THE great MINI ESCAPE
Testo di Alessandro Marrone / Foto di Richard Montagner
Una tra le caratteristiche che rendono la Mini un’agile granata in attesa di essere detonata tra le curve, è il passo ridotto e il fatto che una volta inserito l’avantreno e pizzicato il punto di corda, l’intera vettura sia già pronta per essere lanciata verso la tornata successiva.
Ancora una e poi basta, lo prometto. In realtà, da quel momento in cui ho abbozzato un briciolo di comprensione nei confronti del fotografo accanto a me sono trascorsi ancora svariati chilometri e un sostanzioso quantitativo di curve. La mia non è stata pura disobbedienza, ma una sorta di necessità scientifica focalizzata nel raccogliere tutte le informazioni necessarie a capire se l’ultima evoluzione della Cooper S abbia mantenuto o meno le impareggiabili doti comunicative che rendono le Mini tra le compatte sportive più divertenti che possiate trovare. È innegabile che abbia messo su qualche chilo, con dimensioni sostanzialmente raddoppiate rispetto a quei piccoli proiettili rossi che hanno castigato sportive ben più prestazionali nei rally degli anni ’60, ma questa è una situazione che non la vede affatto sola. Prendete per esempio la Porsche 911, o per restare in tema di piccole compatte la stessa FIAT 500. Non le giudicherei quindi appesantite, ma più mature e quindi consapevoli che all’alba del 2020 le stringenti richieste imposte in termini di sicurezza attiva e passiva faranno nel nostro caso fermare l’ago della bilancia a 1.315 kg, un centinaio scarso in più rispetto alla versione con tetto rigido e con cambio manuale.
Una tra le caratteristiche che rendono la Mini ancora oggi un’agile granata in attesa di essere detonata tra le curve, è il passo ridotto e il fatto che una volta inserito l’avantreno e pizzicato il punto di corda, l’intera vettura sia già pronta per essere lanciata verso la tornata successiva. In questo caso il propulsore di cui è provvista la Cooper S agisce dopo un piccolissimo ritardo, con una coppia di 280 Nm disponibile quando si raggiungono i 1.350 giri, ma una potenza espressa principalmente verso la metà alta del contagiri, la quale non necessita di arrivare alla linea rossa per erogare i suoi 192 cavalli. Cerchiamo di capirci di più, del resto si tratta di un 4 cilindri da 2-litri e dotato della tecnologia di casa BMW che vede un tipo di sovralimentazione Twin-Power Turbo, ovvero che sulla carta garantisce un’erogazione più lineare di quanto farebbe un tradizionale motore single turbo. Il modello in prova è provvisto di cambio automatico, un robotizzato doppia frizione a 7 marce in grado di gestire in perfetta autonomia i rapporti anche grazie alla modalità di guida che andrete a selezionare dall’immancabile pizza al centro del cruscotto. Peccato che il nostro esemplare in prova non avesse i paddle al volante, che sono un optional a pagamento, i quali rendono senza dubbio la guida in modalità sequenziale più coinvolgente e pratica.
Decido così di lasciare che il cervellone della Mini interpreti secondo la sua modalità Sport i miei input sul pedale del gas e comincio ad arrampicarmi sul Colle della Maddalena come se fossi inseguito da uno sciame di vespe fameliche. Il tettuccio, come su ogni cabrio che si rispetti, va tenuto rigorosamente aperto e grazie all’inclinazione del parabrezza e la linea di cintura piuttosto alta, l’abitacolo resta ben isolato, permettendoci di farci letteralmente circondare dai muri di neve accatastati per consentire il transito di mezzi pesanti e turisti dall’Italia alla Francia. La strada è larga, priva di traffico e incita nel tenere un’andatura adeguata per sollecitare telaio e freni, permettendomi di capire ben presto il segreto del 2.0cc della Cooper S. Nonostante gli scoppiettii che fuoriescono dallo scarico in rilascio, il comportamento della Cabrio è quello che mi sarei aspettato e comunque capace di limare quei difetti che mi sarei aspettato di trovare. Tolto il fatto di avere una obbligatoria gommatura adeguata alla stagione e al fondo stradale, la Cooper S si insinua nelle curve senza il minimo accenno a scomporsi, azzerando il controsterzo che spesso attanaglia una trazione anteriore che dispone di un discreto numero di cavalli.
Il fatto di lasciare la trasmissione in modalità automatica mi consente di tenere ben salde le mani sul volante e fronteggiare un manto stradale in condizioni più ottimali per un rally stage, piuttosto che una fuga dalla città. Sui rettilinei basta affondare l’acceleratore e il 4 cilindri prende ben presto velocità da ritiro di patente, ma la ciliegina sulla torta è che una volta a ridosso della curva si gioca con i pesi, impostando la curva e spesso lasciando che la parte difficile venga gestita dalle leggi della fisica. Non sento il peso extra rispetto alla R53 o alla R56, ma sento un maggiore sforzo meccanico sotto di me, con un assetto sempre pronto a venire incontro al guidatore e freni che dopo i numerosi tornanti affrontati per salire e scendere dal Colle della Lombarda interdetto per chiusura stagionale, riescono comunque ad offrire abbastanza serenità per oltrepassare un’altra volta il confine. Con una temperatura esterna di -6 gradi decido che sia il momento di chiudere il tettuccio elettrico in tela, il quale non penalizza affatto l’aspetto esteriore della vettura, ma soltanto quello del vano bagagli ridotto a 160 litri di carico e con un’apertura contraria al meccanismo che trovate sulla 3 o 5 porte tradizionale.
