Mini Cooper 5 Porte| Test Drive
ANTICONFORMINISTA
Testo di Andrea Balti / Foto di Bartolomeo Lazzarini
Il brand britannico che nel 2019 ha tagliato il traguardo dei 60 anni non identifica soltanto l’immagine di una casa automobilistica che da quasi due decenni gode di nuova vita sotto la premurosa ala di BMW. Quella di Mini è una storia che identifica intere generazioni di automobilisti e un vero e proprio stile di vita, quello di racchiudere il proprio mondo in un’auto dalle dimensioni ridotte, ma comunque capace di districarsi nel traffico delle grandi città, alla ricerca di quella strada che sia anche in grado di mettere in risalto qualità dinamiche che le sono valse svariati successi anche nel mondo dei rally. Quando scegli una Mini, non compri semplicemente un’auto dalle grandi qualità, ma una way of life che nonostante l’impatto teutonico post-acquisizione agli inizi del nuovo millennio, ha consentito di evolvere in termini di design e meccanica, lasciando intatta quella sensazione di sentirsi al volante di un oggetto più speciale rispetto a tutti quelli che vi stanno attorno nel traffico.
Che le doti urbane di una Mini siano ottime, non c’è dubbio, soprattutto grazie al maggiore raggio di sterzata introdotto con la serie F55/F56. Quello che invece la differenzia maggiormente rispetto alla prima e alla seconda serie e soprattutto alla vecchia generazione sono le dimensioni. Ecco perché abbiamo deciso di metterci al volante di quella più anticonformista di tutte, lasciando per un attimo da parte l’ancor più insolita Countryman. Stiamo parlando della Cooper a 5 porte, un modello completamente nuovo e che segna un netto distacco rispetto al più tipico design Mini, che ha sempre visto l’iconica Cooper con sole tre porte. Che la si veda come figlia di questi tempi, dove bisogna ottimizzare anche il proprio spazzolino da denti oppure no, la realtà è che la carrozzeria a 5 porte non snatura la vista anteriore e quella posteriore, ma soltanto il profilo, dove come è logico aumenta la lunghezza, ma al tempo stesso porta con sé un maggiore spazio per gli occupanti posteriori e per i bagagli. Con poche e semplici linee, quasi come se i designer avessero letteralmente trascinato più indietro tetto e montanti, la Cooper 5 porte rende anche più facile l’accesso ai sedili posteriori, dove si potranno accomodare tre persone senza eccessivi contorsionismi.
Dicevamo che in città, nonostante i centimetri extra (+16 in lunghezza e +7,2 di passo) che portano questo modello a sfiorare i 4 metri, la capacità di sgattaiolare tra incroci, lavori in corso e strette vie con auto in doppia fila su entrambi i lati, resta adeguata all’impronta cinematografica offertaci da “The Italian Job”, dove un gruppo di agili Mini compiono un eccezionale furto nel cuore di Torino (c’è anche un remake del 2003, con la nuova generazione Mini, ndr). Quello che vogliamo capire è se la dinamica di guida capace di premiare anche i clienti più sportivi sia rimasta intatta, o sia dovuta scendere a sacrifici in nome della praticità. Avremmo potuto metterci al volante delle altre e sicuramente più performanti versioni Cooper S o addirittura JCW, ma avendo a che fare con una missione così importante, la madre di tutte le Mini è stata la prescelta preferita per il compito.
Nel caso della Cooper ci troviamo infatti di fronte a un motore che si conferma più piccolo rispetto al passato, un 3 cilindri Twin-Power Turbo da 1.5cc e 136 cavalli (che sono comunque circa 21 in più rispetto all’aspirato della prima Cooper R53 dei primi anni 2000). Nonostante le ridotte dimensioni, riesce a erogare anche una coppia pari a 220 Nm, disponibile praticamente subito e sino a 4.200 giri. La Cooper, nonostante vi consenta di selezionare tra le modalità di guida (Sport, Green e Mid) che intervengono sulla risposta dell’acceleratore, dello sterzo, rendendo più o meno dinamico l’assetto della vettura stessa, non è più desiderosa di ingoiare giri motore sparandovi da una curva all’altra, ma piuttosto di limitare i consumi, le emissioni e offrire quel brio che basta per districarvi nelle manovre di sorpasso e affrontare tratte autostradali senza fermarsi alla pompa di benzina ogni cinque minuti. Il peso, sempre ridotto e che ferma l’ago della bilancia sotto i 1.200 kg, è un altro dei punti a favore di questa maxi-Mini, che dopo svariate ore di guida vi fa dimenticare dei centimetri extra a vostra disposizione.
