PORSCHE 959
Di Carlo Brema / Foto Porsche
Nella seconda metà degli anni 80 la Porsche 959 definì quel concetto di prestazioni on demand grazie a un progetto che implementò tecnologie fino ad allora sconosciute alla produzione di automobili stradali. Gadget come sensori pressione pneumatici, il sofisticato controllo elettro-idraulico del telaio attuato da due ammortizzatori per ruota e la trazione “4” chiamata PSK (Porsche-Steuer-Kupplung), costituivano il cuore pulsante tecnologico della vettura. Il PSK fu progettato come un complesso sistema della trazione integrale capace di variare la ripartizione della coppia anche in condizioni lontane dal limite di grip. Funzionava con un albero di trasmissione culminante nel differenziale anteriore composto da frizioni multi petalo gestite elettronicamente: variando la pressione idraulica era possibile ripartire la coppia incrociando valori come l’angolo di sterzo, la posizione del gas, la pressione turbo, la forza G laterale e non ultimo per importanza, la velocità di ogni singola ruota, rilevata dai sensori del primo ABS al mondo installato su una supercar.
Al contrario di un normale differenziale a slittamento limitato che reagisce a perdite di trazione, il PSK vantava tre opzioni selezionabili dall’abitacolo: “Dry”, che ripartiva al 40:60 tra anteriore e posteriore (identica al bilanciamento del peso vettura) e variabile fino al 20:80 “in full throttle”. Questa logica sfruttava al meglio il grip di ogni singola ruota tenendo conto del naturale trasferimento dinamico del peso; i 3,9 sec dello 0-100 rimasero il riferimento assoluto. Inoltre: “Wet”, sempre al 40:60, però crescente al posteriore in fase di accelerazione ed infine ”Traction” e ”Ice” con ripartizione 50:50, ma con differenziali completamente chiusi nel primo caso.
Il nome del primo prototipo presentato a Francoforte nell’83 svela che tutto venne pensato per partecipare al più incredibile e tecnologico (quanto pericoloso) mondiale rally mai esistito, il quale permetteva l’iscrizione di vetture prodotte in almeno 200 esemplari. Inutile dire che, mezzi come Lancia Delta S4, Peugeot 205 T16 (giusto per citarne un paio) imitavano nome ed estetica delle normali auto di produzione solo per questioni di marketing, mentre al disotto, celavano veri e propri prototipi sperimentali dalle prestazioni paragonabili alle F1 dell’epoca. La gruppo B di Stoccarda fece una piccola eccezione adottando il già valido telaio proveniente dalla 911, il quale rimase invariato nel passo e mantenne quel friendly-look nonostante i rinforzi strutturali e perfezionamenti subiti; così come i freni, che rimasero quelli della versione Turbo seppur con dischi anteriori più larghi.
Il resto fu pensato e sviluppato ex novo dando vita ai 292 esemplari prodotti (di cui 29 in versione sport), i quali vantarono tecnologia aerospaziale nella costruzione della carrozzeria in Kevlar da 0,31 di cx e valori neutri di portanza. A spingere la stradale più veloce al mondo (317 km/h, superati più tardi dai 321 segnati dalla Ferrari F40) fu chiamato un innovativo e raffinato 6 cilindri boxer di derivazione Porsche 935 “gruppo 5”. Versione a corsa corta, da 2.85 litri, a sua volta derivata dal 3.3 litri turbo della 911 -serie 930-. In questa addolcita variante garantiva 450-cv a 6.500rpm e 500 Nm a 5.500 giri; 400 dei quali già disponibili a soli 2.400 giri, grazie alla sensata scelta di utilizzare un doppio turbo sequenziale “KKK” di ridotte dimensioni, soluzione che ridusse il preoccupante turbo-lag dell’originale propulsore siglato 930/60.
Queste e altre soluzioni, derivate in parte da quelle adottate per spingere le potenze nel “gruppo C” permettevano di sviluppare la 959 sfruttandola anche come laboratorio per i futuri modelli. Non sono un caso il 1°, 2° e 5° posto alla Parigi-Dakar dell’86 o la vittoria di classe IMSA-GTX alla 24h di LeMans sempre del 1986. Strettamente derivata dalla 959 stradale, venne infatti omologata una versione chiamata 961 che mostrò la bontà del progetto superando in alcuni casi le vetture ”gruppo C”, apparentemente imprendibili in quanto prototipi appositamente studiati per la gara di durata più famosa del mondo.