La Cooper S è un piatto a base di peperoncino, uno sfizioso brunch che può mettere d’accordo tutti e ci permette di godere al massimo il senso di libertà offerto da un’auto che profuma di voglia di viaggiare, nonostante le dimensioni possono erroneamente far pensare che la città sia il suo habitat ideale. Questa nostra Mini-grande fuga è esattamente ciò che speravo di poter vivere nel momento in cui – armi e bagagli – siamo partiti in direzione delle montagne. La cima innevata della Maddalena è soltanto una delle tappe che fanno da terreno ideale per dar libero sfogo ai 192 cavalli della Cooper S. Per chi volesse aggiungere un pizzico di salsa piccante, c’è poi la versione John Cooper Works, che oltre al kit estetico che affila paraurti, minigonne e il sound emesso dal terminale di scarico, arriva a 231 cavalli di potenza, rendendo l’esperienza di guida ancora più adrenalinica. Alla Cooper S standard non manca potenza, ma bisogna imparare a gestire quella a disposizione. Si tratta di essere nella marcia giusta, con la lancetta del contagiri nel punto giusto e con la prontezza che i nostri genitori erano abituati a mettere in gioco quando avevano il loro bel da fare al volante delle compatte sportive degli anni d’oro.
La Cooper S Cabrio parte da circa 32.000 euro, ovvero 5 mila euro in più della Cooper da 136 cv e della Cooper S con tetto rigido. All’aggiunta di poter viaggiare en plein air e quindi di godere appieno di quei momenti in cui lascerete l’auto in modalità Mid, o andrete a prediligere il fattore eco offerto dalla modalità Green, resta del tutto invariata l’efficacia di un telaio reattivo e preciso una volta che la strada abbraccia una serie di curve come quelle affrontate nella nostra prova. Si tratta pur sempre di una versione sportiva ma civilizzata di una delle piccole più amate al mondo, nel suo specifico caso non più tanto piccola, ma solo per il fatto che ha da poco compiuto 60 anni di vita.
Non è quindi una questione di numeri, nonostante le occorrano 7,1 secondi per scattare da 0 a 100 km/h e riesca a toccare i 230 orari, ma piuttosto di quella capacità di eccellere in ogni situazione, aspetto che porta avanti con fierezza da generazioni che hanno oltrepassato decenni in cui ha vissuto non solo una continua evoluzione ma una radicale trasformazione. Questo aspetto è infatti ciò che definisce al meglio quel notevole filtro tra i nostri input e le reazioni del comparto meccanico sotto di noi, non pure come sulle prime due generazioni, ma altrettanto efficaci. Ecco perché non posso fare a meno che ingannare il fotografo e cercare ancora qualche curva, quasi nel tentativo di vedere chi per primo tra me e l’auto metterà a nudo i propri limiti. La Mini sembra non volerne sapere e nonostante una colonna sonora fin troppo timida continua ad inanellare un tornante dopo l’altro come se fosse una sportiva ben più costosa e con un motore grosso il doppio. Il duello a distanza con il suo più grande e agguerrito avversario è proprio quello del mito creato sulle strade di tutti i giorni dalla Cooper o dalla più briosa JCW, che di interrompere giornate di guida come queste non ne vuole proprio sapere. E allora provo a spingere il limite un po’ oltre, cercando anche di avvalermi di un asfalto scivoloso per via di sale, terriccio e sporadiche chiazze di neve sciolta. Lei è imperturbabile e con il controllo trazione disinserito non ti mette mai in situazioni spiacevoli, lasciandoti comunque modo di intervenire sul gas e sullo sterzo e tornare nel punto preciso di una tra le tante e avvincenti curve che auto come queste dimostrano di essere ancora in grado di regalare ai propri guidatori. Oggi come 60 anni fa, ma con un pizzico di tecnologia e comfort in più a giustificare i chili in eccesso.
MINI COOPER S CABRIO
Layout – Motore anteriore, trazione anteriore
Motore – 4 cilindri 1.998cc – Twin-Power Turbo
Trasmissione – cambio automatico a 7 rapporti
Potenza – 192 cv @ 5.000-6.000 rpm
280 Nm @ 1.350-4.600 rpm
Peso – 1.315 kg
Accelerazione – 7,1 sec.
Velocità massima – 230 km/h
Prezzo – da € 24.500 – da € 34.100 esemplare in prova