Una volta che ci siamo lasciati alle spalle e con estrema scioltezza i centri urbani e le strade a pedaggio, è tempo di selezionare la modalità Sport e vedere se l’iconica Cooper con soli 3 cilindri è pur sempre in grado di disegnarci un sorriso in volto. Il volante è preciso, il cambio manuale a 6 rapporti altrettanto, ma c’è comunque la possibilità di scegliere per l’automatico Steptronic (sempre con 6 marce), mentre la cura per l’abitacolo è quella che vi aspettereste da una BMW, con il design tradizionale Mini che viene mantenuto, nonostante la grossa “pizza” (così veniva chiamata) centrale ospiti uno schermo digitale da 8 pollici, completo di navigatore satellitare, radio e massima connettività per smartphone e tablet. I fanatici della Union Jack saranno felici di ritrovare le forme della bandiera nelle calotte dei fari posteriori e dietro ai poggiatesta, mentre il fatto che i passeggeri posteriori non vi abbiano ancora chiesto una pausa per sgranchire le gambe conferma quanto lo spazio guadagnato sia reale e porti maggiore possibilità di utilizzo nella vita quotidiana, o nel caso di gite fuori porta come la nostra.
In Sport gli artigli della Cooper non saranno quelli di un leopardo pronto a balzare sulla preda, ma rendono più dinamica la risposta di acceleratore e sterzo, intervenendo almeno virtualmente su quello che è il vostro approccio alla guida dei 136 cavalli di potenza. Andandoci giù pesante, la Cooper impiega 8,3 secondi per scattare da 0 a 100 km/h e supera di poco i 200 orari, ma nella maggior parte del tempo – 3 o 5 porte che sia – vi troverete a preferire una guida più rilassata, mostrando come quello che in realtà è il più sostanziale cambiamento diventi a tutti gli effetti un valore aggiunto, soprattutto se avete bisogno di sfruttare i sedili dietro più di un paio di volte l’anno. Osservandola di tre quarti è impossibile che lo sguardo non venga costantemente attirato da quella sorta di protuberanza al posteriore, ma nonostante io stesso avessi qualche dubbio su cosa pensare realmente di questo particolare modello, dopo aver percorso svariati chilometri in qualsiasi tipo di circostanza, sono stato rassicurato a tal punto da come il particolare vestito della 5 porte non penalizzi la guidabilità e invece renda il mondo Mini appetibile per un pubblico ancora più ampio. Posso quindi tranquillamente dire che si tratti di una scelta più matura, un po’ come per il downsize motoristico riservato alla Cooper stessa. Le 5 porte non sono un optional, è proprio un modello differente, costa poco meno di 1.000€ in più rispetto alla versione 3 porte e parte da €19.000 con la entry level One, €23.900 per la Cooper come la nostra in prova e supera i €35.000 per la Cooper S 60 Years Plus Edition. E’ una scelta che non intacca quel particolare legame che una Mini è in grado di instaurare con il suo guidatore e se tornando da una divertente strada di montagna decideste di passare da Torino per una grossa rapina all’italiana, avrete anche più spazio per i lingotti d’oro.
MINI COOPER 5 PORTE
Layout – Motore anteriore, trazione anteriore
Motore – 3 cilindri 1.499cc – Twin-Power Turbo
Trasmissione – cambio manuale a 6 rapporti
Potenza – 136 cv @ 4.500-6.500 rpm
220 Nm @ 1.480-4.200 rpm
Peso – 1.190 kg
Accelerazione – 8,3 sec.
Velocità massima – 207 km/h
Prezzo – da 23.900 €