semplicità con cui si raggiungono velocità e percorrenze di curva di un certo tipo che deve suonare come monito e non far dimenticare che abbiamo a che fare con una trazione posteriore che dopotutto non disdegna di allargare un po’ il retrotreno, soprattutto in modalità Track e con il controllo trazione disabilitato. Le Pirelli fanno il possibile, ma la potenza è tanta: a voi la scelta. Non smetteresti mai di guidare e nonostante i consumi dichiarati possano farvi pensare di scordare la strada per il benzinaio, mettete in conto che chiedere molto alla Artura significa dar fondo alle riserve petrolifere di mezzo pianeta. Quel che è sicuro è che ne sarà valsa la pena. Stringere questo volante ti trasmette un senso di completezza senza eguali, un po’ perché McLaren è la scelta meno scontata, ma anche perché instauri un vero e proprio rapporto di intimità con un telaio dalle qualità ultraterrene, capace di arpionarsi all’asfalto nelle curve e di decollare quando hai abbastanza fegato da premere l’acceleratore a pavimento. Abbiamo raggiunto potenze difficilmente sfruttabili su strada, ma siamo in quella forbice temporale in cui abbiamo aperto un mondo – quello ibrido – in cui possiamo ancora abbeverare la passione dei motoristi di razza che non intendono abbandonare il motore a combustione e al contempo sfruttare un’iniezione extra di potenza. La stessa potenza che ti preme al sedile mentre aggredisci un passo di montagna senza risparmiarti, consapevole che la sabbia nella clessidra è sempre meno.
L’Alps Attack è sempre stato un modo per celebrare le strade di montagna. Non questa volta, perlomeno non nel più classico dei modi, dato che la Artura è riuscita a rubare la scena e diventare ben presto l’indiscussa protagonista della nostra arrampicata. Se lo scorso anno abbiamo disobbedito alla regola di poca potenza in virtù di tanto coinvolgimento, quest’anno abbiamo esagerato e toccato probabilmente quello che è il limite massimo. Da qui è possibile soltanto prendere un bivio differente e lasciare che siano le Alpi a riprendersi la scena, ma non oggi. Oggi occhi e testa sono solo per questa McLaren che da vita ad una nuova era e lo fa senza nessun difetto apparente, senza scendere a compromessi e mostrando come una propulsione ibrida ha senso quando si tratta di elevare il divertimento alla guida, grazie a prestazioni ancora più dirette. A noi non importa di viaggiare in silenzio senza farci notare o di uscire dal garage senza svegliare i vicini. Non con una McLaren. A noi interessa che emozioni come queste continuino a riempire la vita degli appassionati, perché sinché sarà così c’è speranza che il mondo dell’auto resti qualcosa di bellissimo.
MCLAREN ARTURA
Motore V6 cilindri Twin-Turbo Plug-In Hybrid, 2.993 cc Potenza 680 hp Coppia 720 Nm
Trazione Posteriore Trasmissione Cambio Automatico a 8 rapporti Peso 1.498 kg
0-100 km/h 3,0 sec Velocità massima 330 km/h Prezzo da€236.000